The recently introduced negotiation procedure, called “negoziazione assistita” (Decreto Legge n. 132/2014) offers to the meticulous Attorney the opportunity to safeguard the interests of his Clients.
Da alcuni anni a questa parte, stiamo assistendo ad una serie di tentativi da parte del Legislatore di introdurre strumenti di giustizia “alternativi” al “classico” ricorso agli organi giurisdizionali, allo scopo di deflazionare il numero di procedimenti giudiziari e di tentare di rimediare al cospicuo “arretrato” di processi ormai risalenti.
Ad esempio, si pensi al grande favor, nel passato, per il ricorso alle procedure di arbitrato/arbitraggio in tutte le sue forme (pur se non sempre valorizzate come, invece, meriterebbero), nonché alla recente introduzione di sistemi privatizzati di negoziazione/mediazione pre-contenziosi.
Come in tutti i settori, anche in ambito giudiziario non tutte le iniziative del Legislatore hanno avuto il successo prefigurato.
Invero, gli strumenti di risoluzione stragiudiziale alle controversie sono stati spesso visti con sospetto – a volte non a torto, in quanto frutto di normative poco chiare e, soprattutto, troppo farraginose le quali hanno avuto la ovvia conseguenza di appesantire ulteriormente gli sforzi, anche in termini di costi e tempistiche, necessari per ottenere giustizia.
E così, nonostante alcuni “passaggi a vuoto” che hanno condotto all’introduzione di strumenti con risvolti pratici pressoché nulli (si pensi al c.d. “filtro in appello”, di fatto ancora disapplicato in molte Corti territoriali), lo sforzo compiuto pare particolarmente apprezzabile in relazione, per esempio, all’introduzione della c.d. “negoziazione assistita”, di cui al Decreto Legge n. 132/2014, attraverso la quale è evidente il tentativo del Legislatore di introdurre un’alternativa stragiudiziale per la risoluzione delle controversie che si affianchi (ed, in alcuni casi, si sostituisca, almeno inizialmente) all’ordinario ricorso al Giudice, allo scopo di tentare di alleggerire il carico di lavoro dei Tribunali, migliorandone conseguentemente l’efficienza e la celerità.
Nella sostanza, la negoziazione assistita consiste in un accordo con il quale le parti contrapposte in una lite convengono di cooperare in buona fede e lealtà al fine di tentare di risolvere la controversia in via amichevole.
In seguito a tale convenzione, la negoziazione si svolge senza particolari obblighi e formalità, nel senso che le Parti, assistite dai rispettivi legali, si riuniscono in una o più occasioni, nel termine da 1 a 3 mesi, tentando ciascuna di far valere le proprie ragioni, ma sempre tenendo a mente il fine ultimo di rendere possibile il raggiungimento di una intesa.
Negli ultimi mesi, questo Studio ha avuto direttamente modo di apprezzare che tale strumento, se utilizzato con la particolare forma mentis tipica di una trattativa finalizzata ad addivenire ad una transazione (quale è – o, quantomeno, quale finisce per essere nel concreto – una qualunque
negoziazione), può davvero rappresentare un’opportunità per il Cliente (e, conseguentemente, per lo stesso Avvocato) di raggiungere un risultato adeguatamente soddisfacente, senza dover fronteggiare i costi e le tempistiche di un ordinario procedimento giudiziario.
Tra i detrattori di tale “novità”, l’obiezione più comune consiste nel fatto che, nella sostanza, l’avvocato conduceva le trattative per conto del Cliente anche prima dell’introduzione della negoziazione obbligatoria e che, avendo a mente gli interessi del proprio assistito – nel senso non solo del perseguimento del risultato sperato ma anche del contenimento dei costi e del raggiungimento del traguardo con tempistiche contenute – qualunque avvocato, purché non scellerato e salve le situazioni di marchiana ragione, non avrebbe mai rifiutato, aprioristicamente, una possibile composizione bonaria della controversia.
Tali obiezioni sono corrette ma riflettono una visione miope del problema:
infatti, la differenza più consistente tra la negoziazione assistita e la “classica” trattativa tra legali consiste nel fatto che la negoziazione prevede necessariamente il confronto “diretto” tra le Parti, in “territorio franco”.
La situazione indotta da tale particolare procedura ha, quindi, il vantaggio di consentire un diretto scambio di opinioni tra le parti, senza l’azione mediata del legale, con ciò riducendo il rischio di possibili fraintendimenti, lungaggini, eccessi di formalismi ed equivoci in genere capaci di incidere negativamente sul possibile assetto definitivo dell’accordo transattivo.
In questo quadro, nei casi affrontati di recente, ci si è resi conto che, in fattispecie nelle quali la discussione tra legali era giunta ad un “punto morto”, la particolare atmosfera venutasi a creare nell’ambito degli incontri svolti nel corso della negoziazione assistita, in ragione della possibilità di un confronto diretto tra le parti senza la incombente figura del Giudice, si è rivelata particolarmente propizia al raggiungimento di una intesa che, in sede di trattative tra le legali e, tantopiù, in sede giudiziaria, verosimilmente non sarebbe stata realizzata.
Anzi, proprio nello spirito che si accennava, non è raro riscontrare nella prassi il ricorso alla negoziazione anche al di fuori delle ipotesi in cui ciò sia imposto dalla Legge in funzione della materia (e valore) del contendere.
Sotto il profilo giuridico, la negoziazione assistita garantisce un ulteriore importantissimo vantaggio, anche in considerazione di una recente giurisprudenza volta a penalizzare indirettamente la “consueta” trattativa privata.
In questo senso, la Corte di Cassazione (sentenza 24/09/2015, n. 18879) ha affermato che “Ai fini dell’interruzione della prescrizione, il comportamento del debitore che conduca le trattative finalizzate a comporre bonariamente una vertenza col creditore, senza contestare espressamente la sua responsabilità in relazione a una fattispecie che derivi da una presunzione di legge, può ritenersi significativo dell’avvenuto riconoscimento, anche solo parziale, del diritto altrui, occorrendo a tal fine procedere a un’indagine accurata e completa sui comportamenti delle parti, anche per quanto concerne le ragioni per le quali le trattative sono state interrotte, onde evitare di dar corso a interpretazioni che ratifichino l’eventuale mala fede di una nei confronti dell’altra“.
Sul punto, a prescindere da ogni considerazione sul fatto che la corrispondenza scambiata tra legali è riservata e non può essere prodotta in giudizio (anche se, purtroppo, sempre più spesso si è costretti ad assistere a palmari violazioni di tale norma deontologica), il ricorso allo strumento della negoziazione assistita consente di evitare ogni possibile rischio, in quanto questa particolare procedura prevede espressamente la segretezza di ogni aspetto relativo al suo svolgimento che non consista nella mera partecipazione delle parti allo stesso e, quindi, nell’ipotesi in cui, all’esito di tale trattativa, non sia possibile pervenire ad un accordo, i negoziati condotti fino a tale momento risultano privi di ogni efficacia e non possono in nessun caso comportare alcun riconoscimento circa le reciproche pretese.
Ebbene, le conclusioni di questo articolo pervengono naturalmente: la negoziazione assistita, anziché sminuire il ruolo dell’avvocato, può, al contrario, esaltarlo, sempre che il legale sia consapevole delle opportunità che la normativa offre e che sia disposto a mettersi in gioco per sfruttarle.