Categorie: Diritto Tributario

Voluntary si o voluntary no?
Data: 25 Set 2015
Autore: Avv. Nicolò Raggi

While the deadline for the operation of volountary disclosure is nearing, the last diehards are wondering whether it is worth to regularize their assets or not.

 

 Con l’avvicinarsi della scadenza (30 settembre), sale anche la febbre da voluntary disclosure. La corsa alla regolarizzazione, comunque, procede lenta, dato che, al momento, l’adesione (che perlopiù riguarda i detentori di piccoli patrimoni) risulta ferma al 20% (v. Sole 24 Ore del 15 settembre). Si parla (non ostante la smentita governativa al question time del 10 settembre), non a caso, e con sempre maggiore insistenza, di una proroga, che estenda il termine fissato per la partecipazione (probabilmente) a fronte di maggiori esborsi. Un rinvio potrebbe anche consentire di risolvere i molti problemi di una procedura che sconta troppe incognite irrisolte e che, anche a causa dell’ansia da quesito (all’Agenzia), l’ha resa (se possibile) ancor più complessa e “scivolosa”. Difficilmente, però, la proroga potrà convincere i contribuenti che, durante il lungo “corteggiamento” fra Italia e Svizzera (per rafforzare la cooperazione a fini antievasivi), o già agli albori dell’era dei trattati cd. “Rubik” (che, espressamente, rendeva i contenuti dei “safe deposit boxes” immuni dagli effetti dell’accordo), hanno liquidato le loro posizioni. Ciò perché, come noto, le eventuali richieste dell’A.f. italiana a quella svizzera, potranno riguardare soltanto i periodi dalla firma del protocollo (avvenuta il 23 febbraio 2015) che ha integrato la convenzione internazionale per evitare le doppie imposizioni (c.d.i.) vigente fra i due Paesi. Esemplificando, quindi, se un contribuente (residente in Italia) ha liquidato un conto svizzero prima del 23 febbraio 2015, questa posizione sfuggirà al “setaccio” (attivabile attraverso la rinnovata c.d.i.) dall’Agenzia delle entrate. La situazione non muterà nemmeno a seguito della sottoscrizione (fra Italia e Svizzera) di un accordo sullo scambio automatico d’informazioni secondo il modello approvato dall’OCSE (“Common reporting standard” – “c.r.s.”).La Svizzera, infatti, ha già (ufficialmente) puntualizzato che il proprio iter legislativo (necessario affinché ciascuno degli accordi entri in vigore) non ammette un’introduzione dello scambio automatico prima del 2017/18. E se allo svuotamento del conto svizzero sia seguita l’apertura, sempre su suolo elvetico, di una cassetta di sicurezza, e questa risulti ancora attiva al 23 febbraio 2015? In tal caso l’A.f. italiana potrà sollecitare gli obblighi di collaborazione dei colleghi svizzeri ai sensi della c.d.i., ma solo, appunto, per sapere se vi siano propri contribuenti, che al 23 febbraio 2015, siano titolari di una cassetta di sicurezza. La disponibilità di una cassetta di sicurezza, inoltre, non risulta contemplata dal modello di c.r.s.

Restano, invece, esposti (in determinati casi e per scelta volontaria) alle verifiche dell’Agenzia delle entrate “sostanzialmente dal 1° gennaio2014”, i contribuenti che, nell’ambito della voluntary disclosure, rilasciano alla propria “banca” l’autorizzazione (c.d. “waiver”) a rispondere agli eventuali quesiti posti dai funzionari nostrani.

La proverbiale riservatezza, insomma, pur destinata all’estinzione, non è venuta meno di colpo, lasciando (di regola) agli ultimi irriducibili la possibilità di non aderire alla voluntary italiana senza incorrere (tendenzialmente) in troppi rischi.

Faites vos jeux

 

 

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