Categorie: Diritto Unione Europea e Antitrust

Il CD. “Costi minimi” nel settore dell’autotrasporto
Data: 05 Apr 2012
Autore: Serena Pagliosa

PROFILI DI COMPATIBILITÀ CON LE NORME DI DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA E NAZIONALI IN MATERIA ANTITRUST.
Il settore dell’autotrasporto, negli anni sottoposto a considerevoli trasformazioni con riferimento al sistema di determinazione delle tariffe, è oggi al vaglio sia dell’Autorità antitrust nazionale sia dei giudici del Tar a seguito di un ricorso presentato da Confindustria e da altre Associazioni di industriali contro il provvedimento dell’Osservatorio sulle Attività di Autotrasporto che impone tariffe minime.
Facendo un passo indietro osserviamo che risale alla legge n. 298/1974 il sistema delle tariffe “a forcella”, il quale rimase in vigore a lungo nel nostro Paese e venne addirittura rafforzato dal Legislatore con il D.L. n. 82/1993 in un panorama europeo che, al contrario, prevedeva il graduale abbandono delle normative di disciplina imperativa dei prezzi dell’autotrasporto.
I profili dubbi di tale normativa spinsero, all’epoca, gli Avvocati del nostro studio a condurre ben due cause pregiudiziali – Centro Servizi Spediporto (C 96/94) e Autotrasporti Librandi ( C 38/97: Si tratta delle sentenze della Corte di giustizia del 5 ottobre 1995, C 96/94, Centro Servizi Spediporto e della sentenza del 1 ottobre 1998, C 38/97, Autotrasporti Librandi.) – davanti alla Corte di giustizia affinché venisse vagliata la compatibilità comunitaria del sistema tariffe “a forcella”. In particolare, con le loro pronunce, i Giudici dell’Unione chiarirono quali erano i requisiti che dovevano rispettare gli organismi incaricati di determinare le tariffe per essere considerati emanazione del potere pubblico ed evitare quindi che, nel caso in cui le loro determinazioni sulla fissazione delle tariffe medesime fossero lesive della concorrenza, si ricadesse nell’ipotesi vietata, di violazione degli art. 101 TFUE e art. 4 par. 3 TUE.

Confrontando i criteri espressi nelle due sentenze, in particolare quello dell’interesse pubblico e generale che deve essere seguito nella determinazione dei costi minimi e della composizione degli organismi citati con una maggioranza di membri rappresentanti del potere pubblico, con la disciplina attuale contenuta all’articolo 83 bis del Decreto Legge n. 112/2008 come modificato dalle norme successive, osserviamo che tali parametri non sono oggi rispettati.
Il Legislatore nazionale, dopo la liberalizzazione “regolata” (si parla di liberalizzazione “regolata” perché il D. lgs. 286/2005 manteneva ed inseriva forme di regolazione del settore dell’autotrasporto tra cui: l’obbligo di iscrizione all’Albo degli autotrasportatori, l’inasprimento delle sanzioni ed in particolare di quelle a carico del committente, le misure in tema di sicurezza della circolazione di cui il committente è chiamato a rispondere come responsabile insieme al vettore, nei casi di violazione) introdotta con il D.Lgs. n. 286/2005 (D.Lgs. 21 novembre 2005, n. 286, “Disposizioni per il riassetto normativo in materia di liberalizzazione regolata dall’esercizio dell’attività di autotrasportatore”, che aveva eliminato il cd. sistema delle tariffe obbligatorie a forcella creato dalla legge 6 giugno 1974, n. 298.), che aveva eliminato dal panorama nazionale il sistema delle tariffe “a forcella”, e, successivamente, con il decreto del 2008 e le modifiche seguenti, ha fatto un passo indietro ridando vita ai costi minimi di esercizio inderogabili nel settore dell’autotrasporto di merci su strada.
Ciò ha provocato l’immediata reazione dell’Autorità antitrust nazionale che si è pronunciata in ben tre occasioni, rilevando recentemente (AGCM, AS885 Disposizioni in materia di autotrasporto del 29 novembre 2011) come la modifica introdotta dal D.L. del 13 agosto 2011 n. 138 (convertito nella Legge n. 148 del 14 settembre 2011) al comma 4 dell’art. 83 bis, che prevede che i costi minimi di esercizio siano sottoposti al parere preventivo della Consulta generale per l’autotrasporto e la logistica e che vengano pubblicati, ai fini della loro entrata in vigore, con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, “non appaiono idonee ad eliminare il rischio che l’individuazione dei costi minimi di esercizio si traduca, di fatto, nella fissazione di tariffe minime”. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha altresì evidenziato – sempre nella medesima segnalazione – come l’articolo in esame appaia in contrasto con i commi 8 e 9 dell’art. 3 della stessa legge n. 148 del 2011, i quali prevedono l’abrogazione delle norme suscettibili di creare restrizioni anticoncorrenziali all’accesso e all’esercizio di attività economiche.

Ancor più di recente l’AGCM (AGCM, AS913 Disposizioni in materia di autotrasporto del 5 marzo 2012), dopo esser venuta a conoscenza delle determinazioni adottate dall’Osservatorio sulle attività di autotrasporto e del Decreto dirigenziale, con cui il Direttore Generale per il trasporto stradale e per l’intermodalità del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha approvato i costi minimi di esercizio, ha segnalato come tali atti “risultino in contrasto con principi e disposizioni di tutela della concorrenza, a livello nazionale e comunitario, in quanto dispongono un’artificiosa fissazione di prezzi minimi”.
Tali atti, peraltro – come sottolineato dall’Autorità antitrust nazionale e ampiamente illustrato in una denuncia formale su tutti i profili riferiti circa la compatibilità comunitaria con la normativa in materia di concorrenza e di libertà di circolazione, che il nostro Studio si sta accingendo a presentare alla Commissione europea – non rappresentano uno strumento idoneo e proporzionato al fine di garantire standard qualitativi e di sicurezza nella fornitura dei servizi di autotrasporto e non rientrano, pertanto, nelle deroghe alle libertà previste dai Trattati dell’Unione europea.

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