Categorie: Diritto Penale

La Prescrizione ed il processo penale. In nessun caso può essere infinita
Data: 19 Dic 2018
Autore: Giuseppe Giacomini

The brand new Italian law on time-barred offence/crime will make the trials infinite and will not solve the problem of their excessive duration.

Il 13 dicembre il Senato ha approvato con modifiche il testo  del Disegno di Legge in materia di contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione  nonché in materia di prescrizione e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici. Il testo  è quindi tornato alla Camera in terza lettura che lo ha velocemente approvato il 18 dicembre.  Un maggior approfondimento sarebbe stato opportuno, specie sul delicatissimo profilo della prescrizione penale. Speriamo in un futuro riequilibrio dei fondamentali valori in gioco.

Sul tema , come noto, era da tempo in corso un acceso dibattito sull’opportunità o meno di un nuovo intervento  legislativo volto a scongiurare la elevata  quantità di reati, anche gravi, che si estinguono per intervenuta prescrizione con conseguente impunità penale degli accusati non raggiunti da condanna definitiva.

Una tale modifica volta ad eliminare, sostanzialmente, questo istituto dal nostro ordinamento troverebbe conforto, secondo i suoi sostenitori, anche nel diritto dell’Unione Europea e, in particolare, nella giurisprudenza della Corte UE.

Con questa riforma che modifica radicalmente l’art.159 del Codice Penale, si prevede  che “il termine di prescrizione rimane altresì sospeso dalla pronunzia della sentenza di primo grado o del decreto di condanna fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o dell’irrevocabilità del decreto di condanna”.

In parole semplici ciò significa che dopo la sentenza di primo grado, anche pienamente assolutoria, la prescrizione è sospesa fino alla sentenza definitiva e che, quindi, a partire dalla sentenza di primo grado il processo può durare all’infinito anche per un accusato che con tale sentenza di primo grado sia stato riconosciuto innocente in presenza di una impugnazione della Procura della Repubblica rimasta soccombente che mantenga in vita il processo ed il rischio di una riforma in pejus.

Va precisato che, ove approvata in via definitiva, la norma non avrebbe effetto retroattivo ma sarebbe efficace solo per i reati commessi dopo la sua entrata in vigore per la quale è previsto un periodo di “moratoria” di un anno dalla pubblicazione della Legge onde permettere un intervento più articolato sul processo penale come previsto dalla Legge delega al Governo, delega che scadrà a dicembre 2019.

Ciò detto , prima di formarsi una qualsiasi opinione, è bene ricordare le seguenti semplicissime cose:

  • La Corte di giustizia Europea con una sua ormai notissima sentenza dell’8 settembre 2015 ( caso Taricco)aveva censurato la eccessiva brevità della prescrizione italiana con riferimento a reati in materia di IVA che, essendo un’imposta europea, danneggiano gli interessi dell’Unione
  • Da tale sentenza europea, vincolante per i giudici nazionali, erano sorti moltissimi rilevanti problemi. Primo tra tutti il fatto che la prescrizione in Italia è norma di diritto sostanziale (e non processuale) e che, pertanto, una sua modifica peggiorativa non potrebbe avere applicazione retroattiva. Per la maggior parte dei paesi UE il problema non si pone poiché in tali paesi essa ha natura processuale e si applica quindi immediatamente a tutti i casi pendenti anche per fatti commessi prima della sua eventuale modifica peggiorativa.
  • In questa premessa la nostra Corte Costituzionale operava un nuovo rinvio interpretativo alla Corte di Giustizia che con sentenza del 5 dicembre 2017 ( caso Taricco bis) riconosceva la piena legittimità dell’ordinamento penale italiano e la natura della prescrizione come diritto sostanziale protetto dal principio di legalità dei reati e delle pene.
  • La nostra Cassazione si pronunciava in coerenza con sentenza 20 marzo 2018 (n.17401-18)

A parte questi aspetti legati al diritto UE è poi essenziale ricordare che con la c.d. riforma Orlando (L. 23 giugno 2017 n.103), per i reati commessi a partire dalla entrata in vigore (4 luglio 2017) era stata già introdotta una nuova disciplina dei casi di sospensione del decorso della prescrizione, garantendo così tempi molto più lunghi per poter utilmente giungere ad una sentenza definitiva di condanna.

Entrare nel dettaglio è molto noioso e non è questa la sede, basti solo ricordare che, ad esempio, il decorso della prescrizione resta sospeso anche per il tempo necessario al giudice per scrivere e depositare le motivazioni di una sentenza di condanna di primo e secondo grado.

Diciamo quindi chiaramente che già in vigenza della riforma Orlando il raggiungimento dell’impunità grazie alla prescrizione era praticamente impossibile (fortunatamente) anche per il più cavilloso degli avvocati al servizio del cliente più ricco.

Diciamo quindi che, essendo già tutelato il principio dell’effettività del processo e della sanzione, resta da considerare quello relativo alla ragionevole durata del processo.

Si consideri anche che, secondo i dati ministeriali, il 58% delle estinzioni per prescrizione avviene nella fase preliminare del giudizio affidata al PM, un’ulteriore 4% matura davanti al GIP o al GUP in sede di udienza preliminare, solo il 19% matura in primo grado, il 18% in appello e l’1% in Cassazione.

L’effetto della riforma odierna è dunque destinato ad incidere in modo davvero marginale sul maturare della prescrizione che, al contrario, diventa infinita anche per un accusato dichiarato innocente da una sentenza di primo grado e che potrà rimanere “sotto scacco” per il resto della sua vita.

Non è davvero il caso, per attuare una riforma inutile e di dubbia costituzionalità, invocare a sproposito ( come spesso accade) l’Unione Europea che, al contrario, ancora recentemente, con la Direttiva  UE 32017/1371 su quelli che definisco “reati federali” di competenza della nuova Procura Europea ( Direttiva che dovrà essere attuata nell’ordinamento nazionale entro il 6 luglio 2019 ), dispone che gli Stati membri  possano prevedere una prescrizione per i gravi reati di cui la Direttiva si occupa da ritenersi adeguata in 5 anni e che essa possa essere anche più breve ove il termine di prescrizione  venga “ interrotto o sospeso in caso di determinati atti”.

La ragionevole durata  del processo, la presunzione di innocenza, il principio di proporzionalità e l’effettività  della sanzione, ferma la sua funzione rieducativa oltre che punitiva, non sono in contrasto tra loro ma devono essere tutti bilanciati da soluzioni ragionevoli.

Mi si permetta di dire che la via scelta non appare né utile, né ragionevole. Meglio ripensarci con spirito sereno.

Giuseppe M. Giacomini

 

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