On last July UE Commission has decided to refer Italy to the European Court of Justice for its failure to address an (alleged) illegal system of exemptions for fuel used to power chartered yachts in EU waters. On the other hand there seem to be good reasons to back up that excise duty exemptions for fuelling commercial yachts in Italy are compliant with UE law.
L’entusiasmo con cui gli espositori hanno aderito all’edizione 2019 del salone nautico di Genova è stato gelato da una notizia piombata da Bruxelles nel mezzo dell’estate.
A fine luglio, infatti, la Commissione europea, al termine dell’indagine aperta l’anno scorso per appurare l’esistenza di (presunte) misure di favore per la nautica da diporto nazionale, ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia (cfr. comunicato stampa n. IP/19/4265 del 25 luglio 2019).
Nel mirino dei funzionari sono finiti, da un lato gli sconti sull’IVA accordati a chi acquista un’imbarcazione in leasing e, dall’altro, il rifornimento ai charter yacht senza applicazione di accise. Se gli eurogiudici dovessero confermare il verdetto della Commissione, l’impatto per la nautica italiana sarebbe rilevante. Il venir meno delle agevolazioni in discorso, infatti, potrebbe, (fra l’altro) orientare il pubblico a scegliere altri mercati dove acquistare o altri mari dove rifornirsi e navigare.
È assai probabile che l’iniziativa della Commissione non sia casuale, ma il frutto di una delazione mirata dei nostri vicini di costa francesi. Per convincersene è sufficiente ricordare che “agevolazioni” identiche a quelle contestate vigevano anche in Francia.
Per quanto concerne gli sconti IVA la Francia è stata condannata dalla Corte di Giustizia (cfr. sentenza del 21 marzo 2013 nella causa C-197/12), mentre l’eliminazione delle agevolazioni sul rifornimento è avvenuta “spontaneamente” a seguito dell’avvio della procedura di infrazione da parte della Commissione UE. La condanna della Francia da parte del massimo vertice europeo di giustizia non è di buon auspicio! Con ogni probabilità, quindi, verrà, meno anche da noi, la “regola” secondo cui, più lungo è lo scafo, meno IVA si paga. Del resto, come avevo già scritto oltre 10 anni or sono (sulla rivista Diritto e Pratica tributaria n. 4/2008, pt. II, pag. 735 e ss.), parametrare la misura dell’IVA dovuta alla lunghezza dell’imbarcazione, non può considerarsi un criterio soddisfacente per appurare, in concreto, il presupposto impositivo (vale a dire la circostanza che imbarcazione è utilizzata per navigare in acque extra comunitarie).
Quanto invece all’abbuono delle accise sul rifiorimento dei “commercial” yacht, non è detta ancora l’ultima parola. Il nodo della questione, che la Commissione fa trapelare da un asciutto comunicato stampa, è il seguente: “l’Italia, in violazione delle norme UE, consente di classificare come ‘commerciali’ le imbarcazioni da diporto a noleggio (come gli yacht) anche se destinate all’uso personale”. S’immagina che i funzionari (il cui parere non è stato reso pubblico) abbiano inteso contestare la posizione assunta, al riguardo, dalla nostra Agenzia delle dogane. Secondo l’Agenzia, infatti, quando la compagnia di navigazione concede a “noleggio” (charter) l’imbarcazione ai sensi della legge italiana, e quindi la dota di equipaggio e se ne riserva la conduzione tecnica (art. 47 D.lgs. n. 171/2005), la utilizza senz’altro nel contesto di un’attività commerciale (di trasporto) (cfr. Circ. 8 febbraio 2001, n. 7206, conf. da Circ. 14 luglio 2014, n. 10/D). Per il Fisco italiano, insomma, il fatto che il cliente utilizzi lo yacht per svago personale e non per offrire, a propria volta, servizi di trasporto, non preclude il diritto della charter company a rifornire l’imbarcazione in esenzione da accise (se ricorrono tutti gli altri presupposti; sul punto rinvio al mio intervento su Riv. dir. mar. n. 1/2019, pag. 193 ss.).
S’immagina che i funzionari europei (il cui parere non è stato reso pubblico) intendano far leva sulle pronunce rese dalla Corte di giustizia nei “casi tedeschi”, e in particolare in quello che ha coinvolto la società Haltergemeinschaft (cfr. Corte di giustizia, causa C-250/10). In quel giudizio, tuttavia, la società proprietaria del mezzo di trasporto (la Haltergemeinschaft, appunto), si limitava a metterlo a disposizione dei clienti munito del solo carburante necessario, senza, quindi, impiegarlo (come richiesto dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria) in attività di navigazione (cfr. caso Haltergemeinschaft, punto 8).
Si auspica, quindi, che l’Italia difenda con risolutezza il regime contestato, anche per tutelare operatori e clienti esposti al (possibile) recupero delle accise non versate.
Forza Italia!
Nicolò Raggi