Article 18 of the Italian port law specified – since 1994 – that the award of concessions in a maritime port should be regulated by a Ministerial decree.
Finally, in a few days, we will be able to read this essential decree which will receive the final approval this month.
L’art. 18 della legge 84/94 è, come noto, una norma centrale nel sistema portuale in quanto regolamenta le modalità di concessione delle aree demaniali.
La norma prevede infatti che l’Autorità Portuale possa dare “in concessione le aree demaniali e le banchine comprese nell’ambito portuale alle imprese di cui all’art. 16, comma 3, per l’espletamento delle operazioni portuali,..” precisando che tali concessioni sono affidate “sulla base di idonee forme di pubblicità, stabilite dal Ministro dei Trasporti e della Navigazione, di concerto con il Ministro delle Finanze, con proprio decreto”.
Con il medesimo decreto (che avrebbe dovuto essere, cfr. comma 3, espressamente conforme “alle normative comunitarie”) si sarebbe dovuto anche chiarire:
– la durata della concessione, i poteri di vigilanza e controllo delle Autorità, le modalità di rinnovo della concessione ovvero di cessione degli impianti a nuovo concessionario;
– i limiti minimi dei canoni che i concessionari sono tenuti a versare.
– i criteri cui devono attenersi le Autorità nel rilascio delle concessioni al fine di riservare nell’ambito portuale spazi operativi allo svolgimento delle operazioni portuali da parte di altre imprese non concessionarie.
Forse a 22 anni di distanza il decreto vedrà finalmente la luce.
Ma perché tanto ritardo?
Perché il legislatore ha abdicato alla sua potestà legislativa delegando al potere giudiziario il difficile onere di vagliare nelle già oberate aule di giustizia la correttezza dei procedimenti amministrativi? Forse non abbiamo bisogno di regole chiare in questo delicato e rilevante campo?
Andiamo per gradi.
Nonostante sia noto a tutti che l’Unione europea dipende in misura notevole dai porti marittimi (“Il 74% delle merci importate ed esportate ed il 37% degli scambi all’interno dell’unione transitano dai porti marittimi“, dato contenuto nella Comunicazione della Commissione 23.5.2013 “Porti un motore per la crescita”) e che soprattutto l’Italia dispone di un bene pubblico prezioso e non correttamente sfruttato come il demanio marittimo, in questi anni si sono succeduti interventi di natura legislativa che hanno solo in parte tentato di colmare le evidenti carenze sul tema collegato all’articolo 18 della legge portuale.
Nel 2007, ad esempio, la Commissione europea (Comunicazione sulla politica europea dei porti) ha iniziato concretamente a tentare di far sviluppare il potenziale dei porti europei indicando le principali sfide che il settore si trovava ad affrontare. Nel libro bianco del 2011 è stata sottolineata in particolare l’esigenza di riesaminare le restrizioni alla fornitura di servizi portuali, che devono essere efficienti ed affidabili, e migliorare la trasparenza in materia di finanziamento dei porti, chiarendo la destinazione dei fondi pubblici alle differenti attività portuali, con l’obiettivo di evitare distorsioni della concorrenza.
Nella citata comunicazione del 2013, la Commissione ha infine chiarito più nel dettaglio che la sua strategia era tesa, in particolare, alla modernizzazione dei servizi portuali, concentrandosi quindi principalmente sulla necessità di consentire un accesso equo al mercato.
In particolare, ivi, per quanto ci interessa, la Commissione pecisava:
“azione 3 – Per le concessioni di terminale per i servizi passeggeri di trasporto merci la Commissione garantirà che le direttive orizzontali sulle concessioni e gli appalti pubblici siano applicate in modo efficace. Tali direttive dovrebbero coprire una parte delle disposizioni contrattuali esistenti tra le autorità portuali e i fornitori di servizi portuali e portare una procedura competitiva e trasparente per l’aggiudicazione dei servizi portuali.
Per i contratti che non rientrano nelle direttive sulle concessioni e sugli appalti pubblici, l’eventuale violazione dei principi sanciti dai trattati, che stabiliscono procedure trasparenti e trattamenti, in base all’interpretazione della corte di giustizia europea, saranno perseguite dalla commissione caso per caso. […]”.
Alla luce della stessa valutazione della Commissione, la normativa comunitaria costituisce quantomeno già un faro che guida le Autorità Portuali (e gli operatori) nella difficile istruttoria che conduce alla assegnazione delle concessioni.
Dal punto di vista nazionale, per giustificare il ritardo del legislatore italiano, si può lecitamente affermare (tesi suffragata peraltro dalla rilevante giurisprudenza amministrativa) che la disciplina delle concessioni nazionali, anche in assenza del decreto previsto nella legge portuale ed atteso sin dal 1994, può e deve comunque soggiacere alle chiare regole ed ai principi dettati dal Trattato e, quindi tra essi, non discriminazione, proporzionalità, pubblicità e trasparenza.
Ma senza dettagliate regole scritte, trattandosi di principi, il largo spazio dato all’interpretazione gioca un ruolo decisivo che mina il desiderio di certezza degli operatori che si scontrano con le diverse realtà e prassi dei numerosi porti italiani.
Ci auguriamo che nei prossimi giorni i terminalisti possano finalmente avere una risposta alle loro legittime e risalenti richieste di chiarezza.
È noto agli esperti del settore che a breve verrà infatti pubblicato il tanto atteso decreto interministeriale (al vaglio del Consiglio di Stato) che viene annunciato come un provvedimento completamente in linea con gli insegnamenti di Bruxelles (da cui, peraltro, avrebbe già ricevuto il via libera).
Ed invero, nel rispetto dei principi sopra richiamati, per l’ottenimento delle concessioni, le procedure ad evidenza pubblica risulteranno le sole percorribili; anche in caso di presentazione di istanze di rinnovo, infatti, l’offerta del vecchio terminalista andrà resa pubblica per consentire ad eventuali concorrenti di presentare domande alternative.
Altro tema di rilievo è dato dalla centralità del piano d’investimento presentato dal terminalista: vi saranno verifiche più serie sull’attuazione, anche nell’ottica dell’efficienza nell’uso delle preziose infrastrutture portuali.
Sempre per garantire l’efficienza e la continuità operativa, in caso di avvicendamento tra vecchio e nuovo concessionario, l’amministrazione pubblica dovrà gestire la transizione ed anche prevedere che i beni/mezzi dell’operatore uscente possano essere acquistati dal nuovo concessionario.
Si tenderà poi, molto probabilmente, a ridurre la durata delle concessioni. La verifica delle domande di concessione per un periodo superiore ai 25 anni dovrebbe esser anche vagliata dal Ministero dei Trasporti.
Per i doverosi approfondimenti, non ci resta che attendere qualche settimana.