Categorie: Diritto Penale | Diritto Unione Europea e Antitrust

Le nuove sfide del diritto penale europeo e transnazionale
Data: 17 Apr 2014
Autore: Giuseppe Giacomini

A Seminar was held in Genoa on March 14.th 2014 relating to the latest EU draft Regulation on the European Public Prosecutor frame work and on the draft Directive which regulates the crimes affecting the financial interests of the EU.
One implication of this is that criminal lawyers ought to increasingly open their mainds to a supranational approach.

Il nostro Studio ha recentemente collaborato all’organizzazione di un Seminario di studio sulla proposta di Regolamento del Consiglio UE che istituisce la Procura Europea e la proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio UE sugli illeciti penali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione.
La giornata, patrocinata dalla Scuola Superiore della Magistratura (Dott.ssa Rossella Atzeni), dall’Ordine degli Avvocati di Genova e dalla Camera Penale della Liguria, è stata scandita dalle relazioni dell’Avv. Enrico Traversa (Direttore del Servizio Giuridico della Commissione UE), del Dott. Andrea Venegoni ( Magistrato in servizio presso l’OLAF), del Dott. Antonio Mura (Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione) e del Dott. Vito Monetti (Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Genova).
I temi sviluppati dai relatori hanno toccato punti fondamentali del nuovo assetto che il Regolamento e la Direttiva determineranno in seno all’UE sul piano della giustizia penale: dall’inserimento del Procuratore Europeo nel sistema costituzionale dell’UE, allo sviluppo futuro di un vero e proprio diritto penale UE, dall’integrazione del Procuratore Europeo negli ordinamenti nazionali, ai meccanismi di controllo e garanzia di questa nuova Istituzione.
Nell’aprire e coordinare il dibattito, ho ritenuto, per mia parte, di porre l’accento su un punto strategico che, nello specifico, attiene la Direttiva che delinea i reati contro gli interessi finanziari dell’Unione sui quali la competenza del Procuratore Europeo si esercita.
Il tema potrebbe avere ricadute delicatissime in un settore altamente sensibile per i cittadini quale è quello della giustizia penale.
Al momento, infatti, lo strumento legislativo UE prescelto per individuare e definire tali illeciti, è quello della Direttiva che, come noto, deve essere attuata attraverso il recepimento nelle legislazioni nazionali che ciascuno Stato membro aderente al sistema è tenuto a darvi entro il termine indicato nella Direttiva medesima.
Ebbene, non è irrealistico prevedere che il recepimento da parte dei singoli Stati possano dar luogo a differenze attuative tali da determinare seri problemi di interpretazione ed i conseguenti effetti.
Il Procuratore Europeo si troverà infatti ad operare nel territorio di singoli Stati e, pur vincolato dalla Direttiva, non potrà non tenere conto delle legislazioni nazionali che la attuano e nel cui spazio di giurisdizione debba agire anche in funzione dell’eventuale giudizio che potrà aver luogo a seguito della azione penale da lui promossa. Giudizio che si celebrerà davanti al giudice nazionale che risulterà essere competente il quale,a sua volta, potrà trovarsi a dover risolvere delicate questioni di interpretazione con eventuale opportunità/obbligo di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE.
Su questo delicatissimo passaggio, mi permetto suggerire l’opportunità di un ripensamento sull’ipotesi che lo strumento legislativo del Regolamento sarebbe certamente più appropriato non solo per garantire l’immediata operatività della normativa su tutto il territorio UE, ma soprattutto per assicurarne l’uniformità.
Osservo che l’adozione dello strumento della Direttiva non mi pare imposto da ragioni di diritto ma piuttosto da motivazioni “politiche” (la persistente resistenza degli Stati a trasferire proprie prerogative, specie in materie che toccano i loro poteri tradizionali e sovrani) che, in questo caso, mi paiono davvero mal riposte. Ed infatti,o il meccanismo funziona ed è effettivo, o potremmo rimpiangere di averlo avviato.
Venendo al punto, è bene chiarire che i Trattati non impediscono affatto, in questa specifica ipotesi, di utilizzare lo strumento del Regolamento. Se infatti è certamente vero che l’art. 83 TFUE prevede che,in generale, la materia della cooperazione giudiziaria in materia penale sia normata “mediante direttive”, è anche vero che il successivo art. 86 specifica che per combattere i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione si procederà con Regolamento al fine di istituire la Procura Europea nel mentre l’art. 325 dispone che la lotta contro le frodi in danno della UE sarà attuata “mediante misure” appropriate,efficaci e dissuasive. Nulla impedisce dunque che in questo specifico ambito di illeciti penali, gli Stati decidano di avvalersi a livello UE del più forte strumento legislativo disponibile: il Regolamento .
Ciò detto, sempre restando nell’ambito del diritto penale transnazionale, colgo l’occasione per ricordare l’esigenza di un approccio costantemente innovativo ed “aperto al mondo” cui, spesso, gli Avvocati penalisti appaiono sfuggire, sia sul piano della formazione, sia sul piano dei modelli organizzativi.
In questa ottica ASLA ha costituito un “gruppo di lavoro” sul diritto penale dell’economia ,con particolare focus sui profili UE e transnazionali, coinvolgendo Colleghi esperti che svolgono il loro lavoro in seno a Studi associati, idonei a misurarsi con le nuove necessità/opportunità che anche il diritto penale impone di affrontare/cogliere.
Sul punto, a puro titolo esemplificativo, voglio solo ricordare qui due recenti sentenze capaci di rivoluzionare l’approccio meramente nazionale a temi di rilevantissima portata pratica.
La Corte EDU, con la sentenza resa il 29/10/13 nel caso Varvara c. Italia, ha messo in discussione,fra l’altro, il sistema della prescrizione e la limitatezza dell’art.129,2° comma, Cpp, nella parte in cui, ove la prescrizione sia intervenuta, prevede l’assoluzione nel merito soltanto nel caso in cui “dagli atti risulta evidente” l’innocenza dell’accusato, senza richiedere una previa valutazione di merito a seguito di regolare istruttoria dibattimentale.
Sempre la Corte EDU, con la sentenza resa il 4/3/14 nel caso Grande Stevens e altri c. Italia, ha sancito il principio che il “ne bis in idem” si applica anche all’ipotesi in cui per il medesimo fatto si proceda in una sede amministrativa (Consob). Poco importa, secondo la Corte EDU che l’ordinamento nazionale definisca il procedimento e le sanzioni come di natura amministrativa ( si veda fra le altre la sentenza Menarini).
Ciò che conta è la rilevanza e afflittività sostanziale del procedimento medesimo e della sanzione che lo conclude.
In tale caso un contestuale o successivo procedimento penale sarebbe inammissibile ponendosi in contrasto, appunto, col “ne bis in idem”.
Tanto basta per rendersi conto che i penalisti Italiani non possono certo chiudersi all’apertura transfrontaliera pena una emarginazione che li escluderebbe dai più stimolanti percorsi professionali.

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