Categorie: Generale

Emergenza sanitaria, garanzie costituzionali e sistema giudiziario.
Data: 29 Apr 2020
Autore: Giuseppe Giacomini

Nessuno sembra in grado di fare previsioni attendibili ma almeno due o tre cose sono certe: l’emergenza sanitaria non durerà in eterno, torneremo per fasi ad una nuova forma stabile di “normalità”, le procedure democratiche e costituzionali da noi conosciute per oltre 70 anni potranno essere influenzate, anche nel futuro, dal modo e dalle forme di azione istituzionale che abbiamo seguito e stiamo seguendo in queste fasi, 1 e 2, in attesa della fase 3.
Non si tratta di aderire a metodologie argomentative demagogiche o massimaliste che, specie in circostanze così serie, debbono essere respinte con fermezza.
Si tratta di mantenere aperto il dibattito e attenta l’opinione pubblica sul futuro che ci aspetta e sul rischio che alcune scelte di oggi, dovute ad un emergenza straordinaria ed imprevedibile, costituiscano un precedente che potremmo pagare a caro prezzo.
Quello che viviamo non è un trauma storico paragonabile ad una guerra tradizionale. Non lo è emotivamente, economicamente e giuridicamente.
Chi combatte una guerra mette a rischio la vita per salvare la libertà. In questo caso i termini sono letteralmente ribaltati.
Dopo una guerra l’economia deve essere riconvertita al tempo di pace ma il sistema delle imprese e dei servizi non si è mai fermato ed è pronto ad agire per le nuove necessità.
La guerra ha le sue regole legali, nazionali ed internazionali, spessissimo violate ma ci sono. E non è poco, poiché una regola violata potrà essere denunziata e sanzionata, almeno moralmente. Una regola assente non offre neppure questa possibilità.
Ebbene, come non sottolineare che le misure, spesso di natura amministrativa (tali sono i DPCM ed i DM) introdotte in questi mesi toccano pesantemente alcuni dei più fondamentali diritti Costituzionali. La libertà di circolazione (art.16), quella di riunione (art.17), la libertà di professare e praticare la propria fede religiosa(art.19), il diritto allo studio (artt.33-34),la libera iniziativa economica (art.41),la libertà di espressione(art.21) e quella personale (art.13) e, in generale, i diritti inalienabili della persona garantiti dalla CEDU e dalla Carta europea di Nizza.
Non sfugge certo che anche la salute è “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” (art.32) e sappiamo che la Costituzione italiana non prevede alcun articolo che disciplini lo stato d’emergenza/d’eccezione, volto a ricomprendere tutte quelle situazioni diverse che non si riferiscano al vero e proprio “stato di guerra” previsto ex art. 78 Cost. Benché, infatti, in Assemblea costituente fosse presente una proposta che voleva ricomprendere in tale articolo situazioni diverse da quelle dell’emergenza bellica, questa non trovò seguito.
E’ bene dunque constatare che la disciplina dello stato d’emergenza è stata introdotta con l’art.5 della legge ordinaria n. 225/1992 inerente all’istituzione del Servizio Nazionale della Protezione civile, si basa su presupposti che esulano dalla discrezionalità politica e consente limitazioni dei diritti rigorosamente limitate nel tempo e nello spazio, motivate, proporzionate allo scopo e rispettose dello Stato di diritto e dei valori costituzionali su cui si fonda.
L’art. 4 della “Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici delle Nazioni Unite” che disciplina lo “stato d’emergenza” ne prevede una precisa individuazione sostanziale ed una configurazione procedurale. Tra tali diritti vi è il principio di legalità penale su cui tornerò (art. 7 CEDU).
Detto questo, per essere pratico, mi domando molto seriamente se sia stata una buona scelta adottare decisioni fortemente limitative delle libertà fondamentali utilizzando strumenti amministrativi quali il DPCM ed il DM non sottoposti al vaglio del Parlamento e se sia tollerabile che gli atti dei Comitati tecnici (che rappresentano la base motivazionale di tali DPCM, DM e dei Decreti Legge) siano di fatto “segretati” preannunciandosi che verranno resi noti solo ad emergenza finita e limitatamente alle parti che il Comitato stesso riterrà di rendere pubblici.
Siamo ampiamente in tempo per rimediare su entrambi i fronti, coinvolgendo, anche a posteriori, il Parlamento nella approvazione dei DPCM e dei DM (oltre che dei DL nei modi previsti dall’art.77 Cost.) e chiarendo che gli atti delle Commissioni tecniche posti a base delle norme amministrative e legislative emanate verranno resi integralmente pubblici.
Un secondo aspetto, peraltro legato al primo, che desidero accennare è quello connesso al fatto che,proprio in una fase di limitazione dei diritti fondamentali, è stata quasi totalmente sospesa l’attività giudiziaria che sempre la Costituzione individua quale cardine dello Stato di diritto (dall’art.24 al Titolo IV° Cost.).
La Giustizia è un servizio meno essenziale della Sanità, della Scuola, della Pubblica sicurezza? Così pare di fronte ai rischi per la salute. Ma è lecito o meno domandarsi se, apprestate le tutele minime necessarie (mascherine, distanziamento, sanificazione degli ambienti…), i Palazzi di Giustizia siano più a rischio degli Ospedali e delle Questure?
E’ vero che tutti i principali Paesi UE hanno assunto misure limitative dell’attività giudiziaria, ma nessuno al livello italiano.
Forse perché si sono imposti in termini restrittivi, Magistrati, Avvocati e personale ausiliario?
Francamente non mi risulta,ma anche se così fosse, resterebbe compito dello Stato affermare l’essenzialità del servizio Giustizia e garantirne l’operatività anche in presenza di rischi per la salute degli operatori. Rischi che, d’altronde, per il personale sanitario e le forze dell’ordine non è, purtroppo, inferiore. Come le troppe vittime dimostrano.
Assimilare la Giustizia alla ristorazione, al turismo, alla balneazione ed allo sport, significa solo aver smarrito il senso dello Stato di diritto che, in nessun caso, può sacrificare la libertà democratica, anche a rischio della stessa vita. E ciò per non dire dello specifico e fondamentale settore della giurisdizione penale e delle garanzie del giusto e tempestivo processo nell’interesse delle vittime e degli accusati. Non sto evidentemente parlando della comprensibile esigenza di individuare limitate priorità e della dotazione di strumenti protettivi e di distanziamento essenziali. Sto dicendo che il processo penale previsto nel nostro sistema di garanzie, conforme alla CEDU ed alla Carta europea, non tollera scorciatoie né temporanee né definitive quali le udienze “a distanza”. Né l’ironia di alcuni video che circolano sul web è lontana dalla realtà. I cittadini debbono saperlo e debbono poterne discutere consapevoli che nella loro vita potrebbe ben accadere di dover personalmente sperimentare un tale nuovo modello di Giustizia penale.
Se poi qualcuno è in grado di spiegare perché addirittura si opponga ad una eliminazione/riduzione del periodo feriale (agosto) per recuperare il lavoro “sospeso” in questi mesi, specie in ambito penale, credo dovrebbe metterci la faccia con buoni argomenti.
Come ci ricorda la Costituzione e la Legge (L.146/90, tra le altre) oltre che i migliori giuristi che hanno approfondito il tema (Floridia, Paciotti….) la Giustizia è un servizio pubblico essenziale o non è.

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