Categorie: Diritto Civile ed Internazionale | Discriminazione di genere

LAVORO: DISCRIMINAZIONE DI GENERE E GENDER PAY GAP (ANCORA) NEL 2023
Data: 14 Giu 2023
Autore: Erica Roncallo

È stato il lavoro, nel secolo scorso, il primo mezzo di emancipazione delle donne e, ciononostante, è proprio il lavoro a determinare ancora oggi discriminazioni e disuguaglianze che impediscono proprio alle donne la libera scelta di coniugare lavoro e famiglia, così come la possibilità di raggiungere l’indipendenza economica e la realizzazione personale.

Ci troviamo nel 2023 e, nonostante i tempi siano nettamente cambiati rispetto al passato, ci troviamo ancora oggi a chiederci: ma esiste davvero una discriminazione di genere in ambito lavorativo, e nello specifico nell’occupazione, nell’accesso al lavoro, nelle mansioni e avanzamento di carriera, nelle condizioni retributive?

In caso di risposta affermativa, quali sono le ragioni a monte? Come sradicarla dalla nostra società? Ma soprattutto, gli interventi normativi e regolatori, nazionali ed euro-unitari, possono, da soli, eliminare il gap sulla parità di genere o è necessario tenere in considerazione ulteriori elementi?

Alla luce non solo di dati statistici, ma anche delle esperienze più concrete che ci circondano, si può affermare che, purtroppo, esiste ancora la discriminazione di genere, alla quale consegue inevitabilmente anche una rilevante differenza salariale tra uomo e donna (anche detto Gender Pay Gap o, in forma abbreviata, GPG) causata da diversi fattori.

Nel nostro ordinamento non vi è un rapporto direttamente proporzionale tra discriminazione di genere e divario retributivo, verificando al contrario un “effetto paradosso”.

Invero, nel 2021/2022 l’Italia si è posizionata tra i Paesi con il GPG minore d’Europa (un 5% a fronte di una media del 10%), ma per paradosso, contrariamente agli altri Stati membri, risulta avere un tasso medio di occupazione femminile di gran lunga inferiore a quello europeo (rispetto al 70% degli altri Paesi UE, l’Italia si posiziona a circa 20 punti percentuali in meno).

Tale situazione, già di per sé critica, è stata per di più aggravata dalla pandemia: invero, il numero di donne che hanno smesso di lavorare a causa del Covid-19 è stato più del doppio degli uomini e sono sempre uomini il 70% dei nuovi occupati nel 2021/2022.

Il divario retributivo è una costante in tutte le economie mondiali, anche le più aperte al mondo femminile, sia nel settore pubblico (sebbene inferiore in forza dell’esistenza dei CCNL e di tutte le tutele garantite) che privato e della libera professione, in quanto è una conseguenza delle disuguaglianze che le donne devono affrontare quotidianamente nell’attività lavorativa.

Le ragioni che si rinvengono a monte sono diverse, interconnesse tra di loro e di carattere sia sociale-giuridico, che pratico-concreto. A titolo esemplificativo, senza alcuna pretesa di esaustività, tra tali ragioni si può annoverare:

(i) la classificazione professionale che il fascismo fece per legge confinando le donne in ruoli definiti e precisi, legati all’ambito privato e domestico, oltre che riproduttivo. Tali leggi hanno strutturato la società dell’epoca e purtroppo hanno continuato a influenzare le generazioni successive, sebbene la nostra Carta Costituzionale le abbia espunte dall’ordinamento;

(ii) le barriere che impediscono alle donne di accedere ai ruoli apicali.

Infatti, tendenzialmente le lavoratrici trovano non solo impedimenti nell’avanzamento di carriera, ma anche uno sbarramento all’ingresso in fase di selezione per le offerte di lavoro. Si tratta del noto problema del c.d. tetto di cristallo (anche detto glass ceiling): trattasi di una metafora che descrive il concetto per cui i vertici delle maggiori organizzazioni statali e private raramente sono femminili e questo ovviamente incide sull’avanzamento delle politiche relative alle pari opportunità.

Queste barriere sussistono non solo a causa del classico stereotipo di genere (i.e. uomo=forte e dominante; donna=gentile, apprensiva e, quindi, meno idonea ad accedere ai vertici), ma soprattutto perché le donne lavoratrici sono ancora costrette – e il Covid lo ha dimostrato – a scegliere tra lavoro e famiglia, risultando invero difficile trovare un giusto equilibrio tra i due elementi, soprattutto a causa dell’inadeguatezza degli strumenti di welfare predisposti dallo Stato.

Questi i problemi. Ma quali le soluzioni?

Nella lotta contro le discriminazioni e le disuguaglianze di genere giocano un ruolo fondamentale le politiche relative alle pari opportunità. In tale contesto, sebbene vi siano ancora molte lacune da colmare, è innegabile che nel corso degli anni, e anzi soprattutto negli ultimi anni, siano stati fatti moltissimi passi avanti dal punto di vista normativo e regolatorio.

Nell’ambito della normativa antidiscriminatoria basata sul genere, l’Italia ha mosso i suoi primi passi proprio con la Costituzione.

