Categorie: Diritto Civile ed Internazionale

Misure di contenimento del Covid-19 e gli effetti sui contratti in corso
Data: 08 Apr 2020
Autore: Tomaso Romanengo

L’emergenza sanitaria in corso ha indotto, dapprima, il governo cinese, successivamente, il governo italiano e, da ultimo, quasi tutti gli altri governi a livello globale a varare una serie di misure restrittive della libertà personale, imponendo altresì pesanti vincoli all’esercizio dell’attività commerciale e dell’industria.

Nel nostro paese, in particolare, la maggioranza delle attività commerciali ed industriali, ad eccezione di un ristretto numero individuato specificamente nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 marzo 2020, come modificato con decreto del 25 marzo 2020, è stata sospesa sino al 3 aprile 2020. Tale misura è stata da ultimo estesa anche sino al 13 aprile 2020.

Se da un lato, i provvedimenti di fermo delle attività produttive imposti dal Governo appaiono necessari al fine del contenimento del contagio, dall’altro, gli stessi hanno un concreto impatto a livello economico.

Vi è, infatti, già oggi e vi sarà ancor di più nel prossimo futuro una sensibile contrazione dell’economia reale del nostro paese.

Risulta, quindi, pressoché inevitabile una pesante ricaduta sui contratti a prestazioni corrispettive in corso di esecuzione e, in particolar modo, su quelli ad esecuzione periodica o continuata quali, a titolo esemplificativo, i contratti di locazione ovvero quelli di fornitura.

In tale contesto, il presente capitolo si propone di evidenziare alcune possibili soluzioni che le parti la cui prestazione risulta in qualche modo influenzata dal COVID-19 potrebbero invocare al fine di limitare la propria responsabilità.

Ciò sia con riferimento all’ordinamento nazionale e, quindi, ai contratti che abbiamo quale legge applicabile quella italiana, sia con riferimento ai contratti internazionali ove non sia prevista la legge italiana quale legge regolatrice del contratto.

II. La Forza Maggiore

Il primo strumento che è possibile individuare è quello della forza maggiore.

Ai sensi di tale istituto, di matrice internazionale consuetudinaria, laddove una prestazione sia divenuta impossibile, in assoluto o temporaneamente, la parte obbligata a rendere detta prestazione è sollevata, totalmente o momentaneamente, dall’eseguirla.

Il nostro ordinamento non prevede una definizione codicistica specifica di forza maggiore ma il medesimo concetto è disciplinato dagli artt. 1256 c.c. (rubricato “Impossibilità definitiva e impossibilità temporanea”) e nell’art. 1463 c.c. (rubricato “Impossibilità totale”).

Secondo l’art. 1256 c.c. “L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile. Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento. Tuttavia l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla”, mentre, ai sensi dell’art. 1463 c.c. “Nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito”.

Difformemente dal diritto italiano, in ambito internazionale, la maggior parte dei sistemi giuridici stranieri e lo stesso diritto internazionale prevedono una specifica definizione di forza maggiore.

In particolare, a livello internazionale la definizione di forza maggiore è contemplata, sia dalla Convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale di merci (art. 79), sia nei principi relativi ai contratti commerciali internazionali elaborati dall’Istituto Internazionale per l’Unificazione del Diritto Privato (UNIDROIT) Unidroit e, in particolare, nell’art. 7.1.7.

