An upcoming ruling by the Court of Justice of Luxembourg on the nature and mandatory nature of the preliminary reference for interpretation of EU law by national Courts of last instance (Article 267 TFEU).
Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE da parte dei Giudici degli Stati membri, previsto dall’art. 267 del Trattato sul Funzionamento della UE (TFUE), allorchè debba essere interpretata una norma euro unitaria rilevante ai fini della decisione del caso nazionale, costituisce da decenni un punto centrale del dibattito dottrinario e giurisprudenziale.
In tale ambito riveste particolare peso il c.3 di tale articolo che prevede l’obbligatorietà di tale rinvio pregiudiziale interpretativo per i Giudici nazionali di ultima istanza (quelli “avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno”).
Su taluni aspetti di straordinaria rilevanza in relazione a questo tema, è di imminente uscita una Sentenza della Corte UE (in causa C-497/20), che darà risposta ai quesiti posti dalla nostra Corte di Cassazione Sez.Unite Civili con Ordinanza del 7/7/2020.
Prima di entrare nel dettaglio di questo importantissimo caso, voglio schematizzare alcune nozioni preliminari/generali ad oggi “scontate” (anche se non per tutti) in materia di rinvio pregiudiziale interpretativo:
- non è un mezzo difensivo,
- e’ rilevabile d’ufficio in qualunque stato e grado del giudizio nazionale,
- garantisce la riserva di interpretazione del diritto UE da parte della Corte di Giustizia al fine di assicurarne l’unitarietà vincolante per i Giudici nazionali (vedi il recentissimo caso Polonia),
- e’ un diritto/dovere dei Giudici nazionali in tutti i casi in cui l’interpretazione possa avere una qualunque rilevanza ai fini della decisione del giudizio a quo (vedi giurisprudenza conforme a partire dal caso Cilfit C-283/81),
- la prognosi del Giudice nazionale non ha nulla a che fare col criterio del “più probabile che non” rispetto alle tesi delle parti quanto all’esito interpretativo che la Corte UE adotterà,favorevole o meno al loro auspicio. Come detto non si tratta di un mezzo difensivo ma di un ausilio a decidere correttamente il caso nazionale in conformità al diritto UE. Simile, in questo senso, al rinvio in Corte Costituzionale, anch’esso d’ufficio e nel solo interesse della giustizia.
Fin dalla sentenza Kobler del settembre 2003( C-224/01) la Corte UE ha poi affermato la responsabilità extracontrattuale dello Stato nei confronti del cittadino (i) per gli errori dei propri Giudici nell’applicazione del diritto UE e (ii) per mancato rispetto dell’obbligo di rinvio pregiudiziale.
Resta il fatto che, ferma la natura d’ufficio del rinvio pregiudiziale, ove la questione sia sollevata da una parte del giudizio nazionale, il Giudice ha l’obbligo stringente di motivare il diniego. Ed infatti l’ omesso rinvio viola:
- sia il diritto UE, dando luogo a responsabilità dello Stato in sé (an) e con riferimento all’entità del danno (quantum) . Tale ultimo aspetto è ben chiarito dalla “saga Fall. Traghetti del Mediterraneo c. Italia” ove:
- C-173/03 Sent. 13/6/06 chiarisce la violazione dell’an e le sue conseguenze
- C-140/09 Sent.10/6/10 chiarisce il quantum e le sue conseguenze
- Vi è poi Commissione c.Italia C-379/10 Sent. 24/11/11 sulla limitazione di responsabilità ai soli casi di dolo e colpa grave previsti dalla L.117/88
- Da ultimo, rappresenta un excursus sull’intero caso, la Sentenza 23/1/19 C-383/17, Presidenza Cons.Ministri c. Fall. Traghetti Mediterraneo,
- sia l’art 6 par.1 Cedu, si vedano le Sentenze Corte Edu Verganwen c.Belgio n.4832/04 del 10/4/12 (par. 89/90) e Dhabi c.Italia n.17120/09 dell’8/4/14 (par.31/34)
Ciò detto,la citata Ordinanza di rinvio pregiudiziale alla Corte UE emessa dalla Corte di Cass. Sez. Unite Civili n. 19598,attiene quesiti interpretativi riguardanti la compatibilità col diritto UE di un sistema nazionale che limiti il ricorso in Cassazione con riferimento alla possibile violazione del diritto euro unitario da parte del Consiglio di Stato (e le conseguenze sul perimetro del controllo da parte della Cassazione sul rispetto della giurisdizione) ove quest’ultimo :
- si attribuisca una competenza interpretativa che non ha in materia di diritto UE applicando ad esso prassi interpretative nazionali che si pongono in potenziale conflitto con sentenze della Corte UE,
- neghi così alla Corte UE di esercitare la propria competenza interpretativa esclusiva sul diritto UE,
- ometta “immotivatamente” di interrogare la Corte del Lussemburgo su questioni attinenti l’interpretazione del diritto UE.
