Categorie: Diritto Tributario

Leasing nautico: l’Italia cede a Bruxelles e aumenta l’IVA. Possibili soluzioni
Data: 09 Ott 2020
Autore: Avv. Nicolò Raggi

Abstract: From 1 November 2020 Italy will raise VAT due on yacht leasing services as consequence of the UE Commission’s decision to refer our country to the European Court of Justice.  While waiting for our politicians to push EU institutions to save Italy from other UE States’ tax competition, a little amendment to the Italian VAT law might fix the problem

Al Salone nautico, lo scorso 5 ottobre, si è svolto un acceso dibatitto sul tema dei rincari IVA per gli yacht presi in leasing e che, salvo ulteriori proroghe, entreranno a regime per tutti i contratti stipulati dal 1° novembre (cfr. Risol. 30 settembre 2020, n. 62/E).

I rappresentanti delle istituzioni intervenuti (l’europarlamentare T. Beghin e il deputato M. Misiti, membro della commissione bilancio della camera), incalzati dal direttivo dell’Associazione dei rappresentanti di società di leasing (Assilea),  hanno anzitutto ricordato che l’aumento dell’IVA è la conseguenza di una procedura d’infrazione europea (per violazione dell’art. 59-bis della Direttiva IVA) al cui esito l’Italia ha dovuto, giocoforza, adeguarsi.

Gli onorevoli Beghin e Misiti hanno, poi, assunto l’impegno: (i) a sollecitare la Commissione UE affinché prenda coscienza della concorrenza in atto fra gli Stati membri in tema di IVA sul leasing nautico e vi ponga rimedio; (ii) a rendere la normativa italiana “chiara e competitiva”.

Sotto il primo profilo riterrei necessario richiamare l’attenzione della Commissione UE sul fatto che l’art. 59-bis, concepito come strumento che ciascuno Stato membro ha facoltà di adottare per “prevenire casi di distorsione della concorrenza”, abbia generato un’agguerrita competizione fiscale in seno all’Unione.

Ciò, in primo luogo, è potuto accadere perché la norma in questione si occupa “solo” di ridurre il vantaggio degli operatori non europei nell’erogazione di alcune tipologie di servizi. Con essa, per quanto importa, Bruxelles permette agli operatori UE: a) di non subire la concorrenza extracomunitaria, tassando il leasing “non UE” nello Stato membro dove lo yacht viene utilizzato; a) di competere con gli operatori “non UE” detassando il leasing quando lo yacht è usato fuori dell’Unione.

Ma non solo. E’ successo che alcuni Stati membri abbiano fatto un uso improprio dell’opzione (prevista dall’art. 59-bis) per alleggerire l’IVA sui servizi di (noleggio e) leasing nautico offerti sul proprio territorio. Ha iniziato la Francia seguita, qualche anno dopo, dall’Italia. Il nostro Paese, ad esempio, dal 2001 ha permesso alle società di (charter e di) leasing di quantificare l’utilizzo extra UE degli yacht in ragione della loro lunghezza. In pratica, nel sistema nostrano (che cesserà dal 1° novembre) più lungo è lo scafo (e quindi idoneo a raggiungere mete non UE) meno IVA si paga. Si è, insomma, innescata una vera e propria gara fra gli Stati europei a chi offre più sconti IVA sul leasing nautico.

Ora che l’Italia si è impegnata a verificare in concreto (e non in base alla lunghezza dello scafo) il luogo di utilizzo dello yacht, la clientela, come ha sottolineato Assilea, si muoverà verso gli Stati membri dove l’IVA risulta (attualmente) più conveniente (Grecia, Croazia, Francia etc.).

Se, quindi, come si dice, il difetto sta nel manico, la normativa IVA europea andrebbe modificata. Basterebbe, ad esempio, che il criterio (ora facoltativo) del luogo di effettivo utilizzo dello yacht divenisse l’unica regola. In tal modo, oltre a risolversi in radice ogni forma di concorrenza fra Stati dell’Unione, resterebbe assicurato anche l’argine a quella extracomunitaria.

Certo, come sottolineato da Assilea, tornerà a riproporsi il tema dell’individuazione del luogo di utilizzo delle imbarcazioni in leasing (problema sinora risolto dalle percentuali forfettarie “in disarmo”). Ma a ciò si potrebbe ovviare restringendo l’ambito di applicazione della nuova regola agli yacht sopra i 24 metri. E ciò perché tali yacht, di cui l‘Europa è il maggiore produttore mondiale, sono (presumibilmente) equipaggiati con il sistema (anticollisione) automatico di tracciamento (“ais”) e, quindi, in grado di fornire dati (oggettivi) alla società di leasing per il computo dell’IVA dovuta e l’individuazione dello Stato a cui versarla.

Venendo, infine, all’impegno dell’on.le Misiti di rendere la normativa italiana sul leasing nautico più chiara e competitiva, basterebbe, per il momento, separare la disciplina di leasing e noleggio.

La nostra normativa guadagnerebbe in coerenza perché la durata che, secondo la direttiva IVA, caratterizza il noleggio (di yacht) breve (fino a 90 giorni) e lungo (oltre i 90 giorni) non si attaglia al leasing. E infatti, in base ai principi contabili internazionali (approvati dalla Commissione UE), il leasing breve ha un orizzonte temporale molto più ampio (fino a 12 mesi). Del resto, quando la Corte di giustizia ha equiparato il leasing (di auto) al noleggio, ancora la direttiva IVA non recava una disciplina diversa (come, invece, ora) per noleggio breve e lungo (art. 56).

Ma non solo. Se si concentra (come un tempo) la disciplina del leasing nautico in un’unica disposizione del decreto IVA (senza più distinguere fra breve e lungo), le nostre società potrebbero (ricorrendone i presupposti) restare competitive perché, pur concedendo in leasing yacht utilizzati in Italia, non incapperebbero nella nostra IVA. E ciò con beneficio (anche) per l’indotto generato dal leasing “made in Italy”.

Avanti tutta!

Nicolò Raggi

(n.raggi@contegiacomini.net)

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