The Italian Supreme Court, in spite of its original role to judge on questions of law, year after year had been evaluating also questions of facts. The legislator, with two reforms approved in 2006 and 2009, decided to interrupt this trend and this can be seen also in the most recent pronouncements; many recent petitions to the Court of Cassation, in fact, have been rejected due to the lawyers’ attempts to insert questions of facts in the grounds for petition. Considering the above, now, either the claimant and the opposing party in their different role, when involved in this kind of trial, must not forget this limit.
Come noto a chi si occupi di diritto, anno dopo anno, il giudizio di Cassazione, nonostante l’ordinamento lo preveda espressamente quale un giudizio di legittimità, si era “trasformato” (anche in forza di interventi poco organici del Legislatore) in un vero e proprio terzo grado di giudizio di merito.
Ciò rappresentava, peraltro, a dir la verità, un’anomalia rispetto agli altri sistemi giuridici c.d. di civil law e, financo, rispetto alla Convenzione dei Diritti Umani che, all’art. 2, prot. VII, prevede il diritto a due soli gradi di giudizio anche in sede penale.
Con le ultime riforme, tuttavia, il Legislatore ha inteso ripristinare ed affermare con forza il carattere di mera legittimità del giudizio davanti la Suprema Corte di Cassazione finalizzato a controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione data dai Giudici dei precedenti gradi di giudizio, vagliando e verificando eventuali errori di diritto nei quali essi possano essere incorsi.
In tale direzione, infatti, è stata rivolta, dapprima, la riforma del 2006 (D.lgs. 40/2006), che ha previsto, a pena di inammissibilità, l’obbligo della formulazione dei quesiti di diritto da sottoporre alla Corte e, successivamente, quella del 2009 (D.Lgs. 69/2009).
Scopo di tali riforme è stato, quindi, quello di integralmente ripristinare la funzione nomofilattica originaria della Suprema Corte, riconfermandola nel fondamentale ruolo di “guardiano delle Leggi” e non di Giudice del merito.
L’inversione di tendenza voluta dal legislatore si riscontra nelle sentenze pronunciate dalla Suprema Corte, ove si assiste, con sempre maggiore frequenza, a declaratorie di inammissibilità dei motivi di ricorso in quanto inerenti questioni di merito e non di legittimità.
Ciò, peraltro, è quanto è accaduto in un’importante controversia patrocinata dal nostro studio ove, a fronte del tentativo di controparte di sottoporre alla Cassazione questioni di merito, la Suprema Corte, rigettando il ricorso, ha dichiarato l’inammissibilità di molti dei motivi di ricorso formulati dalla parte ricorrente.
È, quindi, importante, per il ricorrente, nell’ambito di un giudizio di Cassazione, tenere a mente i limiti e le finalità del procedimento innanzi alla Suprema Corte al fine di evitare possibili declaratorie di inammissibilità, così come, nel caso in cui il ricorso sia “subito, esaminare attentamente l’atto della controparte, al fine di eccepire tempestivamente l’inammissibilità dei motivi di ricorso avversario.