The “dialogue” between the Italian Corte Costituzionale and the EU Court of Justice.
On April 10th a brand new question has been discussed in front of the Corte Costituzionale: the matter regarded the opportunity/possibility of the Court itself to ask, in an interlocutory judgement, a preliminary ruling to the EU Court of Justice in case the interpretation of the EU legislation is required.
Il 10 aprile u.s. è stato da me discusso davanti alla Corte Costituzionale (in collegio difensivo con Avv. Damonte, Prof.ssa Sandulli e Prof. Luciani) un interessantissimo ed innovativo profilo di diritto che tocca il delicato tema dei rapporti e del “dialogo” tra Corte Costituzionale e Corte di Giustizia UE nel caso in cui si ponga l’esigenza di interpretazione di norme del diritto UE che, come è noto, spetta alla Corte del Lussemburgo. Il tema, assolutamente inedito, su cui si attende la pronuncia della Corte Costituzionale (la decisione è in riserva e non è ancora nota nel momento in cui questa nota viene scritta) è dunque quello relativo all’obbligo/facoltà che, anche in un giudizio incidentale di costituzionalità, la Corte Costituzionale ritenga (o meno) sussistere per Lei medesima tale obbligo/facoltà di disporre un rinvio pregiudiziale ex art.267 TFUE alla Corte UE ove si ponga la necessità di interpretare norme di diritto UE, essendo tale interpretazione tassativamente riservata ai Giudici del Lussemburgo.
Il giudizio di costituzionalità traeva origine da una vertenza instaurata davanti al TAR Lazio che aveva respinto la richiesta di rinvio alla Corte UE ed aveva, al contrario, ritenuto di sottoporre la normativa nazionale contestata al vaglio di costituzionalità per ipotizzata violazione degli artt. 3 e 41 Cost.
Il collegio difensivo, fra gli altri argomenti trattati nel giudizio di costituzionalità, ha quindi sottoposto e illustrato, anche in sede di discussione orale davanti al massimo Giudice delle leggi , il profilo di incompatibilità col diritto UE della normativa nazionale rilevante, richiedendo che la stessa Corte Costituzionale valuti la propria competenza a disporre un rinvio pregiudiziale alla Corte UE e formulando opportuni quesiti interpretativi sulle norme pertinenti del prevalente diritto dell’Unione.
Ciò premesso, la questione di merito, piuttosto complessa, concerne il divieto assoluto che la normativa nazionale vigente pone alle Società di certificazione di svolgere l’attività di “attestazione”, di natura meramente formale, dell’esistenza dei requisiti richiesti e, appunto, certificati previa adeguata valutazione di merito, a favore di soggetti che intendano partecipare ad appalti pubblici di lavori. Tale attività di “attestazione” è riservata in Italia a specifici organismi di diritto privato denominati SOA (Società Organismi di Attestazione) nel presupposto che lo svolgimento di entrambe le attività (certificazione e attestazione) da parte di un medesimo organismo, possa configgere con l’imparzialità e possa dar luogo a conflitto di interessi.
Inutile dire che detto argomento è del tutto opinabile e che, fra l’altro, negli altri paesi UE una tale “riserva”a beneficio di organismi che svolgano esclusivamente l’attività di “attestazione” non è prevista. Ma non intendo qui entrare nel merito di questa complessa questione, desiderando, come detto, porre l’accento sullo specifico e strategico punto relativo al rapporto fra Corte Costituzionale e Corte UE.
Premesso che le norme UE di cui si chiede l’interpretazione da parte della Corte di Giustizia sono la direttiva 2004/18/CE (sull’aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi) con particolare riferimento all’art.52, gli artt. 49 (stabilimento) e 56 (prest.servizi) TFUE, la direttiva 2006/123/CE (servizi) nonché i principi di necessità, proporzionalità ed effetto utile, alla Corte Costituzionale è stato sottoposto il seguente schema di ragionamento:
1. Le norme nazionali di cui si paventa l’incompatibilità comunitaria sono l’art.66.1 del DPR 207/2010 e l’art. 64.3 del medesimo DPR (Regolamento) che trovano , secondo l’interpretazione del TAR, la loro base normativa nell’art.40.3 del D.Lgs 163/06 (Cod.Appalti)
2. I quesiti interpretativi sono incentrati su due divieti fondamentali posti dalla normativa italiana:
a) Il divieto assoluto e generale per gli organismi di certificazione di svolgere attività di attestazione,
b) Il divieto assoluto e generale per gli organismi di certificazione di detenere partecipazioni in organismi di attestazione (SOA).
3. La questione interpretativa pregiudiziale ex art.267 TFUE era già stata proposta al TAR , che ne dà atto nella sua ordinanza ma che non si è pronunciato affatto sul punto. Il tema è stato semplicemente ignorato ed il TAR ha invece sollevato la presente questione di costituzionalità dell’art. 40.3 del D.Lgs 163/06,in quanto base normativa delle disposizioni oggetto del giudizio nanti il TAR, con riferimento agli artt.41 e 3 Cost.
4. Venendo al punto di merito, si può convenire, non essendo affatto contestata l’esigenza di salvaguardare indipendenza e imparzialità dell’attività di attestazione, su un ragionevole divieto a che le due attività (certificazione ed attestazione) possano essere svolte dal medesimo prestatore a beneficio del medesimo soggetto. Non si ritiene invece sia ragionevole, proporzionato ed utile escludere in modo assoluto, così come oggi è, che un unico prestatore possa svolgerle entrambe a beneficio di soggetti diversi e che un organismo di certificazione non possa detenere partecipazioni in un organismo di attestazione.
