Categorie: Diritto Penale

La riforma del reato di omesso versamento delle ritenute ex art 10 bis DLvo n. 74/2000!
Data: 23 Dic 2015
Autore: Serena Pagliosa

The DLvo n 158/2015 brings great innovation to the sanctions regarding criminal offense in the field of taxation.
With particular reference to article 10 bis of the Legislative Decree n. 74/2000, the new article 13 anticipates an exclusion of culpability whenever the tax debt is extinguished before the opening of the first degree hearing.

L’atteso D.Lvo n. 158/2015 è arrivato!
Si ricorda che con L. n. 23/2014 il legislatore ha conferito delega al Governo “recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita” e, in particolare, lo ha delegato a procedere alla revisione del sistema sanzionatorio penale tributario.
L’attività del governo si è concretizzata, per quanto qui di interesse, nella predisposizione del D.Lvo n. 158/2015 “Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell’art. 8, comma 1 Legge 11 marzo 2014 n 23”.
Il D.Lvo sopra menzionato contiene importantissime novità in materia di diritto penale tributario e i suoi obiettivi principali sono i seguenti:
1. articolare meglio i rapporti tra sistema sanzionatorio penale e sistema sanzionatorio amministrativo;
2. ridurre l’area di intervento della sanzione penale ai soli casi di particolare disvalore giuridico, etico e sociale caratterizzati da “comportamenti artificiosi, fraudolenti e simulatori, oggettivamente e soggettivamente inesistenti” (si veda la relazione illustrativa).
Rilevanti modifiche hanno riguardato, per quanto qui di specifico interesse, proprio l’art 10 bis del DLvo n. 74/2000, oltre che l’art 13 del medesimo decreto (che prevede la causa di non punibilità consistente nel pagamento del debito tributario).
Sono numerosi i casi dei quali lo studio si sta occupando che sono toccati direttamente dalle novità sopra dette. Vediamo sinteticamente di che novità si tratta.
Per quanto concerne l’art. 10 bis, il nuovo testo è il seguente:
“Omesso versamento di ritenute dovute o certificate.
E’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta”.
Una delle più importanti novità riguarda innanzitutto l’innalzamento della soglia di punibilità che da € 50.000,00 è passata ad € 150.000,00.
E’ evidente che, stante la modifica sopra ricordata, numerosi procedimenti penali, a prescindere dalle eventuali ragioni di merito, non avranno più ragione d’essere.
Va però anche detto che il legislatore pare avere ampliato l’applicazione della disposizione in esame in quanto, prima della riforma, sotto il profilo probatorio, era indispensabile per il Pubblico Ministero dimostrare che le ritenute non solo fossero state indicate in dichiarazione (e operate) ma anche certificate. Oggi, detto ultimo requisito, attraverso la formulazione “dovute o certificate”, non parrebbe più essere richiesto.
Per quanto concerne invece l’art. 13, è oggi previsto che non è punibile il reato di cui all’art 10 bis (oltre che quelli di cui agli artt. 10 ter e 10 quater, co. 1) se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, è stato estinto il debito tributario (sanzioni amministrative ed interessi compresi) mediante l’integrale pagamento degli importi dovuti anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento e/o del ravvedimento operoso.
Si tratta di una grande novità del nuovo sistema sanzionatorio che non era prevista dal Dlvo n. 74/2000 nella versione precedente al D.Lvo n. 158/2015 (il vecchio art. 13 contemplava, infatti, per casi analoghi una semplice circostanza attenuante ed altri benefici sotto il profilo sanzionatorio ma non una causa di non punibilità).
Altro importante cambiamento riguarda il caso in cui il contribuente abbia rateizzato il pagamento del debito tributario.
In fattispecie analoghe, la giurisprudenza che in questi anni è stata chiamata a pronunciarsi in ordine alle misure cautelari reali (che nei procedimenti penali che riguardano i reati tributari costituiscono uno dei veri fardelli per il contribuente), è sempre stata abbastanza rigida, non dando rilievo alla rateizzazione neppure se accompagnata da una fideiussione.
Oggi, invece, qualora il debito tributario venga rateizzato e anche se non verrà estinto prima dell’apertura del dibattimento, resterà una possibilità per il contribuente, ovvero quella di avere un termine di tre mesi, eventualmente prorogabile una volta per altri tre mesi, al fine di estinguere il debito con il Fisco ed ottenere l’applicazione da parte del giudice della causa di non punibilità di cui all’art 13 in questione. In tal caso la prescrizione del reato resterà sospesa.
Le disposizioni sopra descritte segnano un momento di svolta per il sistema sanzionatorio penale tributario in generale e, in particolare, per l’art. 10 bis che ha una sua specifica e tormentata storia nell’ordinamento penale italiano.
Va infatti ricordato che detto reato è stato introdotto nel nostro sistema giudico dalla legge finanziaria del 2005 dopo che, in passato, era stato epurato dal sistema sanzionatorio penale previsto dall’abrogata L n. 516/1982 in quanto profondamente diverso dalle fattispecie in essa previste caratterizzate dalla volontà di evasione.
Si era allora tentato di configurare i casi di omesso versamento come appropriazioni indebite ma la Corte di Cassazione aveva sostenuto che mancava l’elemento costitutivo dell’”altruità”, non essendo le somme da versare mai uscite dal patrimonio del sostituto d’imposta.
Ecco allora che era intervenuto il legislatore del 2005 che aveva reintrodotto la punibilità sotto il profilo penale del mero inadempimento di una obbligazione tributaria che, in nessun altro caso, assumeva rilevanza penale. Si pensi ad esempio che non era punita né l’omessa dichiarazione della dichiarazione annuale, né il mancato rilascio delle certificazioni dell’avvenuto versamento (condotte invece punite sotto la vigenza della legge dell’82).
Oggi il legislatore ha nuovamente messo mano all’art 10 bis e, pur non tornando alla vecchia visione in base alla quale la violazione in esame era da considerare un mero illecito tributario, ha concesso al contribuente qualche possibilità in più, in particolare sotto il profilo della possibilità dell’estinzione del reato attraverso il pagamento del debito tributario.
Come si legge nella relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo in questione, si è voluto concedere al contribuente la possibilità di eliminare la rilevanza penale della di lui condotta attraverso la soddisfazione dell’erario laddove lo stesso ha indicato correttamente il proprio debito. L’inadempienza, infatti, in questi casi è successiva e non è accompagnata da quelle condotte truffaldine e/o artificiose che il legislatore vuole invece punire duramente con il ricorso alla sanzione penale.
In realtà, forse, l’obiettivo poteva essere più ambizioso!

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