Categorie: Diritto Tributario

L’utilizzo “personale” di un “commercial” yacht fa saltare l’esenzione IVA goduta al momento della sua importazione?
Data: 27 Set 2019
Autore: Avv. Nicolò Raggi

Flavio Briatore benefited from illicit VAT exemption when “his” mega yacht Force Blue sailed the Italian seas? The criminal Court of appeal of Genoa has been asked, by the Supreme Court of Cassation, to review the guilty verdict issued, on February 2018. The well known entrepreneur and his team have reasonable chances of winning.

Da quando, il 13 maggio 2005, il panfilo Force Blue ha solcato le acque italiane, per Flavio Briatore sono iniziati i guai.

Nel giudizio penale celebrato all’esito dell’operazione “no boat no crime” (conclusa con il sequestro dello yacht), l’accusa si è sviluppata su seguenti piani: 1) Briatore ha simulato un’attività commerciale quando, in realtà l’unico suo scopo era quello di non pagare l’IVA all’importazione e le accise sul rifornimento di carburante; 2) il nantante, peraltro iscritto nel registro navale (delle Isole Cayman) come “private”, non svolgeva, in ogni caso, attività commerciale in modo esclusivo (venendo, quindi, meno i presupposti dei benefici IVA e accise goduti).

A questo punto va detto che il famoso yacht, non era stato acquistato da Briatore, ma da una società di charter (la “Autumn Sailing”) con sede nelle Isole Vergini Britanniche. Entità, quest’ultima, posseduta, a propria volta, da un trust (“FB”), costituito a Londra.

Il primo round si conclude con la conferma, da parte della Cassazione, del sequestro penale del Force Blue, disposta dal Tribunale di Genova (Cass. pen. 15 febbraio 2012, n. 14863 – caso Briatore I).

Nel giudizio sul merito degli addebiti (caso Briatore II) le cose non vanno meglio. In primo grado i magistrati genovesi (come già quelli del procedimento di sequestro), si convincono che Briatore era il vero proprietario del natante e che, quindi, nella sostanza l’attività di noleggio da parte della charter company fosse fittizia (di qui la condanna per il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti). Il Tribunale, inoltre, premesso che l’abbuono dell’IVA dovuta al momento dell’ingresso dello yacht in acque italiane comporta la dimostrazione del suo successivo impiego in attività commerciali in modo esclusivo, ritenne questa prova non raggiunta (perché il nantante era stato noleggiato a clienti terzi  221 volte, contro i 245 noli di Briatore). Infine, sempre secondo i giudici di primo grado, l’imprenditore: a) pagava meno degli altri clienti (usufruendo di contratti in bianco); b) spesso neppure pagava; c) pianificava la disponibilità del natante in base alle proprie personali esigenze; d) aveva fatto eseguire costosi abbellimenti di tasca propria; e) (per sottrarsi alle incombenze IVA) aveva ripetutamente messo mano alla classe dell’imbarcazione, passando da “commercial” a “pleasure” e viceversa.

Nel febbraio 2018 la Corte di appello di Genova, pur riconoscendo come genuina l’attività da parte della Autumn Sailing, conferma, nella sostanza, la condanna inflitta dal Tribunale (viene concesso solo un minimo sconto di pena).

A novembre del 2018, il vento gira finalmente a favore dell’imprenditore. Gli articolati ricorsi messi in campo dai legali di Briatore e degli altri imputati (gli amministratori della charter company e il comandante dello yacht), inducono, infatti, la Cassazione, a smontare uno per uno gli argomenti pro condanna accolti dalla Corte di appello (cfr. Cass. pen. 28 novembre 2018, n. 53319).

I giudici di legittimità si concentrano, in particolare, sul requisito cui la normativa subordina il diritto a importare un’imbarcazione extracomunitaria senza pagare l’IVA. La tesi dell’accusa, sino a quel momento vincente, è la seguente: l’impiego dell’imbarcazione in attività commerciale deve risultare in modo “esclusivo”. Al riguardo Cassazione non solo dimostra l’inconferenza degli appigli normativi utilizzati dalla sentenza di appello, ma ne oppone di segno contrario. La Corte, poi, a conferma della bontà delle conclusioni raggiunte, evidenzia come la stessa A.f., pur se con circolare successiva ai fatti di causa (cfr. Circ. 29 settembre 2011, n. 43/E), abbia ammesso che non è richiesto l’impiego esclusivo dello yacht in attività commerciale. Secondo il Fisco italiano, infatti, il contribuente può, in alternativa, dimostrare di aver: a) affidato la ricerca di clienti a un broker indipendente; b) pubblicizzato adeguatamente l’attività; c) aver concluso contratti di noleggio con clienti terzi.

I Supremi giudici, infine, riportano che, sempre la circolare n. 43, indica nel dettaglio come effettuare il calcolo di prevalenza, raffrontando i corrispettivi versati e i giorni di utilizzo dello yacht, rispettivamente, da parte di Briatore e dei clienti terzi (dai documenti di causa è merso che, nei circa 6 anni di attività, l’imprenditore ha noleggiato il Force Blue 245 volte per un totale di 8 milioni di euro, e che il nantante era stato noleggiato ad altri clienti 221 volte).

Tirando le somme è, su tali basi, verosimile che la Corte di appello di Genova, chiamata dalla Cassazione riscrivere il verdetto emesso a febbraio dell’anno scorso, prosciolga gli imputati dai reati ascritti.

Ciò (per quanto d’interesse) in quanto: a) il test di commercialità indicato dai Giudici di legittimità (recte dall’A.F.) corrisponde a quello già messo a punto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia (proprio a partire da un caso in cui l’utilizzo promiscuo del mezzo di trasporto aveva dato adito a dubbi sul concreto svolgimento dell’attività economica); b) è ragionevole ritenere (già sulla semplice scorta dei fatti di causa citati in sentenza) che Autumn Sailing non avrà difficoltà a superare l’esame.

In bocca al lupo!

 

 

Nicolò Raggi

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