Premessa.
La politica innovativa e mirata alla realizzazione di riforme strutturali del “Sistema Paese”, che ispira ed influenza l’azione complessiva del Governo Monti, non poteva non riguardare un settore nevralgico per la vita del Paese come quello della giustizia e del processo penale.
In data 16/12/2011, il Consiglio del Ministri ha approvato un pacchetto di riforme che, con riferimento alla materia penale, ha ricompreso, da un lato, il D.L. n. 211/2011 sull’emergenza carceraria, dall’altro, un ambizioso disegno di legge-delega sull’efficienza del processo penale, che, una volta entrato in vigore ed attuato, porterà a modifiche davvero significative e strutturali della normativa sostanziale e processuale penale.
II. La nuova normativa finalizzata a fronteggiare l’emergenza carceraria.
Conla Legge17/2/2012 n. 9 il Parlamento ha convertito in Legge il sopra ricordato D.L. n. 211/2011. Si tratta di un provvedimento necessitato dall’esigenza di ovviare all’ormai strutturale sovraffollamento carcerario andatosi a determinare negli anni successivi all’indulto concesso conla Leggen. 241/2006.
Principio cardine del provvedimento è che, in caso di arresto in flagranza operato dalla Polizia Giudiziaria, il Pubblico Ministero, di regola, faccia custodire l’arrestato, in attesa del giudizio direttissimo o dell’udienza di convalida, presso la propria abitazione o in un luogo di privata dimora, ovvero, in caso di mancanza di tali luoghi, presso le camere di sicurezza presenti nelle strutture nella disponibilità della Polizia Giudiziaria.
E’ stata anche modificata la normativa di attuazione al codice di procedura penale, prevedendosi che, salva l’ipotesi in cui l’arrestato sia stato collocato ai domiciliari, il Giudice si rechi presso il luogo di custodia dell’arrestato al fine di ivi celebrare l’udienza di convalida o l’interrogatorio.
Al fine, poi, di evitare le spese di traduzione dei detenuti chiamati a testimoniare in giudizio, è stata prevista l’applicazione agli stessi della normativa sulla partecipazione al dibattimento a distanza (di cui all’art. 146 “bis” disp.att. c.p.p.).
L’art. 3 della legge di conversione prevede, altresì, l’estensione della applicabilità della Legge 26/11/2010 n. 199 (che ha introdotto la possibilità di scontare pene, anche residue, fino ad un anno, in regime di detenzione domiciliare) a pene fino ad un anno e sei mesi.
Interessante anche la norma espressa dall’art. 3 “bis” della legge di conversione, secondo cui le disposizioni in materia di riparazione per l’ingiusta detenzione (artt. 314 e 315 c.p.p.), “si applicano anche ai procedimenti definiti anteriormente alla data di entrata in vigore del medesimo Codice, con sentenza passata in giudicato dal 1° luglio 1988”.
Si tratta di norma che va a colmare una lacuna normativa (lasciata dal Legislatore delegato che aveva disposto l’entrata in vigore del vigente codice di procedura penale nel 1989) circa la possibilità di attivare la procedura di riparazione dell’ingiusta detenzione patita nel periodo antecedente alla entrata in vigore dell’allora nuovo codice di procedura penale.
Il Legislatore ha oggi previsto che, anche in relazione a fatti definiti con sentenza passata in giudicato dal 1/7/1988 e fino alla data di entrata in vigore del codice di procedura penale, è possibile richiedere la riparazione dell’ingiusta detenzione. Il termine per presentare la domanda è di sei mesi dalla entrata in vigore della Legge 17/2/2012 n.9.
Ancora da segnalare chela Legge17/2/2012 n.9 prevede che, entro il 1/2/2013, vengano chiusi gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari e sostituiti con strutture più moderne e rispettose della dignità degli internati.
III.Il disegno di legge sull’efficienza del processo penale.
Si tratta di un disegno di legge-delega che si basa sulla adozione dei seguenti istituti giuridici:
a) una nuova depenalizzazione;
b) la sospensione del procedimento nei confronti degli irreperibili;
c) la sospensione del procedimento con messa alla prova;
d) l’introduzione di nuove pene detentive non carcerarie.
