The Judgment of the European Court of Justice (Fifth Chamber) on July 14th 2016 (requests for a preliminary ruling from the Tribunaleamministrativoregionale per la Lombardia and the Tribunaleamministrativoregionale per la Sardegna — Italy) – Joined Cases C-458 and C-67/2015 – has stated that,
“- Article 12 of Directive 2006/123/EC of the European Parliament and of the Council of December 12th 2006 on services in the internal market must be interpreted as precluding a national measure, such as that at issue in the main proceedings, which permits the automatic extension of existing authorizations of State-owned maritime and lakeside property for tourist and leisure-oriented business activities, without any selection procedure for potential candidates.
- Article 49 TFEU must be interpreted as precluding national legislation, such as that at issue in the main proceedings, which permits the automatic extension of existing concessions of State-owned property for tourist and leisure-oriented business activities, in so far as those concessions are of certain cross-border interest.
The Judgment of the European Court of Justice represents an important step for our juridical system in such a matter but we believe that something more should be done to achieve the protection of the companies through a new preliminary ruling which better clarifies to the EU Court the national contest of the companies involved in such an activity.”
Il 14 luglio 2016 la Corte di Giustizia (Quinta Sezione) ha emesso l’attesa sentenza nelle cause riunite C-458/14 e C-67/2015 aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte ai sensi dell’art 267 delTrattato sul funzionamento dell’Unione europea (nel prosieguo anche TFUE) dal Tribunale Amministrativo regionale della Lombardia e dal Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna.
La causa in Corte di Giustizia riguarda le modalità di attribuzione delle concessioni di aree demaniali e lacuali per attività turistico-ricreative; una questione che, per anni, il legislatore ha cercato di disciplinare senza mai ottenere risultati soddisfacenti.
L’Italia è stata infatti sottoposta più di una volta alla procedura di infrazione prevista dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
Una prima lettera di costituzione in mora è del 2009, allorquando la Commissione ha ritenuto l’art 37 del Codice della Navigazione (disposizione che prevedeva un diritto di preferenza a favore del concessionario uscente nell’ambito della procedura di attribuzione delle concessioni del demanio marittimo) in contrasto con l’art 49 TFUE. Contrasto che il legislatore italiano ha da una parte inizialmente abolito per poi, dall’altra, privare di ogni effetto detta eliminazione introducendo un rinnovo automatico delle concessioni di sei anni in sei anni.
Ciò ha dato vita,nel 2010, ad una nuova lettera di messa in mora della Commissione con la quale si è rappresentato allo Stato italiano come l’istituto del rinnovo automatico fosse contrario sia all’art 49 TFUE, sia all’art 12 della direttiva 2006/123 (c.d.Bolkestein).
La disposizione incriminata è stata poi abrogata, di tal che la procedura di infrazione è stata chiusa nel 2012.
Si ricorda che, nel frattempo, il legislatore ha però nuovamente inserito nell’ordinamento italiano una disposizione che prorogava automaticamente le concessioni di beni del demanio marittimo fino al 31 dicembre 2020.Disposizione che ha dato vita a diversi contenziosi.
Veniamo alla sentenza in questione. Dai giudici amministrativi, la Corte di Giustizia è stata chiamata a pronunciarsi in ordine a due quesiti.
Quanto al primo quesito: se l’art 12 della direttiva 2006/123 debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali marittime e lacuali riguardanti attività turistico-ricreative quali quelle di cui ai procedimenti principali.
Per rispondere a detta domanda, la Corte di Giustizia ha affrontato innanzitutto il tema dei presupposti di applicabilità della direttiva Bolkestein e, per quanto di nostro specifico interesse,ha affermato che l’art 12 della direttiva riguarda casi nei quali il numero delle autorizzazioni per una determinata attività siano limitate per la scarsità delle risorse naturali disponibili o le capacità tecniche utilizzabili.
Di tal che, ha stabilito che, nel caso di specie:
– si tratta senz’altro di risorse naturali essendo le aree demaniali situate, rispettivamente, sulle rive del Garda e sulle coste marittime italiane;
– spetta però al giudice nazionale verificare “se dette concessioni debbano essere oggetto di un numero limitato di autorizzazioni per via della scarsità delle risorse naturali” (pag 10 della sentenza in esame);
Inutile dire che, con detta affermazione, la Corte di Giustizia ha lasciato una ampia discrezionalità agli organi giudiziari degli Stati membri dell’Unione europea, oltre che al legislatore che, a questo punto, ha ancora una chance per tutelare i diretti interessati al tema predisponendo una legge ad hoc.
Solo se il giudice nazionale riterrà che il numero delle autorizzazioni sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali, il rilascio delle stesse dovrà essere soggetto ad una procedura di selezione caratterizzata da imparzialità e trasparenza e, quindi, da adeguata pubblicità. Con la conseguenza che, la proroga automatica delle autorizzazioni sarebbe, in tal caso, inammissibile.
L’art 12 della direttiva Bolkestein, ha stabilito la Corte di Giustizia, va infatti interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale che preveda la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico-ricreative in assenza di procedure di selezione.
A scongiurare detto orientamento non varrebbe neppure il principio del legittimo affidamento che, ha sottolineato la Corte di Giustizia, “richiede una valutazione caso per caso che consenta di dimostrare che il titolare dell’autorizzazione poteva legittimamente aspettarsi il rinnovo della propria autorizzazione e ha effettuato i relativi investimenti.” A tal proposito, hanno concluso i Giudici “Una siffatta giustificazione non può pertanto essere invocata validamente a sostegno della proroga automatica istituita dal legislatore nazionale e applicata indiscriminatamente a tutte le autorizzazioni in questione” (pag 11 della sentenza in esame).