Ai sensi dell’art. 79 della Convenzione di Vienna (“CIG”) è testualmente previsto che:
“Una parte non è responsabile dell’inadempienza di uno qualsiasi dei suoi obblighi se prova che tale inadempienza è dovuta ad un impedimento indipendente dalla sua volontà e che non ci si poteva ragionevolmente attendere che essa lo prendesse in considerazione al momento della conclusione del contratto, che lo prevedesse o lo superasse, o che ne prevedesse o ne superasse le conseguenze. Se l’inadempienza di una delle parti è dovuta all’inadempienza di un terzo che ha incaricato di eseguire tutto o parte del contratto, tale parte è esonerata dalla sua responsabilità solo se:
a ) la parte ne sia esonerata in virtù delle disposizioni del paragrafo precedente; e
b) la terza parte ne sarebbe anch’essa esonerata qualora le disposizioni di tale paragrafo le venissero applicate.
L’esonero previsto dal presente articolo produce effetto per tutta la durata dell’impedimento.
La parte che non dà esecuzione al contratto, deve avvisare l’altra parte dell’impedimento e delle sue conseguenze sulla sua capacità di esecuzione. Se l’avviso non giunge a destinazione in un termine ragionevole a partire dal momento in cui la parte che non ha dato esecuzione era a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza dell’impedimento, quest’ultima è tenuta a dare danni-interessi a causa della mancata ricezione.
Le disposizioni del presente articolo non vietano ad una parte di esercitare tutti i suoi diritti, oltre quelli di ottenere danni-interessi in virtù della presente convenzione”.

L’art. 7.1.7 dei principi UIDROIT prevede, invece, che:
“Non-performance by a party is excused if that party proves that the non-performance was due to an impediment beyond its control and that it could not reasonably be expected to have taken the impediment into account at the time of the conclusion of the contract or to have avoided or overcome it or its consequences.
When the impediment is only temporary, the excuse shall have effect for such period as is reasonable having regard to the effect of the impediment on the performance of the contract.
The party who fails to perform must give notice to the other party of the impediment and its effect on its ability to perform. If the notice is not received by the other party within a reasonable time after the party who fails to perform knew or ought to have known of the impediment, it is liable for damages resulting from such non-receipt.

Nothing in this article prevents a party from exercising a right to terminate the contract or to withhold performance or request interest on money due”.

(Traduzione libera:
“L’inadempimento di una parte è scusato se quest’ultima dimostra che l’inadempimento era dovuto a un impedimento al di fuori del suo controllo e che non avrebbe ragionevolmente potuto prevedere al momento della conclusione del contratto o evitare o superare il medesimo o le sue conseguenze.
Quando l’impedimento è solo temporaneo, l’esimente ha effetto per il periodo che, ragionevole, è l’effetto dell’impedimento sull’esecuzione del contratto.
La parte inadempiente deve comunicare all’altra parte l’impedimento e i suoi effetti sulla sua capacità di adempiere. Se la comunicazione non viene ricevuta dall’altra parte entro un termine ragionevole dopo che la parte inadempiente era al corrente o avrebbe dovuto conoscere l’impedimento, è responsabile per i danni derivanti da tale mancata ricezione.
Nulla in questo articolo impedisce a una parte di esercitare il diritto di risolvere il contratto o di non adempiere a propria volta o di richiedere interessi sulle somme dovute”).

Dalla mera lettura di dette norme nazionali ed internazionali emerge chiaramente che:

• laddove una prestazione, nell’ambito di un contratto a prestazioni corrispettive, sia divenuta totalmente impossibile per causa non dipendente dal debitore , il debitore è liberato dall’obbligo di rendere la propria prestazione;
• ove, invece, l’impossibilità sia temporanea, non v’è una liberazione tout court del debitore, bensì una mera sospensione dall’obbligo di eseguire la prestazione, perdurante sin tanto che vige l’impossibilità ad eseguire il contratto.

I requisiti affinché possa essere invocata l’impossibilità sopravvenuta sono quindi:

• l’esistenza di un rapporto a prestazioni corrispettive;
• la totale estraneità dell’evento alla sfera di contratto del debitore;
• la non prevedibilità dell’evento al momento dell’assunzione dell’obbligazione;
• la oggettiva impossibilità per il debitore di adempiere alla propria obbligazione.

Per quanto riguarda il primo requisito, l’ambito di applicazione di detto istituto è limitato ai contratto a prestazioni corrispettive, ossia a quei rapporti in cui sussistano prestazioni in capo a ciascuna delle parti (es. compravendita, appalto, locazione etc…).

Per quanto riguarda la totale estraneità, è necessario che l’impossibilità nell’esecuzione della prestazione non sia la conseguenza, neppure parziale, del comportamento del debitore.

