Categorie: Diritto Penale

Tra abbandono e affido: possibili risvolti penali di una gravidanza indesiderata
Data: 10 Mag 2023
Autore: Conte Giacomini Avvocati

Di recente è apparsa sui quotidiani la triste notizia del ritrovamento del corpicino esanime di una neonata in un cassonetto Caritas di abiti usati in zona Città studi a Milano.

Sul tema, il Legislatore prevede strumenti volti a fornire aiuti concreti con l’obiettivo di limitare il verificarsi di tragici episodi di questo genere.

Le culle per la vita, ad esempio, salite agli albori di cronaca con i due casi lombardi del piccolo Enea e della piccola Noemi, consistono in uno strumento di grande solidarietà sociale, il quale permette alle madri in uno stato di difficoltà, di abbandono, di solitudine, di evitare di compiere atti violenti e angosciosi.

Il sistema si compone di una culla accogliente, sita in una zona riservata dell’Ospedale, la quale, dopo l’affido del neonato, lo pone in una situazione di sicurezza in attesa dell’arrivo dei medici, avvertiti per il tramite di un pulsante dalla madre, nonché da sensori posti sulla culla stessa. È di “Ninna-ho” il primo progetto nazionale per l’installazione delle culle per la vita in ospedali dislocati su tutto il territorio italiano, con la collaborazione della fondazione Francesca Rava e KPMG Italia, con il patrocinio del Ministero della Salute e della Società Italiana di Neonatologia.

Una seconda “alternativa sicura” per la madre e per il figlio è il parto in anonimato, il quale ha trovato espresso riconoscimento solo nel 1997 con la legge n. 127, e che, ad oggi, ex art. 30 co. 2 del DPR 369/2000, prevede il diritto di partorire in assoluta riservatezza “rispettando l’eventuale volontà della madre di non essere nominata”.

Il diritto della madre a restare anonima, nonché il suo diritto all’oblio di un difficile passato, si scontra, però, con quello del figlio a conoscere le proprie origini.

Il favore, che nel bilanciamento tra questi due interessi viene apprestato alla madre, è condiviso anche dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale, in data 13 febbraio 2003[1], sancì la liceità del diniego di diffondere i dati anagrafici di quei genitori biologici che li vogliano mantenere segreti.

Il diritto all’anonimato è regressivo solo in caso di morte della madre, in quanto viene meno la ratio sottesa, ovverosia evitare che la madre, trovandosi in una condizione di totale abbandono e isolamento dalla propria famiglia e dal proprio compagno, compia gesti drammatici, quali aborti clandestini, abbandono di neonati e infanticidi.

Il sentimento di favore del legislatore nei confronti di una madre sola che compia gesti estremi, risulta chiaro anche dalla lettura del novellato art. 578 c.p., rubricato “infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale”, il quale prevede un trattamento sanzionatorio ridotto (4-12 anni di reclusione) rispetto a quello previsto per l’omicidio ex art. 575 c.p.

Tale fattispecie criminosa si configura nel caso in cui la madre, trovandosi in condizioni di isolamento ed emarginazione, commetta una tale estrema azione subito dopo aver dato alla luce il figlio.

In riferimento alle predette condizioni di “abbandono materiale e morale” richieste dalla norma, la giurisprudenza ritiene che queste siano concretizzate qualora la madre sia totalmente lasciata in balia di sé stessa: vittima, quindi, sia di carenze degli adeguati mezzi socio-economici, sia vuoti affettivi talmente gravi da indurla in un profondo stato di turbamento al limite dell’alterazione di coscienza[2].

In conclusione, proprio sulla scia delle “condizioni di abbandono” appena citate, sarebbe fondamentale sensibilizzare ulteriormente la Società ed il Legislatore, promuovendo opportune campagne di informazione ed intervenendo sulla grave situazione di isolamento, abbandono e violenza morale sofferta da alcune donne durante la gravidanza.

Dott.ssa Camilla Rognoni

 

[1]Cfr. Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, 13 febbraio 2003, Odièvre c. France, “In materia di accesso ai documenti amministrativi, non viola l’art. 8 della Convenzione il diniego di comunicazione delle informazioni riguardanti le generalità dei genitori naturali, qualora questi ultimi non abbiano manifestato il consenso alla divulgazione”.

 

[2] Cfr. ex multis Cass. Pen. 2906/2000.

 

 

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