Categorie: Diritto Tributario

Stop al Grande Fratello fiscale?
Data: 19 Dic 2013
Autore: Avv. Nicolò Raggi

2013 will be remembered as the year of privacy. The unpopular “redditometro” has been rejected by Italian Courts and even blocked by our Data Protection Authority (DPA). The new features of the bank data archive have been conditionally accepted by the DPA. Even the so far unquestioned compatibility between right to privacy and audit of taxpayers’ bank account (performed by Tax authorities), is still under debate.

 

Il 2013 verrà ricordato (anche in ambito fiscale) come l’anno della privacy. Sia la magistratura sia l’Autorità di controllo dei dati personali (“Garante”), infatti, sono scese in campo per arginare la crescente invasione del Fisco nella sfera privata dei contribuenti. Le “tensioni” fra l’A.f. e l’Authority sono iniziate quando il Garante ha apposto il veto all’avvio delle nuove funzionalità del database dei dati bancari (cd. “anagrafe dei rapporti finanziari”), rinviando il processo verso la totale “trasparenza” dei conti di milioni di cittadini. Nelle “stanze dei bottoni” dell’Agenzia non si è fatto tempo a brindare per il successivo via libera (con riserva) arrivato a novembre 2012 che, già nel febbraio di quest’anno, un’inaspettata doccia fredda è arrivata dal giudice ordinario. Il Tribunale di Pozzuoli, infatti, adito con ricorso d’urgenza, ha sospeso – per violazione del diritto alla riservatezza – il “trattamento” dei dati personali di un pensionato campano, impedendo, in particolare, che l’A.f. potesse utilizzarli ai fini del “nuovo” redditometro. Quest’ultimo, infatti, prevedendo siano passate al settaccio tutte le spese del contribuente, realizza un’indebita invasione nella vita dei cittadini. La “riscossa” della privacy è proseguita nelle aule dei giudici tributari che, ritenendo applicabile retroattivamente il nuovo redditometro, l’hanno al contempo censurato – nel solco tracciato dai giudici partenopei – per violazione del diritto alla riservatezza del contribuente accertato. Come se non bastasse, in giugno il Garante ha avviato un’istruttoria sul nuovo redditometro, bloccando, di fatto, le lettere destinate a 35.000 contribuenti già “selezionati” per l’accertamento relativo al 2009. L’indagine si è, in seguito, completata con la pubblicazione di un parere con cui l’Autorità di controllo – visibilmente seccata per non essere stata preventivamente coinvolta – ha interdetto l’utilizzo delle medie ISTAT e subordinato l’operatività del nuovo redditometro all’osservanza, da parte dell’Agenzia, di specifici doveri d’informativa e al rispetto, nel corso del contraddittorio con il contribuente, della sua sfera privata. Per la gioia di molti, insomma, in tempi necessari a effettuare il restyling imposto dall’Authority potrebbero “far passare in cavalleria” il redditometro per l’anno 2009 (annualità in scadenza il 31 dicembre 2014).

Il Garante resta, infine, in attesa di valutare il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate deputato a stabilire – sulla scorta delle informazioni attinte dalla rinnovata (e potenziata) anagrafe dei rapporti finanziari – le modalità di elaborazione delle liste dei contribuenti a rischio evasione. Il bilancio dell’assedio (anche mediatico) subito sul fronte privacy non è stato, per l’A.f., del tutto negativo. Il Fisco, infatti, è riuscito portare a casa due vittorie in aula: 1)la Supremacorte ha sancito che deve ritenersi legittima la prassi di raccogliere e archiviare le dichiarazioni stragiudiziali presso i debitori del soggetto iscritto a ruolo, senza l’informativa privacy; 2) il Tribunale di Napoli ha revocato la citata ordinanza di Pozzuoli sull’illegittimità del nuovo redditometro.  Questi successi, tuttavia, non sono bastati a riequilibrare una partita in cui, per ora, la privacy gode di indubbio vantaggio. L’archiviazione del caso del pensionato napoletano, in particolare, non ha impedito, al Garante di censurare  a 360° il nuovo redditometro (con argomenti, peraltro, che rievocano il pamphlet di Pozzuoli). A dare il “colpo di grazia” al Fisco potrebbe essere l’apertura di un ulteriore fronte: la (sinora indiscussa) compatibilità fra indagini finanziare e privacy. Davanti alla Commissione tributaria regionale della Lombardia è stata, infatti, sollevata un’eccezione di inutilizzabilità di estratti bancari per violazione della privacy. Lo spunto difensivo, nel caso di specie assorbito da altri rilievi, se opportunamente argomentato, potrebbe portare a un rapido (e inaspettato) allargamento del fronte del conflitto.

Dall’esame delle convenzioni internazionali (CEDU e della Carta dei diritti fondamentali UE), dal nostro Codice privacy e dal parere del Garante sul redditometro, infatti, sembrano potersi trarre utili argomenti per sostenere che, in Italia, le indagini finanziarie presentano profili di illiceità. Conclusione che, fra l’altro, trova conforto negli esiti del giudizio di legittimità costituzionale a cui, proprio sotto tali aspetti, è stata sottoposta la disciplina degli accertamenti bancari in Belgio.

Mentre, insomma, anche le ultimi roccaforti del segreto bancario vacillano (v. Svizzera), una mano tesa al contribuente potrebbe venire proprio dalla tutela di cui gode il diritto fondamentale alla riservatezza. Privacy ultima dea?

 

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