Il caso riguarda un bando di gara della Azienda USL Valle d’Aosta ed il ricorso di Ranstad Italia spa. Soccombente in primo (TAR) e secondo grado (Consiglio di Stato), Ranstad ricorre in Cassazione Sez.Unite Civili proponendo il tema annoso relativo ai limiti del ricorso in Cassazione avverso le Sentenze del Consiglio di Stato, chiedendosi se la violazione del diritto UE, che aveva lamentato invano davanti al massimo Giudice amministrativo, attenga il profilo della giurisdizione.
Come noto infatti, il Consiglio di Stato, è l’organo di ultimo grado della giurisdizione amministrativa e contro le sue sentenze non è ammesso il ricorso in Cassazione per vizi di diritto in generale (così come invece è previsto nelle giurisdizioni civile e penale).
Vi è una sola ipotesi in cui il ricorso in Cassazione è ammesso ed è quella tassativamente prevista dall’art.111 c.8 della Costituzione il quale dispone che le sentenze del Consiglio di Stato sono ricorribili alle Sez. Unite “per i soli motivi inerenti la giurisdizione”.
La questione era già stata oggetto di contrasti tra i Giudici nazionali ed anche di una pronuncia della Corte Costituzionale (sent. n. 6/2018). Non è infatti definito con chiarezza il perimetro di un vizio di diritto inerente o meno “la giurisdizione”, ed è rimasto pertanto aperto il dibattito giurisprudenziale italiano su quale sia l’esatto limite che la Costituzione pone alla ricorribilità delle sentenze del Consiglio di Stato.
Il tema, oltre alla indubbia rilevanza interna, può avere un fondamentale effetto sul piano del diritto euro unitario e sulla risarcibilità dei danni da parte dello Stato per la responsabilità dei suoi Giudici che, ignorando il diritto UE e/o omettendo immotivatamente di chiederne l’interpretazione alla Corte di Giustizia, abbiano causato un danno al cittadino.
Soprattutto nei casi in cui il rinvio pregiudiziale interpretativo sia imposto ad un Giudice nazionale di ultima istanza così come l’art.267 c.3 TFUE prevede.
Questo è il complesso problema che si è posto il Tribunale Civile di Roma in un caso di grande rilevanza economica che riguarda un’impresa nostra primaria cliente.
Tale impresa infatti, esclusa da un importantissimo appalto, aveva ricorso in sede amministrativa lamentando gravi e rilevanti violazioni del diritto UE. Il TAR Lazio ed il Consiglio di Stato, soprattutto, avevano dato torto all’impresa ed avevano totalmente travisato il diritto UE di cui il Consiglio di Stato, a ciò obbligato nella sua qualità di giudice amministrativo di ultima istanza, non aveva ritenuto di chiedere la corretta interpretazione alla Corte UE.
Per tale motivo il nostro studio iniziava una causa civile contro lo Stato italiano per la responsabilità dei suoi giudici ( L. n. 117/88 e succ. modifiche), chiedendo un risarcimento proporzionato all’errore commesso ed all’ingentissimo danno derivato.
Non entro nel merito di questa complessa vertenza se non per quanto attiene il tema qui descritto.