3.1.Depenalizzazione.
E’ prevista una nuova depenalizzazione, e contestuale trasformazione in illeciti amministrativi, avente ad oggetto tutti i reati puniti con la sola pena pecuniaria (multa o ammenda), ad esclusione dei reati in materia di edilizia, ambiente, immigrazione, alimenti e bevande, sicurezza sul lavoro, e sicurezza pubblica.
3.2.Sospensione del procedimento nei confronti degli irreperibili.
A fronte di quanto previsto dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che richiede l’effettiva conoscenza del processo da parte dell’imputato, il disegno di legge prevede che i processi, pendenti nella fase del dibattimento, intentati nei confronti dei soggetti irreperibili debbano essere sospesi e che, contestualmente, venga sospeso anche il decorso del termine di prescrizione per un periodo pari al medesimo termine di prescrizione del reato per cui si procede: tale periodo dovrà essere utilizzato dall’Autorità Giudiziaria per portare il processo a conoscenza dell’imputato. Scaduto il periodo di sospensione della prescrizione, quest’ultima riprenderà a decorrere regolarmente. Naturalmente, tale normativa non troverà applicazione nei confronti di imputati che si può presumere conoscano l’esistenza del processo a loro carico. E’, infatti, prevista l’esclusione dell’applicazione di tale normativa nei confronti degli imputati che abbiano subito arresti, fermi, misure cautelari o che siano latitanti (ossia, volontariamente si sottraggano all’applicazione di misure cautelari disposte nei loro confronti). Sono esclusi, infine, i processi per criminalità organizzata e terrorismo.
3.3.Sospensione del procedimento con messa alla prova.
Come noto l’istituto della messa alla prova, o probation[1], trae origine da decisioni giudiziali penali adottate, nel corso del XIX secolo, negli Stati Uniti, e segnatamente nello Stato del Massachussets, ed in Inghilterra, da Giudici intenzionati ad evitare, in capo a condannati particolarmente meritevoli (minori ad esempio), i danni derivanti dal contatto con l’ambiente carcerario e dalla conseguente condizione di privazione totale della libertà. Si distingue tra probation giudiziale e probation penitenziaria. Il primo istituto consiste nella sospensione del processo di cognizione e nella conseguente messa alla prova dell’imputato in ambiente libero, mentre il secondo consiste nella sospensione della esecuzione di una pena divenuta definitiva e nella conseguente messa alla prova del condannato nell’ambito del circuito penitenziario (v. in “Manuale di Diritto Penitenziario” di Mario Canepa e Sergio Merlo, Giuffrè, IX Ed.).
Fino ad ora, nel nostro Ordinamento l’istituto della messa alla prova è stato configurato solo come probation penitenziaria. Infatti, la principale applicazione di tale istituto di common law è rappresentata dall’introduzione dell’istituto dell’affidamento in prova al servizio sociale, avvenuta con l’entrata in vigore della Legge 26/7/1975 n. 354, che ha istituito l’ordinamento penitenziario. Si tratta di misura alternativa alla detenzione che non trova applicazione da parte del Giudice della cognizione, bensì da parte del Magistratura di Sorveglianza che esercita la propria giurisdizione in sede penitenziaria, con riferimento a condanne oramai definitive, in un ambito dove le res iudicatae perdono ogni rilievo, contando solo gli individui e le loro possibilità/capacità rieducative (v. in “Procedura penale” di Franco Cordero, Giuffrè, IX Ed.).
Fino ad oggi, se si esclude l’introduzione della messa alla prova, mediante condanna alla prestazione di lavoro socialmente utile, per i reati di guida sotto l’effetto dell’alcool ed in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti (v. artt. 186 e 187 del C.d.S., come modificati dalla Legge 29/7/2010 n. 120), al Giudice della cognizione penale è precluso lo strumento della messa alla prova nei confronti dell’imputato.