Noti a tutti sono gli artt. 3 e 21 Cost. che, nella più ampia accezione, sanciscono i principi, rispettivamente, di uguaglianza e di non discriminazione, applicabili ovviamente anche nei rapporti di lavoro e che vietano, quindi, ai datori di lavoro di operare discriminazioni (dirette o indirette) nello svolgimento delle attività lavorative, così come è altrettanto noto l’art. 37 Cost. che ha reso possibile l’adozione di una legislazione volta ad affermare la piena uguaglianza formale tra lavoratori e lavoratrici.

Tuttavia, la vera spinta verso una più effettiva parità di genere in ambito lavorativo e retributivo è stata fornita dall’Unione Europea: l’uguaglianza tra donne e uomini ha, infatti, da sempre rappresentato uno dei principi fondamentali sanciti dal diritto unionale, trovando tutela negli innumerevoli Trattati e Direttive che si sono susseguiti nel tempo.

Ed invero, l’Italia – grazie agli imput dell’Unione Europea – ha dato dapprima attuazione alla Direttiva 2006/54/CE tramite il c.d. Codice delle pari opportunità tra uomo e donna (d.lgs. 198/2006), assicurando così l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, vietando ogni tipo di discriminazione, diretta o indiretta, in ambito di accesso al lavoro, condizioni retributive, livelli occupazionali, mansioni e avanzamento di carriera.

Il medesimo principio di parità di genere è stato perseguito dall’Italia anche nell’ambito dell’attività autonoma con il d.lgs. 5/2010, attuativo della Direttiva 2010/41/CE, nonché in innumerevoli altri settori.

Basti pensare al nuovo Codice degli appalti (d.lgs. 36/2023) che prevede premialità in favore delle imprese che adottano e certificano politiche tese al raggiungimento della parità di genere o al  Family Act varato nel 2022 che ha creato un quadro organico di supporto alle famiglie con figli, stabilendo ex multis l’assegno unico e universale per ogni figlio a carico fino al compimento dei 21 anni (al ricorrere di determinate condizioni), il sostegno per le spese educative e scolastiche e per le attività sportive e culturali, l’aumento a 10 giorni del congedo di paternità obbligatorio e l’estensione del divieto di licenziamento anche a favore del padre in caso di fruizione di tale congedo.

Oppure, ancora, si pensi alla svolta impressa dalla legge n. 162/2021, che ha modificato il summenzionato Codice delle pari opportunità, introducendo strumenti importanti mirati a contrastare preventivamente il divario retributivo di genere e a favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

Tale legge prevede oggi importanti novità che colpiscono diversi settori:

  • l’ampliamento delle ipotesi di discriminazione di genere, includendovi anche “l’organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro” che sempre più spesso finiscono per confliggere con le vite delle lavoratrici;
  • una maggiore trasparenza per le imprese, sia pubbliche che private, che abbiano più di 50 dipendenti, alla luce dell’obbligo di redigere un rapporto sulle retribuzioni personali, puntando anche sulla brand reputation;
  • l’introduzione di un sistema premiale, quale è la c.d. certificazione della parità di genere, riconosciuta alle aziende che si muovono nella direzione di maggiore parità tra i generi e che comporta rilevanti sgravi contributivi, nonché punteggi premiali nell’assegnazione di fondi e nella partecipazione a gare e avvisi banditi dalle amministrazioni.

Dal punto di vista di una maggiore trasparenza retributiva, pare che l’Italia sia stata pioniera rispetto all’Unione Europea, posto che soltanto recentemente, il 30 marzo 2023, è stata approvata dal Parlamento Europeo, su proposta della Commissione, la risoluzione P9_TA(2023)0091, volta a rafforzare il principio di parità di retribuzione tra uomini e donne, già oggetto della citata Direttiva 2006/54/CE, e a garantire maggiore trasparenza tramite, inter alia, l’abolizione del segreto salariale.

È innegabile che i recenti interventi normativi – sebbene ancora lontani dall’obiettivo da raggiungere – stanno andando nella direzione giusta. Rappresentano, infatti, un passaggio significativo verso il contrasto alla disuguaglianza di genere e alla disuguaglianza salariale e, quindi, verso l’effettiva attuazione dei principi unionali e costituzionali.

È, tuttavia, altrettanto chiaro che tali interventi, così come i fondi stanziati dal PNRR impiegati per l’imprenditorialità femminile e per il potenziamento degli asili nido e delle scuole dell’infanzia, non possono ex se bastare per risolvere il problema.

Ad esempio, la concezione del “premio” monetario suggerisce che serve ancora tempo per arrivare al momento in cui l’uguaglianza di genere verrà considerata un vantaggio e non più un costo per le imprese, un mero costo che deve essere in qualche modo compensato.

La soluzione potrebbe rinvenirsi piuttosto in un più significativo bilanciamento tra i descritti interventi normativi, ancora da migliorare soprattutto nell’impatto con la concretezza della quotidianità, e un’azione sociale/culturale che vada ad agire nel profondo della società affinché nasca una cultura diversa, capace di colmare il gap uomo-donna in ogni ambito della vita e, quindi, anche lavorativo.

 

 

 

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