En Italie, l’application de la Directive Bolkestein sur la concessions des plages a été et est toujours très difficile, au contraire la France a anticipé ses effets: les concessions des plages sont accordées suite à un enquête publique, la durée est limitée a douze ans non automatiquement renouvelable; un minimum de 80% de la surface de la plage doit rester libre de tout équipement et installation… cela sont seulement quelques modifications que le système français a conçu pour la gestion des plages en total conformité avec la normative européenne.
La Direttiva UE n. 123/2006, meglio conosciuta come Direttiva Bolkestein, si è posta l’obiettivo di eliminare gli ostacoli alla libertà di stabilimento tra i prestatori di servizi negli Stati membri e di garantire la libera circolazione dei servizi nonché la formazione di un mercato unico all’interno dell’Unione europea, attraverso una reale concorrenza nel settore delle concessioni pubbliche.
In particolare, la Direttiva Bolkestein ha dettato una specifica disciplina nel caso in cui il numero di autorizzazioni disponibili sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali (come, appunto, nel caso delle spiagge). A tal proposito, l’art. 12 stabilisce che il sistema di concessioni pubbliche deve essere caratterizzato da procedure di selezione che prevedano un’adeguata pubblicità e criteri di assegnazione trasparenti e imparziali. Inoltre, nei casi in cui la concessione venga rilasciata per una durata di tempo limitata, è vietato il rinnovo automatico della stessa.
Come è noto, la materia delle concessioni balneari in Italia è caratterizzata da un impianto normativo complesso e, conseguentemente, il recepimento della Direttiva UE n. 123/2006 ha incontrato ed incontra ancora forti resistenze.
In Italia, infatti, si contano circa 30mila concessionari di stabilimenti balneari che gestiscono oltre il 60% delle coste, e per tale ragione il Paese è stato più volte sottoposto alla procedura di infrazione prevista dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea:
- nel 2009, poiché l’art. 37 del Codice della Navigazione – che prevedeva il diritto di prelazione a favore del concessionario uscente nell’ambito della procedura di attribuzione delle concessioni del demanio marittimo – è stato ritenuto in contrasto con l’art. 49 TFUE;
- nel 2010, poiché il rinnovo automatico delle concessioni italiano, è stato a sua volta ritenuto in contrasto con l’art. 49 TFUE e con l’art. 12 della Direttiva. Sul punto, nel 2016, è intervenuta anche la Corte di Giustizia che ha stabilito non conforme alle norme del diritto dell’Unione europea una normativa nazionale contenente la proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche per le attività turistiche.
Ma la storia si ripete poiché il Governo, con la Legge di Bilancio 2019, ha concesso una nuova proroga delle concessioni di ulteriori 15 anni a beneficio degli attuali stabilimenti balneari.
Alla luce del contesto sopra delineato, sorge spontanea una domanda: tali resistenze all’applicazione della Direttiva Bolkestein esistono anche in altri Paesi dell’Unione europea?
Esaminiamo il caso della Francia dove, senza essere esperti di diritto, è sufficiente frequentare le coste per notare come le spiagge siano libere da ombrelloni e stabilimenti balneari.
Nell’ordinamento francese il demanio marittimo è regolato dal Code général de la propriété des personnes publiques (CGPPP). Il principio cardine di tale sistema è che le concessioni devono essere compatibili con l’accesso libero, e gratuito, alle spiagge e devono rispettare il litorale, l’ambiente e le risorse naturali. Pertanto, le spiagge possono essere concesse a terzi solo nei modi previsti dalla legge e, in ogni caso, è d’obbligo preservare la libera circolazione e l’uso del litorale da parte del pubblico per un’area di ampiezza significativa lungo tutta la riva del mare.
Nel dettaglio, la disciplina della concessione delle spiagge è stata rinnovata dal Décret n. 2006-608 del 26 maggio 2006, approvato lo stesso anno della Direttiva Bolkestein e che, in un certo senso, ne ha addirittura anticipato gli effetti.
A tal proposito, l’assegnazione delle concessioni balneari in Francia è regolata dal meccanismo della gara pubblica (enquête publique), tipico strumento che mira ad informare la collettività nel momento in cui si intendono realizzare infrastrutture o progetti che potrebbero intaccare l’ambiente e/o la salute pubblica. Nel Décret si specifica, inoltre, che durante l’assegnazione delle concessioni viene data priorità ai comuni e, in caso di rifiuto del diritto di prelazione, si apre la possibilità per altre persone giuridiche, sia pubbliche, sia private, di partecipare alla gara.
Una delle maggiori novità presenti nel Décret del 2006, è la previsione di un limite massimo di occupazione del litorale tramite concessione. Infatti, in totale continuità con il principio dell’accesso libero e gratuito alle spiagge, l’articolo 2 del Décret ha stabilito che un minimo dell’80% dell’area demaniale deve restare libera da ogni tipo di installazione e, in caso di spiaggia artificiale, tale limite non può essere inferiore al 50%. Sempre in un’ottica di forte tutela ambientale, sono consentite esclusivamente strutture amovibili o trasportabili sul suolo, che permettano alla fine del rapporto concessorio di riportare la spiaggia allo stato iniziale e le spiagge devono restare libere da ogni tipo di struttura per un periodo che può andare sino a sei mesi.
Tali novità hanno causato numerose proteste, anche di attori hollywoodiani come Robert De Niro, assidui frequentatori delle spiagge della Costa Azzurra, sicuramente le “più italiane tra le spiagge francesi” a causa dell’elevato numero di stabilimenti balneari.
Quanto alla durata, l’articolo 1 prevede che le concessioni non debbano superare i 12 anni e vadano rinnovate al loro termine, periodo abbastanza breve rispetto a quello delle concessioni in altri Stati UE.
Alla luce di tale breve quadro risulta evidente come la Francia, per ragioni di tutela ambientale, ponga particolare attenzione alla conservazione dei beni demaniali, in totale conformità ai principi sanciti dal diritto comunitario.
In Italia la questione è ancora ferma a un quadro pre Direttiva, a causa sia della scarsa volontà da parte dei vari schieramenti politici di affrontare la questione sia di una storica “freddezza” verso le liberalizzazioni dei servizi.
Elodie Morino