Si segnala che in data 20 maggio 2020 è stata emanata una nuova circolare dall’INAIL che contiene chiarimenti in merito alla “Tutela infortunistica nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS-CoV-2) in occasione di lavoro”.
A seguito dell’entrata in vigore della disposizione di cui all’art. 42, c. 2, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (convertito nella Legge n. 27 del 24 aprile 2020), l’Istituto, con la circolare n. 13 del 3 aprile 2020, ha dato le prime indicazioni operative per la tutela dei lavoratori che hanno contratto tale infezione in occasione di lavoro.
Poiché a seguito di tale indicazioni sono state sollevate alcune problematiche, l’INAIL ha ritenuto di fornire ulteriori istruzioni operative nonché chiarimenti con questa nuova circolare.
Come noto, l’art. 42, c. 2, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 ha chiarito che l’infezione da COVID-19, come accade per tutte le infezioni da agenti biologici se contratte in occasione di lavoro, è tutelata dall’INAIL quale infortunio sul lavoro.
Tale principio è stato richiamato anche nella circolare INAIL del 3 aprile 2020, n. 13, ove sono anche stati richiamati i principi che presiedono all’accertamento dell’infortunio in caso di malattie infettive e parassitarie (per le quali è difficile/impossibile stabilire il momento contagiante).
Pertanto, si è fatto riferimento alle linee guida di cui alla circolare INAIL n. 74 del 23 novembre 1995 che si basano su due principi fondamentali:
- deve essere considerata causa violenta di infortunio sul lavoro anche l’azione di fattori microbici e virali che penetrando nell’organismo umano ne determinano l’alterazione dell’equilibrio anatomico-fisiologico, purché sia in rapporto con lo svolgimento dell’attività lavorativa;
- si ritenere raggiunta la prova dell’avvenuto contagio per motivi professionali quando, anche attraverso presunzioni, si giunga a stabilire che l’evento infettante si è verificato in relazione con l’attività lavorativa. Pertanto, è sufficiente che il fatto ignoto possa essere desunto dal fatto noto come conseguenza ragionevole, probabile e verosimile secondo un criterio di normalità (cosiddetta “presunzione semplice”).
Alla luce di tali principi, quindi, occorre sempre accertare la sussistenza dei fatti noti, cioè indizi gravi, precisi e concordanti sui quali deve fondarsi la presunzione semplice di origine professionale, ferma restando la possibilità a carico dell’Istituto di prova contraria.
Inoltre, l’Istituto sottolinea l’indipendenza logico-giuridica del piano assicurativo da quello giudiziario chiarendo che i presupposti per l’erogazione di un indennizzo INAIL non possono assumere rilievo per sostenere la responsabilità penale e civile del datore di lavoro in quanto questi, oltre alla rigorosa prova del nesso di causalità, richiedono anche l’imputabilità di quest’ultimo – quantomeno – a titolo di colpa.
“Pertanto la responsabilità del datore di lavoro è ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche, che nel caso dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 si possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governativi e regionali di cui all’articolo 1, comma 14 del decreto legge16 maggio 2020, n.33”.
Infine, il documento si sofferma sull’attivazione dell’azione di regresso da parte dell’Istituto, che presuppone la configurabilità del reato perseguibile d’ufficio a carico del datore di lavoro o di altra persona del cui operato egli sia tenuto a rispondere a norma del codice civile.
In particolare, si chiarisce che l’attivazione di tale azione non può basarsi sul semplice riconoscimento dell’infezione da COVID-19 ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, presupponendo – inoltre – anche l’imputabilità a titolo, quantomeno, di colpa, della condotta che ha causato il danno.
Al link seguente potrete trovare il testo completo:
https://www.inail.it/cs/internet/docs/alg-circolare-inail-n-22-del-20-maggio-2020.pdf