Per quanto attiene alla non prevedibilità, invece, è necessario che le parti non abbiano né avrebbero potuto ragionevolmente prevedere il verificarsi dell’evento (ancorché si tratti di una prevedibilità remota).

Per quanto, infine, riguarda il requisito dell’impossibilità ad adempiere, lo stesso ricorre ogni qual volta sia oggettivamente impossibile rendere la prestazione (senza mettere a rischio la propria persona ovvero altri interessi preminenti) e non solo meramente più complesso adempiere.

Ove sussistano tutti e quattro i sopra elencati requisiti sarà possibile invocare l’impossibilità sopravvenuta/forza maggiore ed evitare di adempiere senza andare incontro a potenziali risarcimenti danni o penali eventualmente previste ex contractu.

Un quinto requisito di fondamentale importanza ancorché lo stesso non sia specificato in tutte le norme sopra riportate ma solamente in quelle di matrice internazionale, è la tempestività della comunicazione di forza maggiore/impossibilità sopravvenuta. Nel caso, infatti, in cui la stessa non venga effettuata tempestivamente v’è il concreto rischio di essere tenuti a risarcire le conseguenze della mancata ricezione della comunicazione.

Il fattore tempo, pertanto, è essenziale.

È, altresì, importante che l’evento integrante la forza maggiore/impossibilità sopravvenuta non si verifichi in un momento in cui il debitore avrebbe già dovuto eseguire la propria prestazione in quanto in tale caso l’evento sarebbe successivo alla scadenza pattuita per l’esecuzione e quindi non avrebbe alcun effetto sui rapporti negoziali.

Al verificarsi di un evento potenzialmente rientrante nei sopra individuati parametri, sarà necessario, come operazione di carattere preliminare, appurare se il contratto sottostante preveda o meno una clausola di forza maggiore e se l’evento rientri tra i casi disciplinati da detta clausola.

Il mero fatto che un contratto non contenga alcuna clausola di forza maggiore non comporta di per sé l’inapplicabilità dell’istituto, bensì la mera necessità di rifarsi alle disposizioni normative ed alla giurisprudenza dell’ordinamento di riferimento al fine di verificare l’effettiva applicabilità della forza maggiore.

Analoga considerazione vale laddove la fattispecie in esame non sia ricompresa nell’elenco dei casi previsti dal contratto quali eventi di forza maggiore e non vi sia un’esclusione espressa della specifica fattispecie dai casi di forza maggiore .

Del pari, il mero fatto che un contratto preveda una clausola di forza maggiore e che tale clausola preveda l’evento di cui si discute quale uno dei casi di forza maggiore, non significa che la stessa sia invocabile legittimamente.

Sarà, infatti, sempre necessario verificare il pieno rispetto dei quattro principi sopra visti.

Laddove, vi sia una clausola di forza maggiore nel contratto, sarà necessario seguire attentamente la procedura contrattualmente prevista per invocare la forza maggiore. Nei contratti, invero, viene spesso specificato un termine decadenziale oltre il quale non è più possibile invocare la causa di forza maggiore. Il tempismo, pertanto, come già sopra detto, risulta cruciale.

Laddove, invece, non vi sia nel contratto una clausola di forza maggiore/impossibilità sopravvenuta, come visto, pur non essendo prevista una tempistica dettagliata per effettuare la relativa comunicazione, è in ogni caso necessario che la medesima sia tempestiva al fine di non incorrere in potenziali rischi.

Una volta verificatasi e comunicata la causa di forza maggiore/impossibilità sopravvenuta totale, ove effettivamente sussistente e non contestata dalla controparte, la stessa comporterà lo scioglimento del vincolo contrattuale. Secondo la dottrina e giurisprudenza italiana tale effetto solutorio opera di diritto e, quindi, senza bisogno di intervento del giudice.

In tale caso, laddove l’altra parte abbia già eseguito la propria prestazione (ad. es. la consegna di un determinato bene ovvero di una somma di denaro), avrà diritto ad ottenere la restituzione della medesima.

