The Directive 2014/104/EU of the European Parliament and of the Council of 26 November 2014 on certain rules governing actions for damages under national law for infringements of the competition law provisions of the Member States and of the European Unioni is in force. Member States shall bring into force the laws, regulations and administrative provisions necessary to comply with this Directive by 27 December 2016. The full effectiveness of Articles 101 and 102 TFEU, and in particular the practical effect of the prohibitions laid down therein, requires that anyone — be they an individual, including consumers and undertakings, or a public authority — can claim compensation before national courts for the harm caused to them by an infringement of those provisions.
Con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (GUUE) della direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, l’Unione europea si è finalmente dotata di una disciplina comune, di carattere sostanziale e procedurale, che regola le azioni di risarcimento promosse ai sensi del diritto nazionale da chiunque (impresa o consumatore) abbia subito un danno per la violazione delle disposizioni in materia antitrust (cd. azioni di private enforcement).
La direttiva, che dovrà essere recepita da tutti gli Stati membri entro il 27 dicembre 2016, è stata inserita in Italia nella legge delega n. 144 del 9 luglio 2015, con l’auspicio di arrivare nei primi mesi del 2016 all’attuazione della medesima tramite un’integrazione della legge n. 287/90 (normativa nazionale a tutela della concorrenza e del mercato).
Come si legge nei considerando della norma di diritto UE, per garantire una corretta applicazione e una piena efficacia degli articoli 101 e 102 TFUE, che come noto producono i loro effetti nei rapporti tra singoli e attribuiscono diritti ed obblighi che le autorità giudiziarie nazionali devono applicare, “è necessario che chiunque, compresi consumatori e imprese o autorità pubbliche, possa richiedere un risarcimento dinanzi alle autorità giudiziarie nazionali per i danni subiti a causa di una violazione di tali disposizioni”.
Tale diritto al risarcimento per i danni derivanti da violazioni del diritto della concorrenza dell’Unione e nazionale richiede che ciascuno Stato disponga di norme procedurali nazionali tali da garantirne l’effettivo diritto (e ciò anche in relazione al diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva come previsto dall’art. 19 par. 1, comma 2 TUE e dall’art. 47, comma 1 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea).
Esaminando la direttiva, se da un lato è evidente che i principi (diritto al “pieno risarcimento del danno”, comprensivo di danno emergente e lucro cessante, divieto di danni punitivi, principio di efficacia e di equivalenza) sono già ampiamente presenti nel nostro ordinamento, dall’altro emerge che il maggior impatto della nuova regolamentazione sarà quello relativo al profilo sia sostanziale che processuale dell’onere della prova.
L’art. 9 della direttiva, innanzitutto, impone agli Stati membri di provvedere affinché i giudici nazionali considerino definitivamente accertato, ai fini dell’azione di risarcimento danni dell’illecito antitrust, una violazione constatata da una decisione divenuta definitiva dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Non si tratta peraltro di una novità assoluta, tenuto conto del fatto che ai sensi dell’art. 16 del regolamento n. 1/2003 é imposto alle giurisdizioni nazionali che si pronunciano su fattispecie di cui agli artt. 101 e 102 TFUE, di non assumere decisioni in contrasto con quelle della Commissione (obbligo analogo è previsto anche per le autorità garanti dei singoli Stati membri).
Con riferimento alla quantificazione del danno, la direttiva riconosce le problematiche connesse, in particolare all’asimmetria informativa esistente tra le parti, la difficoltà insita nel dover valutare quale sarebbe stato l’andamento del mercato in assenza della violazione antitrust, ed afferma al considerando 45 che si tratta di “un processo che richiede l’analisi di un gran numero di elementi fattuali e che può esigere l’applicazione di modelli economici complessi” e “può quindi costituire un considerevole ostacolo che impedisce l’efficacia delle domande di risarcimento”.
L’art. 17 si limita puoi ad affermare che “Gli Stati membri garantiscono che né l’onere della prova né il grado di rilevanza della prova richiesti per la quantificazione del danno rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto al risarcimento” senza vincolare i legislatori nazionali ad adottare uno o l’altro criterio di quantificazione.
Per alleviare l’onere della prova gravante sull’attore, la direttiva individua alcuni strumenti per il giudice, tra cui la liquidazione del danno in via equitativa e la possibilità di rivolgersi all’autorità garante nazionale per farsi aiutare/assistere.
Ed ancora, nella direttiva si afferma (considerando 14) che “è opportuno garantire agli attori il diritto di ottenere la divulgazione delle prove rilevanti per la loro richiesta, senza che sia necessario da parte loro specificarne i singoli elementi”.
Con riferimento alla acquisizione dei documenti rilevanti, che siano detenuti dalla controparte o da terzi e non facilmente accessibili all’attore, si prevede che i Giudici debbano poter ordinarne a tali soggetti la divulgazione, rispettando i criteri di necessità, proporzionalità ed efficienza.
Più articolata è la questione relativa alla documentazione contenuta nel fascicolo delle autorità garanti nazionali, in merito alla quale la direttiva configura tre distinte categorie di prove, con limiti di divulgazione diversi. Ciò nel delicato tentativo di trovare un punto di equilibrio tra l’interesse del singolo all’azione privata di risarcimento del danno per violazione del diritto antitrust e l’efficace applicazione a livello pubblicistico del diritto della concorrenza. Rientrano infatti tra i documenti della cd. “black list”, di cui i giudici non possono ordinare la divulgazione, le proposte di transazione predisposte ai fini della collaborazione delle imprese con le autorità garanti e le dichiarazioni collegate ad un programma di clemenza.
Ai sensi del considerando 26, infatti, “i programmi di clemenza e le procedure di transazione sono strumenti importanti per l’applicazione a livello pubblicistico del diritto della concorrenza” che “contribuiscono ad individuare e perseguire efficacemente e sanzionare le violazioni più gravi”. Se dichiarazioni contenenti prove autoincriminanti delle imprese venissero divulgate, le imprese stesse potrebbero essere dissuase dal collaborare con le autorità garanti nazionali.
La reale portata dell’attesa direttiva, pur avendo già manifestato i propri effetti in alcuni casi posti all’attenzione dei Giudici nazionali (Cass. civ. Sez. I, 4.06.2015), sarà ancor più comprensibile nel prosieguo, a seguito dell’attuazione con la legge interna ed in occasione dei numerosi contenziosi che immaginiamo verranno proposti dai soggetti danneggiati (imprese e consumatori) nei nostri Tribunali.