Secondo l’Avvocato Generale della Corte di Giustizia europea “gli Stati membri non possono ostacolare la libertà di soggiorno di un cittadino dell’Unione rifiutando di concedere al suo coniuge dello stesso sesso, cittadino di uno Stato non UE, un diritto di soggiorno permanente sul loro territorio”.
La controversia nazionale è sorta allorquando il Sig. Coman, cittadino rumeno, e il Sig. Hamilton, cittadino statunitense, a seguito del loro matrimonio celebratosi a Bruxelles, decisero di trasferirsi in Romania.
Infatti, quando i coniugi hanno avviato le pratiche amministrative necessarie presso l’Autorità rumena affinché il Sig. Hamilton, cittadino di un paese extra Ue, potesse ottenere il rilascio dei documenti per lavorare e soggiornare permanentemente insieme al coniuge in tale Stato, le Autorità locali rumene hanno respinto la richiesta di soggiorno, negando la qualifica di coniuge al signor Hamilton, poiché in Romania i matrimoni omosessuali non sono riconosciuti.
In particolare, la domanda dei Signori si fondava sulla Direttiva 2004/38 secondo la quale, per assicurare a ciascun cittadino dell’UE la libertà di circolazione e il diritto di soggiorno in qualsiasi Stato membro, è indispensabile che un analogo diritto venga riconosciuto anche al coniuge, qualunque sia la sua cittadinanza.
Pertanto, i coniugi hanno deciso di adire la Corte Costituzionale rumena, la quale a sua volta ha interpellato la Corte di Giustizia europea.
A tale proposito, l’Avvocato Generale della Corte di Giustizia UE, nelle sue conclusioni (causa C-673/16), ha ritenuto che la controversia non riguardi il tema della legalizzazione dei matrimoni omosessuali, poiché la legislazione in materia di stato civile rientra nelle competenze degli Stati membri, bensì la libera circolazione dei cittadini all’interno dell’UE.
Dato che la Direttiva non prevede alcun rinvio al diritto degli Stati membri per la determinazione della qualità di “coniuge”, ad essa deve essere data un’accezione uniforme, autonoma e che rispecchi la realtà sociale odierna.
Inoltre, il termine coniuge è neutro dal punto di vista del genere e indifferente rispetto al luogo in cui il matrimonio è stato contratto.
Per tali motivi, l’Avvocato Generale ha sostenuto che tale parola debba essere interpretata a prescindere dal sesso della persona sposata con un cittadino dell’UE.
Di conseguenza, la nozione di coniuge si può e si deve applicare anche a un cittadino di uno Stato terzo sposato con un cittadino dell’Unione europea dello stesso sesso e il rifiuto opposto alla domanda di soggiorno non può fondarsi sull’orientamento sessuale della persona interessata.
Non resta quindi che attendere la pronuncia della Corte di Giustizia…