Il disegno di legge del Governo punta proprio a far entrare nell’alveo della cognizione penale l’istituto della messa alla prova. E’, infatti, previsto che, quando si procede per reati puniti con pene detentive non superiori a quattro anni, l’imputato, fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento, possa richiedere di essere messo alla prova. Il Giudice, se ammette la messa alla prova dell’imputato, dispone che quest’ultimo presti attività lavorativa di pubblica utilità. L’esito positivo della messa alla prova, comporta l’estinzione del reato. Di regola, la messa alla prova potrà essere concessa una sola volta. Eccezionalmente, potrà essere concessa una seconda volta, sempre che non si tratti di un reato della stessa indole di quello per cui è già stata concessa la prima volta.
3.4.Introduzione di nuove pene detentive non carcerarie.
Sempre con riferimento ai reati puniti con pene detentive non superiori ai quattro anni, il disegno di legge prevede che vengano introdotte due nuove pene detentive non carcerarie: la reclusione e l’arresto presso l’abitazione o altro luogo di privata dimora. Verrà, quindi, modificato l’art. 17 c.p., a mente del quale: “Le pene principali stabilite per i delitti sono: 1) l’ergastolo; 2) la reclusione; 3) la multa. Le pene principali stabilite per le contravvenzioni sono: 1) l’arresto; 2) l’ammenda”.
Si tratta, pertanto di nuove pene detentive che andranno a sostituire la applicazione della reclusione e dell’arresto in regime di detenzione ordinaria (quindi, in carcere) per i reati puniti con pene detentive non superiori ai quattro anni.
L’evidente intento di politica criminale sotteso a tale disegno di legge è quello di porre al centro del nostro sistema penale il principio secondo cui l’opzione sanzionatoria di tipo carcerario, stante la oramai conclamata ed evidente incapacità della stessa di produrre qualsivoglia tensione rieducativa del condannato (come, peraltro, richiesto espressamente dall’art. 27 della Costituzione), sia e debba essere extrema ratio.
Si tratta, effettivamente, di una inversione di tendenza molto significativa della politica criminale seguita dal nostro Legislatore, se si considera che i precedenti interventi legislativi in materia penale (si pensi ai c.d. “Pacchetti Sicurezza” del 2008 e del 2009) hanno sostanzialmente inasprito le sanzioni detentive e operato una maggiore “carcerizzazione” del sistema penale, secondo un orientamento che ha visto come Paese trend-setter (cioè, che fa tendenza), anche in materia di politiche penali, gli Stati Uniti d’America[2] (v. in “La giustizia e le ingiustizie” di Federico Stella, Il Mulino Saggi).
IV.Il reato “tenue”.
Inizialmente inserito nel disegno di legge sopra indicato dal Ministro della Giustizia Severino, poi stralciato in quanto esiste già un disegno di legge pendente alla Camera dei Deputati, si tratta di un istituto in base al quale il Giudice potrà ritenere il fatto-reato scarsamente offensivo e, pertanto, procedere al proscioglimento dell’imputato. Già introdotto nel nostro Ordinamento con la legge sul Giudice di Pace penale (art. 34 del D.Lgs. n. 274/00), e quindi con riferimento ai reati rientranti nella cognizione di quest’ultimo Giudice, se venisse approvato il disegno di legge in discussione alla Camera, il reato “tenue” potrebbe avere un’applicazione potenzialmente estensiva a tutti i reati. Da ricordare che l’istituto è contemplato dal codice di procedura penale tedesco (all’art. 153) fino dagli anni ’70 e che lo stesso è stato oggetto di applicazioni davvero rilevanti e controverse, come nel caso in cui (in quello che è stato successivamente ritenuto un clamoroso errore giudiziario) sono stati riconosciuti non offensivi i reati commessi da una società farmaceutica in relazione alla commercializzazione del Talidomite, un farmaco somministrato in gravidanza, ma poi rivelatosi causa di possibili malformazioni del feto.
[1] “A system of suspending the sentence of a criminal offender subject to a period of good behavior under supervision”, definizione riportata da “Oxford Illustrated American Dictionary, Thumb – Indexed Edition”.
[2] “I cardini del modello statunitense sono: uno spaventoso aumento del numero dei detenuti (ormai più di due milioni) ed il crescente ricorso alla costruzione di nuove carceri…”, v. in “La giustizia e le ingiustizie” di Federico Stella, Il Mulino Saggi.