Categorie: Diritto Unione Europea e Antitrust

“Portata” delle decisioni della Commissione UE nell’ordinamento giuridico di uno Stato membro. Quali effetti nei confronti delle società consorziate?
Data: 25 Set 2015
Autore: Serena Pagliosa

According to the article 299 TFUE “Acts of the Council, the Commission or the European Central Bank which impose a pecuniary obligation on persons other than States, shall be enforceable”. These acts shall be recognised as enforceable also in each member State.

Whe know that, according to EU law, a decision which specifies those to whom it is addressed, shall be binding only on them. Infact, precisely because of its effects, the decision has to be notified to the recipient, who has two months of time to procede against the act in front of the Court of Justice of the European Union.

The same result should be in the case that the decision has been addressed to a consortium.

Ai sensi dell’art. 299 TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea) “Gli atti del Consiglio, della Commissione o della Banca centrale europea che comportano, a carico di persone che non siano gli Stati, un obbligo pecuniario costituiscono titolo esecutivo”, e pertanto sono idonei a fondare nei singoli Stati membri un processo di esecuzione forzata, finalizzata alla riscossione coattiva del diritto identificato nel documento medesimo.

Un titolo esecutivo di matrice europea viene quindi immediatamente riconosciuto come tale nei singoli Stati membri, senza che sia necessaria alcuna dichiarazione di esecutività da parte degli organismi nazionali, fermo restando l’onere dell’interessato (l’Unione europea) di richiedere all’autorità nazionale competente – nel nostro ordinamento il Ministero degli affari esteri – di apporvi la formula esecutiva, all’esito di un esame che si limita ad una verifica sull’autenticità del titolo.

Avvalendosi, ad esempio, di un titolo costituito da una decisione adottata dalla Commissione, avente ad oggetto il recupero di una somma di denaro, con l’apposizione della formula esecutiva da parte dell’autorità nazionale competente, l’Unione europea può quindi azionare il proprio credito nei confronti del soggetto destinatario del provvedimento.

Con riferimento alla portata della decisione, che ai sensi del TFUE (art. 288) “se designa i destinatari è obbligatoria soltanto nei confronti di questi”, è evidente che tale atto di diritto derivato, se individuale, corrisponde concettualmente alla nozione di atto amministrativo o di esecuzione, che crea, modifica o estingue situazioni giuridiche in capo ai destinatari.

Ed infatti, proprio in ragione dei suoi effetti, la decisione deve essere notificata al destinatario, che ha peraltro un termine di due mesi per far valere eventuali vizi  proponendo un ricorso davanti ai giudici dell’Unione europea.

La portata e gli effetti dell’atto sono quindi strettamente individuali e rivolti al soggetto, che sia stato coinvolto nel processo di adozione.

Diversamente, infatti, si produrrebbero gravi violazioni del diritto di difesa e del diritto ad un equo processo, tutelati sia dalla  Costituzione (art. 24) sia dalla CEDU (art. 6) sia dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE (art. 47).

La questione non cambia nel caso in cui il destinatario dell’atto sia, ad esempio, un consorzio, ossia un ente previsto nel nostro ordinamento (cfr. art. 2602 c.c.), formato da imprenditori che costituiscono un’organizzazione comune per la disciplina o lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese.

Ciò vale in particolare per il caso di consorzio “esterno”, che si distingue da quello a rilevanza interna, in quanto realizza una vera e propria integrazione delle attività delle imprese consorziate, mediante la gestione in comune di una o più fasi delle medesime.

Ne consegue che ogni fase dell’attività delle imprese consorziate, qualora al suo esercizio sia destinata l’organizzazione consortile, si tra­duce in una nuova impresa, la cui gestione comporta una più o meno intensa attività con i terzi.

Tale soggetto rappresenta un centro di imputazione di rapporti giuridici, autonomo rispetto alle imprese consorziate che, ai sensi del codice civile nazionale, deve rispondere con il fondo consortile per le obbligazioni assunte in loro nome dai soggetti che ne hanno la rappresentanza.

Diverso è il caso, previsto dal secondo comma dell’art. 2615 c.c., in cui il consorzio agisca per conto di un singolo consorziato, in forza del rapporto organico esistente con quest’ultimo.  In tale ipotesi, i diritti e gli obblighi conseguenti all’operazione svolta dal consorzio con i terzi si imputano direttamente in capo all’impresa consorziata e si ha una responsabilità solidale dell’impresa consorziata, direttamente coinvolta, con il fondo consortile.

In un interessante caso posto al nostro esame, ci siamo chiesti cosa accada nell’ipotesi in cui, un consorzio a rilevanza esterna, che agisca autonomamente, attraverso deliberazioni assunte da un comitato di gestione indipendente, senza la partecipazione di rappresentanti delle consorziate, si renda destinatario di una decisione della Commissione di recupero di somme al medesimo erogate.

Nell’analisi della fattispecie, abbiamo peraltro avuto occasione di esaminare le caratteristiche ed il ruolo di una singolare figura giuridica, il “consorziato fruitore”, che non risulta disciplinata dalla normativa vigente. Tale soggetto, ai sensi dello statuto del consorzio protagonista del nostro caso, non parteciperebbe con alcuna quota alla sottoscrizione del fondo consortile, contrariamente a quanto previsto dal codice civile (2614 c.c.) e, diversamente rispetto ai gestori, non avrebbe alcun potere in merito alle decisioni del consorzio medesimo.

Da tali elementi, sembrerebbe derivare un ruolo del tutto marginale del consorziato fruitore nell’ambito dell’organizzazione consortile, circostanza che escluderebbe peraltro suoi obblighi e responsabilità nei confronti dei terzi per le delibere assunte dall’assemblea generale dei consorziati e per le operazioni compiute dal consorzio, che risulterebbero di competenza esclusiva dei gestori.

Pertanto la posizione delle imprese consorziate, ed a maggior ragione del consorziato “fruitore” come sopra descritto, rispetto ad una decisione della Commissione rivolta esclusivamente al consorzio, senza una partecipazione neppure indiretta delle prime né nella fase preventiva né in quella di adozione del provvedimento comunitario, non potrà che essere di estraneità.

L’eventuale coinvolgimento delle medesime in una fase successiva, quale quella prodromica all’esecuzione, oltre a comportare una possibile violazione del diritto comunitario e nazionale, apparirebbe lesivo dei fondamentali principi costituzionali e sovranazionali sopra citati.

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