5. Questo è sostanzialmente il problema che si pone sul piano della costituzionalità (trattasi di divieti irragionevoli e non proporzionati sia rispetto ai limiti che legittimamente possono darsi alla libertà di iniziativa economica privata, sia rispetto al principio di uguaglianza) come pure sul piano della compatibilità comunitaria.
6. Ritenuta la questione comunitaria rilevante e nuova, così come sviluppato negli atti scritti, nel corso dell’udienza orale sono state quindi sviluppate brevi considerazioni sul compito chela Corte Costituzionalepotrebbe decidere di attribuirsi nell’ambito del processo evolutivo già da Lei tracciato quanto al “dialogo” conla Cortedi Giustizia. Ed infatti:
a)La Corte Costituzionaleha già precisato che Essa ha competenza ad interpretare il diritto UE quando non sia necessario il rinvio alla Corte del Lussemburgo (sent. 75/2012)
b) Ha anche chiarito conla Suaord. 103/08 (che darà luogo alla sent. 216/2010) che Essa deve pronunciare rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte UE, allorché sia adìta a seguito di un ricorso in via principale dallo Stato per il vaglio di costituzionalità di una normativa regionale ritenuta incompatibile col diritto UE. In tal caso infatti il diritto UE è norma interposta atta ad integrare il parametro per la valutazione di conformità di detta normativa regionale rispetto all’art. 117.1 Cost. In caso di non conformità comunitaria, infatti, essa sarebbe incostituzionale. La valutazione UE è dunque precondizione per il vaglio di costituzionalità della normativa regionale
c) Sempre nell’ord. 103/08la Corte Cost.afferma anche, sul piano generale, che Essa è “giurisdizione nazionale coinvolta nel meccanismo del rinvio” e chiarisce, nello specifico,che nel caso in trattazione (ricorso in via principale) Essa è giudice di unica/ultima istanza legittimato (obbligato?) a proporre rinvio pregiudiziale alla Corte UE.
A differenza dei giudizi promossi in via incidentale, nei giudizi in via principalela Corte Cost.è infatti l’unico giudice chiamato a pronunciarsi sulla controversia e pertanto, ove fosse impedita al rinvio pregiudiziale, ne sarebbe irreparabilmente leso l’interesse primario alla uniforme interpretazione/applicazione del diritto UE.
d)La Corte Cost.,come noto, ha anche chiarito che il vaglio di compatibilità UE costituisce un prius logico rispetto al vaglio di costituzionalità ( ord. 415/08).
e)La Corte Cost, poi, interpreta/applica il diritto UE ove esso sia chiaro (criteri Cilfit e DaCosta) e lo ha fatto anche recentemente con la sent. 28/10 ove, in un giudizio incidentale, ha escluso il rinvio pregiudiziale alla Corte UE non già per una propria ritenuta incompetenza a farlo, ma solo perché la norma UE era di interpretazione evidente in quanto, essendo stata già chiarita dalla Corte di Giustizia, non potevano sussistere dubbi interpretativi di sorta.
7. Solo per completezza si sottolinea la forza dell’obbligo di rinvio pregiudiziale e le gravi responsabilità che ne discendono (come chiarite dalle sentenze dalla Corte UE Traghetti del Mediterraneo e Commissione contro Italia, derivata dalla prima) e si ricorda che, recentemente, tale preoccupazione ha condotto ad un rinvio pregiudiziale alla Corte UE da parte del Consiglio di Stato con ord. 13 marzo 2012 ,oggi in Corte rubricata C-136/2012, incentrato proprio sul contenuto dell’obbligo di rinvio e sulle responsabilità che ne conseguono.
8. Tornando al punto e concludendo, in questo casola Corte Cost.
-potrà “suggerire” al TAR remittente di rivolgersi alla Corte UE ben sapendo, tuttavia, che il TAR non è giudice di ultima istanza, non è obbligato al rinvio e, fra l’altro, non lo ha neppure preso in considerazione nonostante tale esigenza gli sia stata rappresentata, oppure
-potrà farlo Lei stessa per garantire la più “piena ed immediata” attuazione del diritto UE ( casi Simmenthal e Factortame ) tenuto anche conto della natura non auto applicativa di talune delle norme UE qui invocate
-Ove poi, nella fattispecie, trattandosi di giudizio incidentale,la Corterilevasse che Essa non è giudice di unica/ultima istanza obbligato al rinvio, nulla sembrerebbe impedirLe di disporre un rinvio “facoltativo” che qualunque “giurisdizione nazionale”, qualela Corteha affermato di essere, può effettuare ove lo reputi “necessario” per pronunciarela Suadecisione.
Questi i temi su cui si attende la pronuncia, non senza sottolineare che, come è stato autorevolmente scritto dal Prof.Tesauro, fra le due Corti , oggi,“il dialogo a distanza non è sufficiente”.
Credo che questa possa essere l’occasione corretta ed utile per un ulteriore, ragionevole impulso al processo di cooperazione nell’indipendenza dei ruoli, riaffermando, almeno nel campo del diritto, quel primato dei valori europei , purtroppo appannati in altri settori, che i massimi giudici hanno progressivamente ed esemplarmente saputo promuovere e gradualmente consolidare.