Ove, invece, si tratti di una forza maggiore/impossibilità sopravvenuta momentanea, non v’è alcun effetto solutorio del contratto e la prestazione è più semplicemente sospesa per l’intera durata dell’evento. Ciò, ovviamente, come abbiamo visto in relazione all’art. 1256 c.c., a meno che la durata sia tale da far ragionevolmente ritenere che il debitore non possa essere ritenuto più obbligato in considerazione della tipologia di prestazione da rendere ovvero laddove, sempre avuto riguardo alla tipologia di prestazione, il creditore non abbia più interesse ad ottenerla. In tale caso si rientrerà nuovamente nella fattispecie della forza maggiore/impossibilità totale, con applicazione della relativa disciplina.

Ripercorsa per sommi capi la disciplina della forza maggiore/impossibilità sopravvenuta, sarà quindi necessario verificare la sua concreta applicabilità al caso del COVID-19.

Come sopra evidenziato, l’emergenza sanitaria dovuta al COVID-19, ha fatto sì che la maggior parte dei governi a livello globale abbiano imposto severe restrizioni alla circolazione delle persone, delle merci e, financo all’apertura delle filiere produttive.

In alcuni casi, è lo stesso Governo ad aver specificato la sussistenza di una causa di forza maggiore/impossibilità sopravvenuta nell’esecuzione di talune categorie di contratti (es. contratti di soggiorno e contratti di acquisto di biglietti per spettacoli, musei e altri luoghi della cultura, contratti di trasporto areo, ferroviario, marittimo nelle acque interne o terrestre, stipulati da soggetti che si trovino in determinate condizioni connesse alla situazione emergenziale epidemiologica.

In tutti gli altri casi, non v’è una previsione espressa in tal senso.

In tale contesto, pertanto, il singolo operatore dovrà verificare la sussistenza dei quattro requisiti sopra visti e, cioè, l’oggettiva impossibilità, assoluta o temporanea, di fornire la prestazione nell’ambito di un contratto a prestazioni corrispettive per una causa esogena (in quanto, ad esempio, non sia possibile effettuare una consegna di un bene in un determinato paese ovvero non sia possibile produrlo ovvero goderne per causa di una serrata imposta dall’Autorità – c.d. factum principis) e che tale impossibilità non fosse prevedibile al momento della conclusione del contratto.

Ove detti requisiti siano rispettati, si verterà, come visto, in un caso di forza maggiore/impossibilità sopravvenuta.

In tale caso, quindi, al debitore sarà consentito o risolvere, sussistendone i presupposti, o, in ogni caso (è questa è la fattispecie più probabile, trattandosi di un fenomeno auspicabilmente temporale), sospendere la propria obbligazione.

Nel primo caso, la parte che ha invocato la forza maggiore sarà tenuta alla restituzione dell’utilità ricevuta dall’altra parte (es. beni o somme di denaro) in esecuzione del contratto oltre agli eventuali interessi maturati medio tempore, nel secondo caso, invece, la stessa rimarrà vincolata all’esecuzione ma quest’ultima rimarrà congelata per tutta la durata dell’evento impeditivo.

Ove, per converso, non sia oggettivamente impossibile rendere la prestazione (ad. es. a livello europeo la circolazione delle merci e delle persone per motivi di lavoro non è ancora stata vietata), non si verterà in un caso di forza maggiore/impossibilità sopravvenuta (assoluta o momentanea) e non sarà possibile invocare la causa esimente prevista da detto istituto.

Alla luce di quanto sopra esposto, è, quindi, possibile affermare che l’avvento del COVID-19 non comporta ex sé una causa di forza maggiore/impossibilità sopravvenuta ma, in una concreto numero di casi, sarà, comunque, possibile invocare detto istituto, con le relative conseguenze sopra viste.

Negli altri casi, invece, non sarà possibile invocare legittimamente tale rimedio al fine di andare esenti da/sospendere l’adempimento contrattualmente previsto.

Ciò, tuttavia, come vedremo al paragrafo che segue, non significa necessariamente che non esistano rimedi giuridici in favore delle parti che abbiano subito/stiano subendo potenziali danni a cagione del COVID-19.

