Quante volte avete letto dai giornali o sentito in televisione di padri e madri di famiglia che sono costretti a vivere in macchina o che addirittura sono arrivati a togliersi la vita in ragione del pignoramento della propria casa da parte della banca, la quale, a causa della difficoltà del debitore nel pagare il mutuo (magari contenente clausole vessatorie), ha instaurato una procedura esecutiva nei suoi confronti?
Tante, troppe volte. Ma ora le cose potrebbero finalmente cambiare. Ma perché e soprattutto in che modo?
Innanzitutto partiamo da un semplice e forse banale presupposto: il pignoramento immobiliare una volta iniziato difficilmente si può bloccare.
È tristemente noto, infatti, che, quando il proprio immobile finisce all’asta, o si trova un accordo con la banca per saldare il debito o la casa si perde, molto semplicemente perché quando si arriva a quel punto della procedura è difficile trovare un accordo di risanamento o di rateizzazione del debito ed anche tentare l’opposizione ad un decreto ingiuntivo ormai definitivo è pressoché impossibile.
La Corte di Cassazione, però, con la sentenza n. 9479 del 3 maggio 2023, sembra aver aperto uno spiraglio per i debitori, ai quali è già stato notificato il decreto ingiuntivo, per evitare la vendita del proprio immobile all’asta.
La sentenza della Suprema Corte è invero rivoluzionaria in quanto consente di bloccare il pignoramento immobiliare anche se il debitore, una volta notificato il decreto ingiuntivo, non aveva proposto tempestivamente opposizione al medesimo.
Tale possibilità, però, per quanto innovativa, è concessa solamente in presenza di un contratto bancario contenente clausole vessatorie. I requisiti necessari per poter accedere a questa possibilità sono sostanzialmente quattro: (i) il debitore deve essere un consumatore; (ii) il debitore deve avere un debito a fronte di un contratto stipulato con la banca; (iii) il contratto deve contenere clausole vessatorie, ne basta anche solo una, e (iv) la procedura esecutiva non deve essere giunta al momento dell’assegnazione dell’immobile.
Se tutte le precitate condizioni sono soddisfatte, il debitore può presentare opposizione al pignoramento immobiliare. A quel punto inizierà un nuovo processo ove il giudice valuterà la legittimità del contratto e, in caso rilevi la presenza di anche solo una clausola abusiva, il pignoramento verrà definitivamente bloccato e l’immobile tornerà al debitore esecutato.
A questo punto dell’analisi è d’obbligo domandarsi: ma quali sono le clausole vessatorie? Molto semplicemente sono quelle clausole contrattuali che determinano un forte squilibrio tra le parti, come ad esempio tutte quelle clausole che derogano al foro del consumatore o che prevedono interessi moratori eccessivi o che addirittura limitano il diritto del consumatore di trasferire il mutuo presso un altro istituto di credito o che, ancor peggio, lo subordinano al pagamento di penali.
Cosa fare, quindi, se ci si trova in un caso simile? Sicuramente occorrerà rivolgersi ad un professionista, il quale saprà valutare se vi siano tutti i requisiti per poter proporre l’opposizione al pignoramento immobiliare.
La sentenza della Suprema Corte, ovviamente, non avrà conseguenze solo per i debitori, ma anche per le banche le quali, ogni qualvolta presenteranno un decreto ingiuntivo, dovranno anche produrre il contratto su cui si basa il credito, in quanto il giudice dovrà valutare la presenza o meno di clausole vessatorie. Ovviamente, nel caso in cui l’istruttoria necessaria per constatare la presenza di clausole vessatorie risulterà troppo complessa, il giudice rigetterà la richiesta di decreto ingiuntivo e gli istituti di credito potranno, in quel caso, instaurare un giudizio ordinario volto ad accertare il proprio credito.
In conclusione, nonostante la sentenza analizzata sia sicuramente rivoluzionaria, è d’obbligo precisare come quest’ultima non fa altro che riprendere i principi più enunciati dalla Corte di Giustizia Europea la quale, nelle sue precedenti decisioni[1], ha da anni consolidato un orientamento giurisprudenziale a tutela dei consumatori.
Avv. Emanuela Ras
[1] Vds. Corte di giustizia europea nelle cause C-693/19 e C-831/19.
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