A tutti voi, collaboratori e clienti, non posso che rivolgere lo stesso augurio. E’ quello di cui l’Italia ha immediato bisogno, è quello che dobbiamo fare per noi stessi e per il Paese in cui viviamo la nostra vita, i nostri affetti,il nostro lavoro. Anche quando ci apriamo al mondo, come oggi è giusto che sia,il cuore e la testa restano qui ed è qui che vogliamo riportare il meglio di quanto abbiamo imparato altrove ed è qui che vorremmo fare il bilancio della nostra vita.
Sembra io parta da lontano, ma il mio ragionamento necessita di questa premessa molto generale, perché è nel contesto che occorre collocare noi stessi ed ogni scelta individuale. Che può essere valutata come giusta o sbagliata solo in quanto sia posta consapevolmente nel contesto in cui viene fatta.
Quando nel ’92 l’Italia sottoscrisse il trattato di Maastricht sapeva che si preparava un area economica e politica europea che avrebbe avuto un’unica moneta. Sapeva quindi che bisognava subito prepararsi, affinché la cosa funzionasse, secondo le nuove regole. Non più inflazione e svalutazioni competitive, standard etici omologabili a quelli degli altri paesi UE, efficienza della pubblica amministrazione e del sistema giudiziario, riduzione del debito e contenimento del deficit nei limiti imposti a tutti i partners, fortissima propensione alla formazione ed all’innovazione, valorizzazione del merito finalizzato all’emergere dei migliori talenti.
La politica dell’era post-ideologica aveva questa missione.
Semplicemente accadeva che nessuno avrebbe più certificato “in casa”i propri conti, così come era stato fino ad allora, ma altri lo avrebbero fatto per verificare la loro effettiva correttezza.
Entrare nell’Euro si poteva evitare,certo, ed era meglio farlo se non c’era l’intenzione di avviare subito e concretamente un tale processo “culturale”. Io sono tra quelli che hanno creduto che tale intenzione ci fosse e per quel motivo ho condiviso la decisione, peraltro approvata a parole da quasi tutti, di procedere oltre. Ho pensato che la nostra classe dirigente fosse consapevole delle implicazioni e ho avuto l’impressione che anche i cittadini avessero capito che taluni stili di vita molto “italiani”non avrebbero più funzionato nel nuovo contesto. Tangentopoli,la Lega Nord ed altri simili fenomeni di rottura emersi a cavallo degli anni ‘80/’90 mi sono sembrati segnali concreti di “rottura” preparatori di una Italia più europea, pronta ad affrontare con una nuova classe dirigente e con una nuova cultura la sfida economica che avevamo accettato. Quello che è successo dopo lo sappiamo: venti anni spesi male. Perfetti per il vecchio mondo, pessimi rispetto all’obiettivo che nel 2001 ci avrebbe messo in tasca una moneta che costituiva l’espressione di un mondo diverso, dove le regole erano altre. Diciamo che troppi italiani “comuni”, e non solo la classe dirigente, hanno preferito far finta di non aver capito.
Ma la realtà è arrivata agli occhi, e alle tasche, di tutti negli anni a venire. Gradatamente,fino al 2008, velocemente dopo, traumaticamente dal 2011 ad oggi. Non è una crisi, è un cambiamento strutturale. E strutturale deve essere la nostra risposta, collettiva ed individuale.
Tornare alla vecchia Italia (uscendo dall’Europa), ammesso ve ne sia il rimpianto, non è neppure più possibile salvo regredire a livelli politicamente ed economicamente marginali e miserabili, restare dove siamo (in Europa) senza una svolta radicale significa accettare un “commissariamento” traumatico ed umiliante, raccogliere la sfida è quasi obbligatorio per dare futuro al Paese ed ai cittadini più giovani.
Certo questo richiede una solida maggioranza di italiani che voglia davvero farlo e una loro espressione politica, democraticamente eletta ,che se ne faccia interprete. Richiede che ciascuno nel suo campo di studio e lavoro si muova coerentemente al progetto ed alla sfida che pone: mettendosi in discussione, come imprenditore, lavoratore dipendente, burocrate,insegnante,magistrato, ricercatore,artigiano, commerciante, sindacalista, lavoratore autonomo e professionista.
E qui veniamo al nostro mondo ed al ruolo che abbiamo e vorremo ancora avere in esso.
Dipende molto da noi e dipende dalla scommessa che intendiamo fare. Io credo che alla fine l’Italia e l’Europa proseguiranno nel percorso ormai segnato dagli anni ‘80 e che questo Paese, sia pure ridimensionato, saprà e vorrà starci dentro contribuendo a determinare regole meno traumatiche per coniugare la tenuta dei conti e la coesione dell’Europa Federale della moneta, dell’economia, della cultura,dei diritti e della politica.
Per questo motivo siamo andati avanti con fatica ma non male in questi anni non facili, continuando a investire sul nostro lavoro e su noi stessi. Offrendo ai clienti un servizio di qualità, nei tempi richiesti, aprendoci sempre più oltre i confini della nostra città che amiamo molto e nella quale dobbiamo e vogliamo credere.
Ma sappiamo che la soglia del “valore aggiunto” anche nel nostro lavoro, come in tutti i lavori dove la qualità ed il dettaglio sono essenziali, deve alzarsi e che i margini di soddisfazione,anche economica, dipendono sempre più da ove tale soglia si colloca.
So che abbiamo fatto molto ma so che non basta e che dovremo chiedere di più a noi stessi.
Il 2014 dovremo stare con la “guardia alta”, metterci ancor più in discussione. Ed è quello che faremo partendo da alcune cose non procrastinabili:
- Coinvolgimento dei più capaci nella direzione dello Studio sulla base del merito, del contributo alla promozione del lavoro, alla sua qualità ed allo “spirito di corpo”nell’interesse della struttura
- Certificazione delle nostre procedure legali e gestionali (progetto ASLA “bollino blu”)
- Ulteriore valorizzazione della nostra presenza sul mercato anche attraverso il sempre miglior utilizzo degli strumenti informatici, oltre che alla tradizionale promozione/partecipazione ad iniziative culturali e di PR cui tutti dobbiamo contribuire in proporzione alle capacità,esperienza ed aree di competenza
- Collaborazione strutturale con la rete ASLA in Italia e, in particolare. ragionevole ottimizzazione delle nostre collaborazioni stabili su Milano,Roma e Bruxelles
- Razionalizzazione e valorizzazione delle relazioni professionali in aree del mondo ove,sempre più, i clienti ci chiedono supporto. Cina ed USA innanzitutto ma, ormai, anche Africa
- Inflessibilità nel possesso di ormai essenziali capacità linguistiche ed informatiche che, specie per un giovane Avvocato, devono essere di altissimo livello
- Cura “maniacale” nella qualità del lavoro e nel rapporto col cliente
- Miglior utilizzo della struttura e delle risorse date , anche attraverso il supporto di una figura manageriale
Mi avete aiutato a costruire un “marchio” di qualità. C&G è anche vostro ed esprime un valore che ci viene riconosciuto e che dobbiamo difendere e consolidare. Pretendere ogni giorno il meglio da noi stessi è una sfida che premia e dà orgoglio e soddisfazione. E’ il senso stesso di una buona vita privata e lavorativa. Ne vale la pena.
Auguri