Il Tribunale civile di Roma, infatti, alla luce del rinvio pregiudiziale interpretativo disposto dalla Cassazione Sez.Unite Civili nel 2020, si è posto sostanzialmente il dubbio se la Corte di Giustizia potrà in qualche modo affermare che il Consiglio di Stato non abbia natura di organo giurisdizionale di ultima istanza. E ciò nell’ipotesi in cui la Corte UE statuisse che le sentenze rese dal Consiglio di Stato sono ricorribili in Cassazione e che quest’ultima è legittimata a censurarne gli eventuali vizi di diritto euro unitario e la loro rilevanza nel giudizio nazionale, imponendo il rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte del Lussemburgo che il Consiglio di Stato abbia colpevolmente/erroneamente/immotivatamente omesso.
La conseguenza sarebbe rilevantissima e potenzialmente “fatale”. In tale ipotesi infatti,secondo il Tribunale Civile di Roma, potrebbe ritenersi che:
- il Consiglio di Stato, non essendo Giudice di ultima istanza, non era obbligato al rinvio pregiudiziale,
- l’impresa, dopo la sentenza del massimo giudice amministrativo e prima di iniziare la causa civile per i danni, avrebbe dovuto presentare ricorso in Cassazione.
Osservo che, in realtà, il dubbio che il Tribunale Civile di Roma si è posto, e che lo ha indotto a rinviare ogni decisione successivamente alla sentenza europea (imminente) , non è fondato.
La stessa Corte di Giustizia ha infatti avuto occasione in precedenti sentenze di dare per scontato che il Consiglio di Stato è Giudice di ultima istanza della giurisdizione amministrativa (per tutte Consiglio Nazionale Geologi in causa C-136/2012).
E’ altresì scontato (i)che, anche ove venisse ampliato il perimetro della ricorribilità in Cassazione, tale perimetro resterebbe comunque nell’ambito del vizio di giurisdizione e non si estenderebbe mai al generale vizio di diritto (stante, tra l’altro, il letterale disposto Costituzionale) e (ii) che la Cassazione (che giudica a Sez. Unite in relazione ai conflitti/vizi di giurisdizione) limiterebbe la sua decisione all’affermazione o meno della giurisdizione medesima annullando se del caso la sentenza del Consiglio di Stato, con rinvio alla stessa Sezione anche in eguale composizione, e vincolandolo esclusivamente a motivare compiutamente la propria autonoma decisione in conformità al diritto UE. In poche parole solo il Consiglio di Stato potrebbe disporre il rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte UE o potrebbe anche confermare la decisione di non disporlo purchè con congrua motivazione.
Segnalo che all’udienza del 9 settembre 2021 davanti alla Corte del Lussemburgo sono state anche depositate le conclusioni dell’Avvocato Generale Gerard Hogan il quale ha escluso ogni violazione del diritto UE ove l’ordinamento nazionale non preveda l’impugnazione alle Sezioni Unite della Cassazione delle sentenze del Consiglio di Stato che violino il diritto UE, male interpretando il medesimo secondo prassi elaborate dalla giurisprudenza nazionali in contrasto con quella UE e/o omettendo immotivatamente un rinvio pregiudiziale alla Corte UE.
Precisa infatti l’Avvocato Generale Hogan che, specie alla luce dell’art. 47 della Carta (“diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale”), ciò che conta è che un ordinamento nazionale garantisca al cittadino il risarcimento del danno patito dalla violazione del diritto UE imputabile alla decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado di uno Stato membro evitando meccanismi processuali che impongano mezzi di ricorso interni estenuanti e tali da eludere la stessa nozione di giudice di ultima istanza obbligato al rinvio pregiudiziale.
Attendiamo la sentenza della Corte UE che, non ho dubbi, eviterà di aprire spiragli che possano eludere l’applicazione del diritto UE e l’aspettativa concreta di cittadini ed imprese ad essere risarciti per i danni derivati da decisioni giudiziarie rese in violazione di tale diritto anche nei casi in cui, come ricorda Hogan, richiamando l’art.47 della Carta invitando a leggere, alla luce di esso, “con nuovi occhi” la storica giurisprudenza Francovich (C-6/90 e C-9/90), l’errore del Giudice nazionale non sia “manifesto e grave” ma solo frutto di negligenza o ignoranza “sufficientemente caratterizzata” .