II. L’eccessiva onerosità sopravvenuta

Come detto, la forza maggiore/impossibilità sopravvenuta non è l’unico rimedio posto a tutela del debitore questa volta sia nell’ambito dei contratti a prestazioni corrispettive che nell’ambito dei contratti con obbligazioni in capo ad una sola parte.

Un altro istituto previsto dal nostro ordinamento, così come negli ordinamenti internazionali è quello dell’eccessiva onerosità sopravvenuta, denominata “hardship” negli ordinamenti a matrice anglosassone.

L’eccessiva onerosità si distingue dall’impossibilità sopravvenuta in quanto è volta principalmente a riequilibrare, ove possibile, il sinallagma contrattuale, il cui equilibrio è stato alterato da una fattispecie esogena, imprevedibile che abbia reso la prestazione contrattuale eccessivamente onerosa per una delle parti.

Nell’ordinamento italiano l’istituto, per quanto riguarda i contratti a prestazioni corrispettive, è disciplinato dall’art. 1467 c.c. secondo cui “Nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’articolo 1458. La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto. La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto”.

Per quanto, invece, attiene ai contratti con prestazioni di una sola parte, l’istituto è disciplinato dall’art. 1468 c.c. secondo cui “Nell’ipotesi prevista dall’articolo precedente, se si tratta di un contratto nel quale una sola delle parti ha assunto obbligazioni, questa può chiedere una riduzione della sua prestazione ovvero una modificazione nelle modalità di esecuzione, sufficienti per ricondurla ad equità”.

A livello internazionale, poi, l’eccessiva onerosità sopravvenuta è disciplinata dagli artt. 6.2.2. e 6.2.3 dei principi UNIDROIT secondo cui:
“There is hardship where the occurrence of events fundamentally alters the equilibrium of the contract either because the cost of a party’s performance has increased or because the value of the performance a party receives has diminished, and
(a) the events occur or become known to the disadvantaged party after the conclusion of the contract;
(b) the events could not reasonably have been taken into account by the disadvantaged party at the time of the conclusion of the contract;
(c) the events are beyond the control of the disadvantaged party; and
(d) the risk of the events was not assumed by the disadvantaged party” (vds. Art. 6.2.2.),
e
“In case of hardship the disadvantaged party is entitled to request renegotiations. The request shall be made without undue delay and shall indicate the grounds on which it is based. The request for renegotiation does not in itself entitle the disadvantaged party to withhold performance. Upon failure to reach agreement within a reasonable time either party may resort to the court. If the court finds hardship it may, if reasonable,
(a) terminate the contract at a date and on terms to be fixed; or
(b) adapt the contract with a view to restoring its equilibrium” (vds. Art. 6.3.3) .

(Traduzione libera:
“V’è un’eccessiva onerosità sopravvenuta ove il verificarsi di eventi altera sostanzialmente l’equilibrio del contratto o perché il costo della prestazione di una parte è aumentato o perché il valore della prestazione che una parte riceve è diminuito, e a) gli eventi si verificano o diventano noti alla parte svantaggiata dopo la conclusione del contratto; (b) gli eventi non avrebbero potuto ragionevolmente essere presi in considerazione dalla parte svantaggiata al momento della conclusione del contratto; (c) gli eventi esulano dal controllo della parte svantaggiata; e (d) il rischio degli eventi non è stato assunto dalla parte svantaggiata “(vds. Art. 6.2.2.),
“In caso di eccessiva onerosità sopravvenuta, la parte svantaggiata ha il diritto di richiedere una rinegoziazione del contratto. La richiesta deve essere presentata senza indebito ritardo e deve indicare i motivi su cui si basa. La richiesta di rinegoziazione non autorizza di per sé la parte svantaggiata a trattenere le prestazioni. In caso di mancato accordo entro un termine ragionevole, entrambe le parti possono ricorrere al tribunale. Se il tribunale riconosce il verificarsi di una causa di eccessiva onerosità sopravvenuta,
(a) risolve il contratto ad una data e alle condizioni da stabilire; o
(b) adatta il contratto al fine di ripristinarne l’equilibrio”).

