Ancora una volta, eventi di assoluta tragicità e complessità, rappresentano l’occasione per ragionare su questioni molto più grandi di coloro che ne discutono nei talk show e per testare i limiti umani all’orrore, all’eroismo e alla stupidità.
Non tutti sono Lucio Caracciolo ed anche tra i laureati (in filosofia, in questo caso) si annidano le Donatella Di Cesare.
Non è solo e tanto un problema di tesi sostenuta, è spesso soprattutto il modo in cui la si sostiene.
Essere pacifisti “a prescindere” è legittimo, stupisce che chi difende tale tesi lo faccia in modo ideologico e senza la minima empatia in contradditorio con una giovane donna Ucraina che, con contenuta emozione, chiede il nostro aiuto raccontando i massacri di civili cui assiste e l’invasione brutale della propria terra che non può essere oggetto di negoziato con l’aggressore. Spiega molto semplicemente, con ferma pacatezza, che il suo popolo è un popolo libero ed autonomo e che non vi sono ragioni storiche che possano legittimare uno Stato straniero ad imporgli di rinunciarvi. Afferma lucidamente che gli Ucraini si riconoscono nei valori Europei ma sanno di essere militarmente soli, consapevoli dei limiti posti all’aiuto esterno, superati i quali un intervento diretto potrebbe condurre a una guerra globale, forse nucleare. Invoca ogni possibile sostegno dalle democrazie Europee ed Occidentali: iniziativa diplomatica, politica ed umanitaria, aiuti economici, sanzioni estreme contro l’aggressore, armi efficaci, fino alla “no fly zone” sui cieli Ucraini. Chiede che l’Europa riconosca quanto meno la legittima aspettativa dell’Ucraina democratica di far parte dell’Unione Europea (non della Nato) e offre la vita in cambio di questo supporto chiedendo a noi di accettare qualche sacrificio al nostro “stile di vita” e al nostro PIL per vedere affermati in terra Europea i valori che fondano la nostra libera esistenza ed il nostro relativo benessere.
E’ quanto ci ricorda il giovane tennista Stakhovsky, misurato e lucido mentre sceglie il sacrificio sul fronte di Kiev, mantenendo una calma ammirevole davanti ai sottili e retorici distinguo di taluno dei suoi interlocutori chiedendosi solo, alla fine, con la mano a coprire il volto, se l’Italia resisterebbe un solo giorno a Putin per difendere la propria libertà.
E’ quanto ci dice il Sindaco (di destra) della città Polacca di Pezemysl di fronte a un improbabile Matteo Salvini in versione umanitaria. Macchietta pietosa di ogni luogo comune sulla peggior italianità. Capace di arrecar danno irreparabile al suo partito che, nonostante non sia un Putin, ancora non se ne libera e, purtroppo, all’Italia intera che comunque non merita (non tutta) un tale abisso di vergogna.
E’ quanto dice il Premier Zelensky, ex comico che non “apre le istituzioni democratiche come scatolette di tonno” ma le rivendica e difende moralmente e fisicamente davanti al Parlamento Europeo ed al Parlamento Inglese, memore di Churchill, giurando che il suo Popolo combatterà per ogni casa, strada e campo del proprio suolo nazionale.
E’ troppo chiedere almeno dignità di fronte a questo martirio? Troppo chiedere di accettare il rischio di sacrifici economici anche rilevanti a fianco di chi mette in gioco la vita? Troppo accettare tali rischi quando la nostra posta è la medesima di chi muore portando alta e con forza la bandiera dei valori Europei scritti nei Trattati nati dall’orrore della seconda guerra mondiale?
Nella mia testa mancano troppe informazioni fondamentali per configurare una strategia proporzionata a quanto accade.
Conosciamo la storia recente e meno recente da cui Putin pretende di trarre qualche ragione, oltre a presunti ed incomprensibili motivi di sicurezza nazionale di una Russia che nessuno pensava di aggredire, e conosciamo gli errori dell’Europa e dell’Occidente nei decenni trascorsi.
Vale la pena di parlarne adesso? Possono esservene quanti bastano a consentire a Putin di invadere e sottomettere l’Ucraina con le armi nel XXI Secolo e nel cuore dell’Europa in una guerra tra Stati sovrani? (non meno orribile eticamente ma diversa politicamente la non lontana guerra civile della ex Jugoslavia).
