Quasi tutti i principali Partiti politici italiani affermano finalmente di aver preso atto che la dimensione europea costituisce la premessa di qualunque pianificazione strategica nazionale. La prospettiva politica può essere conservatrice o progressista ma, inevitabilmente, i Paesi membri dell’UE, devono tenere conto del contesto normativo dell’Unione nel quale le scelte prendono corpo ed al di fuori del quale non hanno alcuna aspettativa di potersi realizzare. E’ un’insieme di regole legali, tecniche e valoriali che noi stessi abbiamo contribuito ad ispirare e realizzare nel tempo a partire dal Trattato istitutivo del 1957, non a caso noto come “Trattato di Roma”.
Ci avviamo verso le europee del giugno 2024 e i Partiti ne sottolineano la particolare importanza. Osservo che tutte le elezioni rappresentano momenti fondamentali della democrazia e che le prossime europee non sono più o meno importanti delle precedenti se non per il fatto che appaiono le prime consapevoli del peso dell’Europa soprattutto nella percezione dei cittadini, anche i più distratti, che lo hanno concretamente compreso a causa della pandemia e della guerra di aggressione della Russia. Il mitico “carrello della spesa” è stato raggiunto da fattori ben comprensibili e (quasi) tutti sanno ormai che la sola dimensione minima che può confrontarsi con certi problemi è quella europea.
La lista è lunga: sicurezza e difesa , politica estera, immigrazione, approvvigionamenti energetici ed alimentari, salute, riconversione ambientale e digitale, ricerca avanzata e IA, unione bancaria, armonizzazione fiscale, patto di stabilità e bilanci nazionali e altro ancora.
Nessuno di questi temi è concretamente affrontabile appellandosi alla sovranità nazionale. Solo una forte sovranità europea può misurarsi con gli interlocutori globali, statuali e privati, che la realtà ci mette di fronte come alleati, concorrenti o avversari, spesso molto determinati.
E’ dunque decisivo il nuovo scenario che il Parlamento Europeo offrirà e le conseguenze che ne deriveranno sulla composizione del Consiglio e, soprattutto, della Commissione UE. Ancor più pensando al futuro e non lontano ingresso di nuovi Paesi membri(tra cui l’Ucraina a conflitto concluso).
Già oggi, in 27, la critica condivisibile all’Europa sta nella difficoltà con la quale decisioni urgenti possono essere assunte. Il voto unanime in Consiglio su questioni urgenti e fondamentali non favorisce certo una percezione positiva nei cittadini sul fatto che l’Europa sia in grado di esprimere, tempestivamente e quando occorre anche in emergenza, una sola voce. Ovviamente questo non è il solo aspetto da rivedere nei Trattati vigenti che dovranno garantire la migliore governance possibile. In questa prospettiva il potenziamento dei poteri e del ruolo del Parlamento europeo e la valorizzazione del metodo decisionale comunitario e della “cooperazione rafforzata” è certamente in agenda.
Su questi temi i Partiti italiani devono esprimersi con chiarezza prima delle elezioni. Difficile sostenere alleanze nazionali compatibili se non si condividono le regole del gioco europeo. Vale a sinistra ed a destra. Ed anche al centro, ove riesca ad esistere politicamente.
Si legge in questi giorni del Report strategico, depositato il 18 settembre, del gruppo di lavoro Franco-Tedesco sulla riforma delle Istituzioni UE in previsione di un’Europa a 35. Si sottolinea la criticità del voto unanime e la necessità di estensione (salvo eccezioni estreme) del voto a maggioranza col contrappeso di un’Europa a più velocità che parta dal nucleo più coeso. Mi pare evidente che tale nucleo centrale dovrà comprendere comunque i Paesi fondatori e appartenenti all’area Euro. L’Italia è tra essi. Cosa pensano su questo punto i Partiti italiani?
Ma di un altro ancor più importante documento non si parla affatto. Il 22 agosto la Commissione Affari Costituzionali del Parlamento UE ha votato e pubblicato il suo Rapporto sulla revisione dei Trattati. 116 pagine densissime che dividono profondamente anche Partiti del medesimo schieramento nazionale. Da queste scelte, è bene sottolinearlo, dipende la formazione delle future maggioranze in Europa e ciò che esse decideranno su questioni di fondamentale rilevanza per tutti. Italia in testa. Tanto per capirci, non è una buona premessa l’approccio al MES ( siamo il solo Paese membro che non lo ha ancora approvato) e alla corretta applicazione della Direttiva Bolkestein, elusa da quasi 20 anni.
Ecco allora che, se sono elezioni consapevoli, sarà bene a Bruxelles e Strasburgo inviare i migliori conoscendo in anticipo le linee strategiche dei loro Partiti di riferimento. L’Europa infatti non è una entità straniera che ci dà ordini. Non vi è mai una cessione di sovranità ma un suo trasferimento alla dimensione condivisa di cui anche noi siamo parte se ne siamo capaci e ne abbiamo la volontà. Costruendo alleanze e avendo l’approccio giusto ( competenza tecnica e visione dell’interesse comune europeo col quale l’interesse nazionale deve coniugarsi).
Non stupisca se concludo ricordando la teoria del “peso determinante” che elaborò negli anni ’30 il diplomatico e Ministro Dino Grandi prendendo atto che nello scenario europeo e globale di allora, l’Italia non poteva aspirare al ruolo di grande potenza ma doveva fare leva sul fatto che, senza la sua alleanza, nessun altro avrebbe potuto aspirarvi. Molto attuale ancora oggi.
Costruire le alleanze europee, conservatrici o progressiste, senza nostalgie per il passato ed ansie elettorali immediate, è dunque il punto su cui le leadership nazionali di oggi devono misurarsi per essere ricordate nel Pantheon dei grandi statisti del secondo dopoguerra.
Immagine: <a href=”https://it.freepik.com/foto-gratuito/mani-che-sventolano-bandiere-dell-unione-europea_2979539.htm#page=2&query=italia%20europa&position=17&from_view=search&track=ais”>Immagine di rawpixel.com</a> su Freepik