Come si può vedere, anche in questo caso, gli istituti previsti dal nostro ordinamento sono sostanzialmente simili a quelli previsti a livello di diritto internazionale, soprattutto laddove si tratti di contratti a prestazioni corrispettive.

In entrambi i casi, infatti, è possibile richiedere una revisione delle condizioni contrattuali che, ove non accordata, porterà alla risoluzione giudiziale del rapporto contrattuale (o, in ambito internazionale, anche al possibile ripristino, da parte del giudice, del sinallagma contrattuale).

Nel caso, invece, di rapporti con obbligazioni di una sola parte, non potrà essere richiesta al Tribunale la risoluzione del rapporto in caso di mancato accordo tra le parti, ma solamente la riduzione secondo equità della prestazione.

I requisiti per il verificarsi dell’istituto sono:
• l’esistenza di un contratto ad esecuzione continuata o periodica, o a esecuzione differita;
• il verificarsi di un evento non imputabile ad una parte che renda eccessivamente onerosa la prestazione assunta da detta parte;
• la straordinarietà ed imprevedibilità dell’evento.

Analogamente alla fattispecie trattata nel paragrafo precedente, anche qui è necessario che l’evento imprevedibile si verifichi anteriormente allo scadere del termine per l’esecuzione della prestazione. In caso contrario non sarà possibile invocare l’eccessiva onerosità sopravvenuta.

Una volta verificatosi un evento astrattamente integrante una fattispecie di eccessiva onerosità sopravvenuta, sarà necessario, come visto in relazione alla forza maggiore, verificare se il contratto preveda una specifica disciplina.

Anche qui, il mero fatto che il contratto non preveda una clausola di eccessiva onerosità sopravvenuta ovvero di hardship non significa che automaticamente non sia applicabile l’istituto, così come non è detto che lo stesso sia applicabile ove l’evento di cui si discute venga ricompreso tra le possibili cause di eccessiva onerosità sopravvenuta/hardship.

Sarà, comunque, sempre necessario verificare in concreto la sussistenza dei requisiti sopra elencati.

Ove, poi, il contratto preveda una specifica clausola di eccessiva onerosità sopravvenuta/hardship sarà, altresì, necessario seguire attentamente la procedura contrattuale prevista.

Anche in questo caso, il fattore tempo è fondamentale al fine di evitare potenziali conseguenze negative come l’inapplicabilità al caso concreto dell’istituto ovvero l’eventuale risarcimento dei danni causati dal ritardo all’altra parte.

Fermo quanto sopra, è quindi necessario verificare se il COVID-19 possa essere fonte di un’eccessiva onerosità sopravvenuta/hardship.

Analogamente alla fattispecie della forza maggiore/impossibilità sopravvenuta, laddove sussistano i requisiti sopra elencati sarà, anche in questo caso, possibile invocare la rinegoziazione contrattuale e, in ultima analisi, la risoluzione (nell’ambito dei rapporti a prestazioni corrispettive).

Ciò, tuttavia, non significa che la mera esistenza della pandemia consenta di invocare legittimamente tale istituto. Solo nei casi in cui sussistano e siano dimostrabili i sopra individuati requisiti, un’eventuale richiesta di rinegoziazione potrebbe trovare accoglimento.

Sarà, quindi, astrattamente possibile richiedere una revisione del sinallagma contrattuale ad esempio, nell’ambito dei rapporti locativi, laddove vi sia una concreta contrazione del fatturato dovuta ad un minor afflusso di clienti a cagione dei recenti provvedimenti restrittivi alla circolazione emessi dal Governo. Sarà, del pari, astrattamente possibile richiedere una revisione dei prezzi di vendita/acquisto di beni ove, a cagione del COVID-19, le materie prime dovessero subire una repentino quanto apprezzabile aumento dei prezzi.

Non sarà, invece, consentito invocare l’istituto in oggetto ove non si verta nell’ambito di un rapporto ad esecuzione continuata o periodica, o a esecuzione differita ovvero allorquando l’epidemia di COVID-19 non comporti un apprezzabile mutamento delle circostanze alla base del sinallagma contrattuale originariamente concordato.

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