La prima cosa che fatico a comprendere è come possa disporre del secondo più potente e moderno esercito al mondo un Paese, reduce dalla bancarotta comunista e dalla sconfitta della “guerra fredda” nei primissimi anni ’90, che ha un PIL di poco superiore a quello della Spagna. O il crollo catastrofico dell’URSS era una fake news o dobbiamo tarare meglio le nostre paure.
La seconda cosa, legata alla prima, che vorrei sapere con certezza, è se la Cina fosse stata preventivamente informata dei progetti Russi e se avesse o meno sollevato obiezioni.
Decidere come confrontarsi con questa tragedia dipende dalla risposta a queste domande, specie alla seconda.
Se infatti Putin agisce “in solitudine”, abbiamo di fronte il bluff estremo di un cinico e consumato baro e dobbiamo smascherarlo con ogni mezzo, diplomatico, economico e di supporto militare all’Ucraina. Le recenti dichiarazioni del Ministro degli esteri Cinese Wang Yi e gli accordi commerciali e militari tra Russia e Cina non bastano a chiarire il punto al di là di ogni ragionevole dubbio.
Se poi fosse certo che la Cina fa parte del “gioco” Putiniano, dobbiamo prendere atto che la terza guerra mondiale è già iniziata anche nella dimensione militare. In tale caso sarebbe evidente che la partita andrebbe decisa tra i veri interlocutori e che ogni altro tavolo sarebbe illusorio. Vi sarebbe un solo tavolo utile, anche segreto, cui USA e Cina dovrebbe sedere ed al quale Europa e Russia potrebbero partecipare, magari chiamando le c.d. potenze regionali (Turchia, India, Pakistan, Iran,Giappone…..) a decidere in quale quadrante collocarsi.
Nell’attesa che i Leader del mondo ci diano queste risposte, allo stato delle informazioni di cui disponiamo, credo possiamo comunque decidere una linea di condotta che parte dalla constatazione:
- che l’Ucraina è uno Stato sovrano ai confini dell’UE
- Chiede di far parte dell’Unione Europea sulla base della volontà che i cittadini Ucraini manifesteranno democraticamente
- Subisce un’aggressione militare totale da parte di un altro Stato sovrano che pretende di sottometterla ed instaurare con violenza un regime “fantoccio”
- Non vuole arrendersi senza combattere per la propria libertà ed intende con concreta determinazione resistere a tale aggressione per scelta dei suoi cittadini e del suo Governo legittimo
- Chiede all’Europa ed alle democrazie Occidentali di essere aiutata a difendersi ed a resistere, cosa che farebbe in ogni caso nonostante lo strapotere militare dell’aggressore
Possibile che non capiamo che, quando la scelta è tra la propria libertà e la propria vita, esistano uomini e donne normali, pacifici e civili che scelgono di perdere la seconda per difendere la prima?
Ovvio che resistere genera vittime e che la resistenza non può essere imposta dall’esterno da chi sta personalmente al sicuro. Ma non è il nostro caso. Non è quello che vediamo coi nostri occhi tutti i giorni. Non è quello che le forti donne Ucraine ci dicono, spesso combattenti esse medesime e tragicamente e lucidamente fiere dei loro uomini al fronte.
I 300 Spartani che sapevano di morire alle Termopili furono scelti da Leonida per il loro valore e per il carattere delle loro mogli, capaci di prepararsi a piangerne la morte certa con orgoglio, comunicando a tutta la Grecia, in pacifica e illusoria attesa, una consapevolezza della realtà ed un coraggio nell’affrontarla che avrebbe dato anima e forza alla comune identità e costituito la premessa alla vittoria.
E dunque, affinché la pace non sia quella della resa senza condizioni a vantaggio dell’aggressore, con razionalità e fermezza, nel mentre attiviamo concrete iniziative diplomatiche al livello necessario, forniamo ai combattenti Ucraini le armi più moderne ed efficienti, velivoli militari e piloti volontari capaci di proteggere lo spazio aereo, adottiamo le più estreme delle sanzioni accettandone il prezzo, decidiamo come UE lo Status ufficiale dell’Ucraina quale Paese richiedente l’adesione all’Unione.
L’Europa federale dello Stato di diritto si decide adesso e, purtroppo come sempre nella storia, è un comune nemico che ne vede l’identità da lui odiata e temuta, a determinarla.