Categorie: Diritto Civile ed Internazionale | Diritto Penale

La normativa sugli scarichi di acque reflue industriali tra responsabilità penale ed illecito amministrativo
Data: 27 Apr 2012
Autore: Serena Pagliosa

Recentemente, lo studio Conte & Giacomini è stato contattato da un cliente primario, una società multinazionale proprietaria di uno stabilimento industriale sito in Italia, in relazione ad una contestazione formale ricevuta dall’Autorità amministrativa, con riferimento alla gestione dello scarico di acque reflue industriali derivanti dal ciclo produttivo di detto stabilimento, e precisamente al superamento di alcuni valori di emissione sanciti dalla autorizzazione allo scarico. Lo stabilimento, infatti, è stato autorizzato dall’ente che gestisce il depuratore, in cui confluisce la rete fognaria, a conferire in detta rete acque reflue industriali compatibili con i limiti di accettabilità previsti dalla Tabella 3 dell’Allegato 5 al D.Lgs. n. 152/2006.
A seguito di alcuni scostamenti dei valori di emissione dello scarico, derivantidal temporaneamente non corretto funzionamento di alcuni impianti di condizionamento delle acque effluenti dallo stabilimento stesso, l’ente che gestisce il depuratore ha contestato alla società il superamento di alcuni valori massimi di emissione, sanciti dalla autorizzazione allo scarico, in relazione alle acque scaricate in quel determinato pericolo.
A fronte della comprensibile preoccupazione da parte dei dirigenti della società di poter incorrere in una responsabilità penale in relazione a tale temporaneo
superamento dei limiti di emissione, è stato richiesto allo studio Conte & Giacomini un parere sulla possibile rilevanza penale di tali fatti contestati alla
società.

A tale specifico proposito, è necessario premettere che l’art. 137 del D.Lgs. n. 152/2006, che prevede le sanzioni penali in materia di scarichi, contempla
fattispecie penali che non appaiono corrispondenti a quella in cui è incorsa la società richiedente il parere. Si tratta, infatti, di condotte relative all’apertura o effettuazione di nuovi scarichi senza autorizzazione (e tale non è lo scarico in questione, essendo autorizzato ed attivo da anni), ovvero, aventi ad oggetto acque contenenti le sostanze pericolose censite nelle Tabelle 3/A e 5 dell’Allegato 5 al D.Lgs. n. 152/2006 (lo scarico effettuato dalla società non riguarda tali sostanze).Nel merito, va anche chiarito che l’art. 137 comma 5 del D.Lgs. n. 152/2006 è stato modificato dalla Legge n. 36/2010,
mediante la quale è stato previsto che il superamento dei valori di emissione fissati nella Tabella 3 costituisca reato, solo quando lo scarico riguardi acque contenenti le sostanze pericolose indicate nella Tabella 5.

Sul punto, si è anche espressa la Cassazione, secondo cui: “In tema di scarico di acque reflue industriali, successivamente alla modifica dell’art. 137, comma 5, del D.Lgs. n. 152 del 2006 ad opera della legge n. 36 del 2010, il superamento dei
limiti tabellari integra reato solo ove riguardante le sostanze indicate nella tabella 5 dell’allegato 5 alla parte terza del D.Lgs. n. 152 del 2006, diversamente integrandosi un mero illecito amministrativo (in applicazione del principio la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna intervenuta con riguardo alle sostanze di azoto ammoniacale, BOD5, COD, grassi e oli animali e vegetali, non comprese nella citata tabella)” , Cass. Pen. Sez. III, 19/4/2011, n. 19753.
Nel caso di specie, pertanto, non trattandosi di scarico avente ad oggetto le sostanze pericolose di cui alla Tabella 5 dell’Allegato 5 al D.Lgs. n. 152/2006, è stato possibile comunicare al Cliente che il rilevato superamento dei valori di emissione non costituisce reato, comportando altresì l’applicazione della sanzione amministrativa prevista dall’art. 133 del D.Lgs. n. 152/2006, che commina per il superamento dei valori di emissione la pena pecuniaria da €. 3.000,00 ad €. 30.000,00.

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