Categorie: Diritto Penale

Brevi cenni sull’ammissibilità della messa alla prova per le società: una scelta coerente con la natura rieducativa del procedimento ex D.Lgs. 231/2001.
Data: 18 Dic 2020
Autore: Daniele Venturini

 

The Judge for preliminary investigations of Modena admitted the accused Company (pursuant to Legislative Decree No. 231/2001) to the institute of “probation”.

The choice appears coherent with the re-educational purpose of the procedure regulated by the aforementioned Legislative Decree.

 

Come ormai noto, il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Modena, nel dicembre 2019, ha ammesso una società, indagata ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, all’istituto della messa alla prova, a seguito di richiesta presentata nel corso delle indagini.

Si trattava, in particolare, di un’azienda operativa nel settore alimentare, indagata ex art. 25 bis.1 del D.Lgs. n. 231/2001, in relazione al reato presupposto, contestato alla persona fisica, di frode nell’esercizio del commercio di cui all’art. 515 c.p.

Il Giudice, accertatosi che non sussistessero cause di proscioglimento immediato ex art. 129 c.p.p., ha ritenuto che il programma di trattamento proposto dalla difesa, fosse idoneo ed ha disposto la sospensione del procedimento con ordinanza ex art. 464 quater c.p.p.

Per completezza, si segnala che la società, in tale programma, si era impegnata a: i. eliminare gli effetti negativi dell’illecito; ii. risarcire gli eventuali soggetti danneggiati; iii. revisionare il proprio modello di organizzazione e gestione ex Dl.gs. n. 231/2001; iv. svolgere attività di volontariato, prevedendo una fornitura gratuita della propria produzione a favore di un ente religioso gestore di un centro di ristorazione dedicato a persone bisognose.[1]

Alla successiva udienza del 21/9/2020, il Giudice, verificato il corretto adempimento del programma, ha dichiarato l’estinzione del reato.

A parere di chi scrive, la scelta operata dal Giudice per le Indagini Preliminari di Modena, con il parere favorevole del Pubblico Ministero, appare coerente con la natura rieducativa del procedimento ex D.Lgs. 231/2001, oltre che risultare fondata da un punto di vista processuale.

Il più famoso precedente giurisprudenziale contrario a tale impostazione è costituito certamente dalla decisione del Tribunale di Milano,  Sezione XI, ordinanza del 27/3/2017, che ha respinto l’istanza di sospensione per messa alla prova presentata dalla difesa di una società, in quanto: “in assenza, de jure condito, di una normativa di raccordo che renda applicabile la disciplina di cui agli artt. 168-bis c.p. alla categoria degli enti, l’istituto in esame, in ossequio al principio di riserva di legge, non risulta applicabile ai casi non espressamente previsti, e quindi alle società imputate ai sensi del d. lgs. 231 del 2001”.

Per il Tribunale, quindi, la mancanza di una previsione di raccordo non potrebbe essere colmata, nel rispetto del principio della riserva di legge, mediante analogia, in quanto l’istituto della messa alla prova – caratterizzato dallo svolgimento del lavoro di pubblica utilità – rientrerebbe nella “categoria delle sanzioni penali” che, come noto, quanto agli Enti, possono essere previste in via esclusiva dal Decreto Legislativo 231/2001.

Tale impostazione, tuttavia, può essere superata valorizzando la natura (anche) processuale dell’istituto (disciplinato dagli artt. 464 bis e ss. c.p.p.), il quale può, quindi, agevolmente ritenersi applicabile agli enti per il tramite degli artt. 34 e 35 del D.Lgs. n. 231/2001.

I predetti articoli, infatti, prevedono, rispettivamente, che si applichino al procedimento 231 ed all’Ente, in quanto compatibili:

  • le disposizioni del codice di procedura penale e le relative norme di attuazione;
  • le disposizioni processuali relative all’imputato.

A parere di chi scrive, la scelta operata dal Giudice di Modena appare superare tale “vaglio di compatibilità”.

Ed, infatti, la sezione VI del Capo III del D.Lgs n. 231/2001 (Procedimenti speciali), disciplina espressamente soltanto alcuni degli istituti speciali codicistici: il giudizio abbreviato, il patteggiamento e il procedimento per decreto; non sono invece, menzionati il giudizio direttissimo e quello immediato.

Pertanto, aderendo acriticamente all’impostazione proposta dal Tribunale di Milano – che valorizza, a discapito di altri elementi di segno contrario, il dato letterale – si finirebbe per dover ritenere non applicabili all’Ente i predetti istituti.

E’ tuttavia evidente che tale soluzione non possa essere ritenuta condivisibile ed è ormai esclusa da giurisprudenza e dottrina che ritengono pacificamente praticabili il giudizio immediato e il giudizio direttissimo nell’ambito del processo all’ente, non rinvenendosi ragioni di incompatibilità di detti riti speciali rispetto alla procedura di cui al D.Lgs. n. 231/2001.[2]

Alla luce di quanto sopra, non pare possano rinvenirsi concrete ragioni per escludere la messa alla prova dal novero di riti alternativi accessibili all’ente.  La mancata previsione espressa della messa alla prova nel D.Lgs n. 231/2001, peraltro, discende in primis dalla sopravvenienza temporale della Legge n. 67/2014 (che, come noto, ha introdotto l’istituto nel procedimento a carico degli “adulti”) al D.Lgs n. 231/2001. Né d’altro canto, può essere ritenuto dirimente il fatto che il Legislatore del 2014 non abbia espressamente previsto una correlata novella “adeguatrice“ del D.Lgs n. 231/2001.

Inoltre, si ritiene che l’applicabilità della messa alla prova all’ente, sia una scelta suggerita anche dal dato logico.

L’istituto, infatti, è caratterizzato dalle finalità deflative e premiali che hanno evidenti analogie con gli istituti che il D.Lgs. n. 231 /2001 prevede espressamente a favore dell’ente, quali: la riparazione delle conseguenze del reato ex art. 17; la sospensione e revoca delle misure cautelari ex art. 49; la sospensione del procedimento per provvedere alla riparazione delle conseguenze del reato ex art. 65.

Alla luce delle considerazioni qui sinteticamente svolte, si ritiene condivisibile l’orientamento inaugurato dal Giudice modenese.

Avv.Daniele Venturini

 

[1] Garuti G. e Trabace C., Qualche nota a margine della esemplare decisione con cui il Tribunale di Modena ha ammesso la persona giuridica al probation, Giurisprudenza Penale.

[2] Ricciardi M. e Chilosi M., La Messa alla Prova nel Processo “231”: Quali Prospettive per la Diversion dell’Ente?, Diritto Penale Contemporaneo.

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