Despite what has always been regarded as the free will of the parties to stipulate the content of a contract, a recent ruling from the Italian “Corte Costituzionale” has stated that a clause concerning a down payment that is excessively onerous and not proportioned to the value of the contract could run the risk of invalidating the contract itself. We therefore urge our Clients to exert caution when stipulating a contract containing this particular clause.
Da tempo risalente, si ritiene che, nell’ambito di un contratto preliminare di compravendita, la quantificazione dell’ammontare della caparra confirmatoria a carico del promissario acquirente rientrasse nella pacifica e libera autonomia contrattuale delle parti e, come tale, non fosse sindacabile dai terzi, ivi compreso il Giudice.
A sostegno di tale impostazione, si è sempre affermato che la autonomia contrattuale in tale precipua pattuizione trovasse la propria ragione d’essere nel fatto che, diversamente da quanto accade per fattispecie simili (ad esempio, la clausola penale, di cui all’art. 1382 c.c.), il nostro ordinamento non prevede alcuna norma in forza del quale il Giudice sia autorizzato a ridurre l’ammontare della caparra confirmatoria.
Ad incrinare tale “certezza”, si è recentemente inserita una decisione con cui la Corte Costituzionale, chiamata a valutare la legittimità costituzionale dell’art. 1385, c.c. (questione, peraltro, ritenuta inammissibile e, quindi, rigettata) ha incidentalmente affrontato l’argomento in esame e, nell’obiter dictum contenuto nella pronuncia in commento, ha ipotizzato che, nell’ipotesi in cui un contratto preliminare sia caratterizzato dal versamento di una caparra confirmatoria ritenuta (eccessivamente) onerosa, detto contratto possa porsi in contrasto con i principi di buona fede contrattuale e di solidarietà sociale di cui all’articolo 2 della Costituzione e, pertanto, possa addirittura essere ritenuto nullo, parzialmente, ovvero integralmente, ai sensi dell’art. 1418 c.c.. (Cfr. Corte Costituzionale, ordinanza n.ro 2.4.2014, n. 77, in Sito uff. Corte cost., 2014 ed in Foro It., 2014, 7-8, 1, 2035).
La portata dell’opinione del Giudice delle Leggi è evidente da un punto di vista sia teorico, considerato che la disciplina della caparra confirmatoria è stata oggetto di studi approfonditi ed ormai consolidati, sia pratico, tenuto conto del fatto che non è affatto raro imbattersi in contratti preliminari i quali prevedano il versamento di caparre confirmatorie particolarmente elevate (per non parlare dei contratti c.d. “ad effetti anticipati”, nei quali il corrispettivo è versato integralmente fin dalla sottoscrizione del contratto preliminare).
In proposito, appare utile ricordare che, ai sensi della norma di cui all’articolo 1385 c.c., la caparra confirmatoria consiste in quella somma di denaro o di altre cose fungibili che l’acquirente versa al venditore al fine di impegnare reciprocamente le parti alla conclusione del contratto definitivo; qualora la parte che ha versato la caparra risultasse inadempiente, la controparte avrebbe diritto a trattenere la somma già ricevuta; se ad essere inadempiente fosse la parte che ha ricevuto la caparra, il proprio inadempimento comporterebbe l’obbligo a restituirne il doppio al promissario l’acquirente.
La differenza rispetto alla clausola penale di cui all’art. 1382 c.c. consiste nel fatto che, mentre quest’ultima assolve ad una funzione di tipo risarcitorio (essendo una sorta di corrispettivo, predeterminato, a carico della alla parte che volesse esercitare il diritto di restare inadempiente o di recedere dal contratto), la caparra confirmatoria assolve ad una funzione di garanzia, avendo, quale fine, quello di vincolare le parti alla conclusione del contratto definitivo.
Considerando il fatto che non vi è alcuna norma che imponga la previsione della caparra confirmatoria, si è sempre ritenuto che tale previsione possa incontrare, quale unici limiti, il rispetto di norme inderogabili, dei principi di ordine pubblico e buon costume ed il fatto che la caparra, per essere lecita, non debba incidere sulla sfera giuridica di terzi.
Escludendo, per prima, tale ultima ipotesi (la caparra certamente non può avere rilevanza per i terzi, in quanto soggetti estranei alla contrattazione) e tenuto altresì conto del fatto che la caparra neppure può avere rilevanza sotto il profilo dell’ordine pubblico e del buon costume (consistendo in un mero pagamento, che non può comportare alcun rischio per la collettività), si tratta pertanto di valutare la legittimità della caparra dal punto di vista dei principi inderogabili dell’ordinamento giuridico.
Ed è proprio su questi ultimi che la Corte Costituzionale ha impostato la pronuncia in commento.
Infatti, il Giudice costituzionale ha ipotizzato che la previsione di una caparra confirmatoria particolarmente elevata, potendo comportare una sanzione a carico della parte inadempiente al contratto preliminare particolarmente gravosa (potenzialmente anche superiore al valore dell’affare), potrebbe travalicare i limiti della meritevolezza e, quindi, porsi in contrasto con il principio di buona fede contrattuale e di solidarietà sociale di cui all’articolo 2 della Costituzione.
Tuttavia, quella che appare una decisione “di buon senso” offre più interrogativi che soluzioni pacifiche.
Infatti, alla luce di tale decisione, è lecito chiedersi, in assenza di una disposizione normativa che disciplini la fattispecie (a differenza di quanto accade, per esempio, per la già citata penale di cui agli artt. 1382 e 1383 c.c.), in forza di quale parametro od altro indice, una determinata caparra possa essere ritenuta eccessiva, ovvero congrua.
Ed ancora, si osserva che, come la prassi ci insegna, le ragioni che possano suggerire alle parti contraenti di prevedere una caparra confirmatoria particolarmente elevata possono essere le più varie e, come tali, mutino soggettivamente ed oggettivamente da caso a caso (si pensi al venditore che ha necessità di incassare il corrispettivo della vendita in tempi rapidi, ovvero all’acquirente che non voglia perdere l’affare e preferisca, pertanto, vincolare fortemente il venditore, e così via).
In sostanza, molto spesso, la previsione di una caparra confirmatoria particolarmente elevata non è la conseguenza di una sperequazione tra la “forza” contrattuale delle diverse parti quanto, piuttosto, il risultato di una loro determinata e soggettiva esigenza.
Del resto, l’istituto della caparra confirmatoria non è certo l’unico nell’ambito del quale possano nascere situazioni di disparità tra i contraenti (si pensi ai rapporti bancari, nell’ambito dei quali il correntista è soggetto debole rispetto all’istituto di credito e, come tale, è spesso costretto ad accettare pattuizioni inique) e non si vede ragione per la quale il Giudice ritenga di potersi ingerire in questa fattispecie e non nelle ulteriori.
Come è facile comprendere fin dalla presente sintetica analisi, la pronuncia della Corte Costituzione non ha affatto risolto la problematica sollevata e non ha chiarito tutti i delicati aspetti sottesi all’istituto della caparra confirmatoria.
Pertanto, in attesa che anche la Corte di Cassazione prenda posizione su tale “nuovo” profilo di criticità, non possiamo fare altro che sensibilizzare i Clienti a porre particolare attenzione, in sede di contrattazione, su tale delicato aspetto, pena il rischio di stipulare un contratto che, in ipotesi di contenzioso con controparte, potrebbe essere addirittura essere ritenuto nullo.