Va inoltre segnalato che la Corte di Giustizia ha comunque aperto un altro spiraglio (oltre a quello della valutazione riservata al giudice nazionale in ordine alla scarsità o meno delle risorse) nel momento in cui ha stabilito, da una parte, che le concessioni in esame non sono concessioni di servizi (a differenza di quanto ipotizzato dai giudici del rinvio) e, dall’altra, chela direttiva 2006/123 non è applicabile “a concessioni di servizi pubblici che possano, in particolare, rientrare nell’ambito della direttiva 2014/23” (direttiva che contiene norme relative agli appalti pubblici).
Spiraglio che, anche in questo caso, potrà essere sfruttato anche a livello più locale dalle associazioni e/o dai diretti interessati che vogliano instaurare azioni legali volte a chiarire la loro posizione.
Quanto al secondo quesito: se gli articoli 49, 56 e 106 TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali marittime e lacuali riguardanti attività turistico-ricreative quali quelle di cui ai procedimenti principali.
La Corte di Giustizia ha premesso che il quesito si pone solo qualora l’art 12 della direttiva 2006/123 non sia applicabile ai procedimenti principali, applicabilità che sarà compito dei giudici nazionale verificare.
Ciò detto, ha ricordato come le situazioni di cui ai procedimenti principali,secondo la descrizione fornita alla Corte dai giudici nazionali, rientrino nell’ambito dell’art 49 TFUE.
Infatti, qualora le autorità pubbliche non ritengano dicollocare tali situazioni nell’ambito di applicazione delle direttive relative alle diverse categorie di appalti pubblici, saranno tenute a rispettare le regole del TFUE, in particolare il principio di non discriminazione.
A tal proposito, la Corte di Giustizia ha peraltro richiamato l’esigenza di riscontrareun “interesse transfrontaliero certo” (pag 12 della sentenza in esame). Interesse che non è stata in grado di valutare (per mancanza di elementi forniti dal giudice del rinvio) nella causa C-67/15 tanto da dichiarare la questione irricevibile e che, invece,ha riconosciuto esistere con riferimento alla causa C-458/14 per la quale ha quindi accertatoil verificarsi di una disparità di trattamento rilevante e, pertanto,vietata dall’art 49 TFUE.
Quanto poi alla tesi secondo la quale le proroghe automatiche della normativa nazionale hanno mirato a consentire ai concessionari di ammortizzare i loro investimenti (principio del legittimo affidamento), la Corte ha affermato che la disparità di trattamento attuata “può essere giustificata da motivi imperativi di interesse generale, in particolare dalla necessità di rispettare il principio della certezza del diritto”. Principio che sussiste, per esempio, per una concessione del 1984 (quando non era stato ancora dichiarato che i contratti con interesse transfrontaliero certo erano soggetti agli obblighi di trasparenza), caso nel quale sarà lecito consentire un periodo transitorio di adeguamento.
Per concludere, l’art 49 TFUE va interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale che preveda la proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività turistico-ricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo.
Ciò premesso, è evidente che il legislatore da una parte e i soggetti interessati dall’altra potranno e dovranno in questi mesi lavorare con tutti i mezzi a loro disposizione – primi fra tutti atti legislativi ed iniziative giudiziarie – al fine di tutelare gli interessi delle tante imprese, molte delle quali familiari, che hanno dedicato tutte le loro risorse alla loro attività.
Essendo consapevoli che, già prima della sentenza della Corte di Giustizia sopra esaminata, il mondo non è più lo stesso e che detto cambiamento va vissuto attivamente al fine di volgerlo legittimamente a proprio favore.
Le azioni necessarie sono peraltro urgenti anche perché, nel frattempo, le diverse autorità locali e i giudici nazionali sono tenuti ad applicare la normativa e la giurisprudenza europea.
A tal proposito, si ricorda per esempio che, in data 14.08.2015, il Consiglio di Stato aveva emesso una ordinanza con la quale aveva rimesso alla Corte una questione pregiudiziale simile a quella oggetto delle cause riunite C-458 e C-67/2015. In data 13.10.2016, la Corte di Giustizia, preso atto della sentenza del 14.07.2016 e del fatto che il Consiglio di Stato non intendeva mantenere ferma la questione pregiudiziale proposta, ha cancellato la causa dal ruolo. A questo punto sarà il Consiglio di Stato che, in applicazione della sopra richiamata sentenza, deciderà il caso sottopostogli.
Non va poi dimenticato che, le conseguenze dell’applicazione della normativa e della giurisprudenza sopra richiamata sono rilevanti non solo sotto il profilo amministrativo(pensiamo per esempio alla revoca delle concessioni) ma anche penale, potendosi configurare in alcune ipotesi il reato di cui all’art 1161 cod. nav. Per occupazione arbitraria di area demaniale, reato che alcune Procure della Repubblica hanno già ritenuto sussistente con conseguente sequestro preventivo delle aree interessate.
Promuovere un giudizio nazionale più “mirato” che offra l’occasione di un nuovo rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia (che pare aperta a soluzioni ragionevoli), formulando quesiti che consentano di meglio inquadrare le peculiarità del settore e,alla luce di esse, chiedere l’interpretazione del pertinente diritto UE, potrebbe essere una opportunità da valutare.