Law 122/2016 realizes only in part the dispositions of the “Council Directive 2004/80/EC of 9 April 2004 relating to compensation to crime victims.”
The Directive 2004/80/EC sets up a system of cooperation to facilitate access to a compensation for the victims of crimes in cross-border situations, which should operate on the basis of the Member States’ schemes on compensation to victims of violent intentional crime, committed in their respective territories.
Law 122/2016 represents another important step for our juridical system but more could be done to realize the dispositions of the Directive 2004/80/EC.
Lo Stato italiano è in grado di proteggere chi si trova sul suo territorio?
Oggi la risposta è fondamentale in quanto, se non lo fa, viene sanzionato e obbligato a farsi carico dei danni subiti dalle vittime di reato intenzionale violento.
Punto di partenza è la “DIRETTIVA 2004/80/CE DEL CONSIGLIO del 29.04.2004 relativa all’indennizzo delle vittime di reato” che, in estrema sintesi, prevede che, qualora la vittima di un reato intenzionale violento non venga risarcita del danno subito in quanto l’autore è insolvente o è ignoto, essa potrà beneficiare di un indennizzo equo ed adeguato da parte dello Stato nel cui territorio il reatoè stato commesso.
A tal fine, ogni Stato dovrà dotarsi di un meccanismo di indennizzo e dovrà essere garantito un sistema di cooperazione fra gli Stati membri. Ciò in quanto “Le vittime di reato nell’Unione europea dovrebbero avere il diritto di ottenere un indennizzo equo e adeguato per le lesioni subite, indipendentemente dal luogo della Comunità europea in cui il reato è stato commesso” (considerando 6 della direttiva).
L’Italia non ha dato attuazione alla direttiva in questione nei termini previsti (art 18 della direttiva: 1/1/2006 salvo che per l’art 12 paragrafo 2 per il quale la data era stata fissata per l’1/7/2005).
La Commissione UE ha quindi aperto una procedura di infrazione in esito alla quale la Corte di Giustiziaha condannato l’Italia con sentenza del 29/11/2007 (causa C-112/07).
Si ricorda anche che, alla vigilia della sentenza della Corte UE sopra menzionata, l’Italia aveva provato a dare attuazione alla direttiva con Decreto legislativo 9/11/2007 n. 204. Tale decreto, tuttavia, non costituiva assolutamente una fedele attuazione della stessa in quanto limitava i casi di indennizzo solo ad alcune tipologie di reati intenzionali violenti (ad esempio reati di matrice mafiosa).
La Commissione UE ha aperto, pertanto, una nuova procedura di infrazione per violazione della direttiva con particolare riferimento al suo articolo 12, paragrafo 2, ove è previsto che gli Stati membri devono istituire e garantire un sistema di indennizzo delle vittime per tutti i reati intenzionali violenti, anche di criminalità comune, commessi nei rispettivi territori a partire dal 30/6/2005.
L’11.10.2016 è arrivata la sentenza della Grande Sezione della Corte di Giustizia (causa C-601/14)che ha accoltole tesi della Commissione europeaoltre che le conclusioni che l’Avvocato generale Yves Bot aveva presentato all’udienza del 12/4/2016.
I principi che emergono da detta sentenza sono sostanzialmente i seguenti:
- nel caso in cui l’autore del reato sia sconosciuto o insolvente, gli Stati membri debbono prevedere un indennizzo “equo ed adeguato” (punto 45 della sentenza) da parte di un fondo speciale e, ai fini di garantire un diritto effettivo alla libera circolazione delle persone, ciascuno Stato membro è obbligato a dotarsi di un tale sistema di indennizzo delle vittime per ogni reato intenzionale violento commesso sul proprio territorio;
- le vittime di tutti i reati intenzionali violenti debbono poter beneficiare del sistema di indennizzo e uno Stato membro non può scegliere, tra i reati intenzionali violenti previsti dal suo ordinamento penale, quelli che possono dare diritto atale indennizzo (punto 46 della motivazione). Ciò, infatti, rappresenterebbe un elusione dell’effetto utile della direttiva e del suo articolo 12, paragrafo 2;
- non avendo la Corte UE posto alcun limite alla retroattività della propria decisione, deve intendersi che gli effetti di questa storica sentenza hanno natura retroattiva a partire dalla data in cui la direttiva doveva essere attuata.
Detto in termini molto semplici, ciò significa che chiunque abbia subito negli ultimi 10 anni circa le conseguenze dannose di un reato intenzionale violento e non abbia avuto ristoro per l’insolvibilità dell’autore del reato o perché tale autore è rimasto ignoto, ha la possibilità di adire la giurisdizione civile italiana per ottenere la soddisfazione del proprio diritto secondo le regole stabilite dalla Corte di Giustizia con la sua sentenza dell’11/10/2016.
Sappiamo anche che, poco prima della sentenza della Corte, è entrata in vigore la Legge n. 122/2016che pretenderebbe di costituire corretta attuazione della direttiva 2004/80.
In realtà, anche questa volta, l’Italia parrebbe non avere rispettato appieno i criteri della direttiva. Infatti:
- non si prevede un meccanismo finanziario idoneo a garantire un indennizzo equo ed adeguato (viene utilizzato il fondo per la solidarietà alle vittime reati di stampo mafioso, estorsione ed usura);
- non si prevede la retroattività delle misure che la legge dispone;
- si statuisce (articolo 12, comma 1, lettera a) che la vittima sia titolare di un reddito annuo risultante dall’ultima dichiarazione dei redditi che non sia superiore a quello previsto per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato;
- l’indennizzo viene corrisposto per spese mediche salvo che per alcuni reati (violenza sessuale e omicidio – art 11 comma 1);
- quanto ai reati intenzionali violenti, si parla di reati dolosi con violenza alla persona (compreso il “nuovo” reato di cui all’art 603 bis cp) salvo lesioni e percosse a meno che non ricorrano le aggravanti del 583 cp.
Tutti i punti sono estremamente critici e aprono la strada a nuovi interventi in sede europea.
In ogni caso, deve prendersi atto che stiamo assistendo ad una vera e propria evoluzione in quanto va affermandosi il principio che lo Stato ha l’obbligo di proteggere coloro che si trovano sul proprio territorio e che, se non ci riesce, deve farsene carico riconoscendo a chi è vittima di un reato intenzionale violento una indennità equa ed adeguata.